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Posts Tagged ‘Georgescu-Roegen’

Terra Acqua Aria Libertà

29 Gennaio 2024 Nessun commento

L’ultimo libro di Joan Martinez Alier disponibile on-line, qui una traduzione della prefazione “on the fly”. Con accostato un non-azzardato omaggio all’eroismo del POUM.

È una felicità che non viene dal pensiero, ma dalle viscere, direi, come un lampo gioioso di immortalità, una certezza improvvisa, cosmica, di appartenere all’acqua e al fuoco, agli alberi e alle nubi, alla terra e agli uccelli. In questo Mezzogiorno di febbraio del secondo anno di guerra civile spagnola, cammino sul suolo crivellato del fronte di Madrid come se una mano amorosa mi conducesse attraverso il paesaggio più bello del pianeta. Mika Etchebèhère – La mia guerra di Spagna.

Questo è un libro di ecologia politica comparata globale. Si concentra sui conflitti di distribuzione ecologica nel mondo, alle frontiere dell’estrazione delle materie prime e dello smaltimento dei rifiuti. Il libro vede questi conflitti attraverso due fondamentali lenti dell’economia ecologica, ovvero i processi valoriali e la crescita e i cambiamenti del metabolismo sociale (i flussi di energia e materiali nell’economia).

Il mio primo libro di economia ecologica è stato pubblicato nel 1987. Non si trattava di un libro di testo, ma di un testo di ricerca ora scaricabile gratis intitolato Economia ecologica: Energy, Environment, Society (Blackwell, Oxford), è stato il primo libro in assoluto con “economia ecologica” nel titolo. Si ispira a Nicholas Georgescu-Roegen, la cui affermazione di base, contenuta in The Entropy Law and the Economic Process (1971), è che l’economia industriale non è circolare ma entropica (vale a dire che la materia e l’energia si degradano in ogni trasformazione, per cui sono continuamente necessari nuovi input). La vita opera attraverso la fotosintesi attuale ed è “anti-entropica” (almeno per un po’), ma l’economia industriale si nutre di fotosintesi avvenute in un passato molto lontano (i combustibili fossili) ed è entropica. Il “gap di circolarità” o “buco di entropia” spiega la crescita dei conflitti ambientali alle frontiere dell’estrazione e dello smaltimento dei rifiuti. Questa è la lezione numero uno di un corso di economia ecologica ed ecologia politica. Il mio libro del 1987 tracciava la storia di queste idee a partire dai precursori (biologi, fisici, chimici), che fin dal XIX secolo lamentavano il divorzio tra economia e studio del metabolismo sociale. Il noto economista David Pearce (1941-2005) scrisse su The Manchester School che avevo scritto un “libro notevole… Chiunque voglia capire gli ecologisti non può fare di meglio che iniziare con questo libro. […] saranno anche deliziati e divertiti dalla galleria di autori che Martinez-Alier fa sfilare davanti a loro. Un tour de force, se mai ce n’è stato uno”. Questo è stato incoraggiante, anche se qualche anno dopo Pearce mi ha erroneamente classificato tra i partigiani di una teoria energetica del valore.

A quel tempo mi resi conto che l’economia ecologica non riguardava un’accurata valutazione economica delle esternalità e un’equa allocazione intergenerazionale delle risorse esauribili. Piuttosto, l’economia ecologica ha tre pietre miliari. In primo luogo, la capacità di descrivere l’economia nel linguaggio del metabolismo sociale, non solo dell’economia; si tratta di descrizioni non equivalenti. In secondo luogo, l’incommensurabilità dei valori, che implica che non è appropriato valutare i risultati o decidere tra alternative utilizzando l’analisi costi-benefici in termini monetari, quando le persone manifestano regolarmente valori plurali. In terzo luogo, lo studio delle istituzioni che storicamente e oggi regolano l’uso dell’ambiente, consentendo l’espressione di valori plurali da parte di diversi gruppi di persone.

Gli studiosi sanno da tempo che viviamo in un mondo materiale in cui l’economia è fondamentalmente un processo di trasformazione di energia e materiali in merci e rifiuti. Nel mio libro del 1987 ho discusso come la maggior parte degli economisti e degli scienziati sociali si siano a lungo rifiutati di considerare le relazioni tra economia, società ed energia. Per esempio, il chimico Wilhelm Ostwald nel 1909 aveva scritto che si poteva interpretare la storia economica in termini di due regolarità: l’aumento dell’uso dell’energia e dell’efficienza nell’uso dell’energia. Tutto ciò aveva senso, ma fece infuriare Max Weber. Circa 30 anni dopo, la furia di Weber fu condivisa da Friedrich Hayek, che criticò l'”ingegneria sociale” promossa da Ostwald e Patrick Friedrich Hayek, che criticò l'”ingegneria sociale” promossa da Ostwald, Patrick Geddes e Lancelot Hogben, Frederick Soddy e Lewis Mumford. Hayek li liquidò tutti duramente perché vedevano l’economia in termini socio-metabolici. I principali punti di riferimento di Hayek erano La Naturalrechnung di Otto Neurath e la pianificazione democratica (Martinez-Alier 1987). Ispirato da Neurath, Karl W. Kapp pubblicò nel 1950 The Social Costs of Business Enterprise (I costi sociali delle imprese) con la tesi seguente: “Le esternalità non sono fallimenti occasionali del mercato, ma sistematici successi di spostamento dei costi”. Kapp aveva unito “economia ecologica” ed “ecologia politica” prima ancora che questi termini venissero utilizzati.

Prometeo e il Minotauro

20 Agosto 2014 Nessun commento

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Premessa – L’economia è un’equazione energetica
Introduzione – e se il Brent…
1 – Il Labirinto e i Draghi di luce
2 – La Fisarmonica e il grillo di Fibonacci
3 – Lo scolpitore degli input sigma
4 – Altri Draghi – Il Drago d’aria (bici), di ferro (treno) e di fuoco (auto)
5 – Il jolly d’Acqua e la Scintilla

Premessa – L’economia è un’equazione energetica

Immagina,
Metti 1 litro di benzina nel serbatoio dell’auto e vai fino all’ultima goccia; avrai fatto 15/20 km. Ora devi pagare una (o più) persone per riportarla al punto di partenza, benzina vs. muscoli. L’equivalente-lavoro di 1 litro di benzina è tra 95 e 130 ore di lavoro, dato che un uomo sviluppa circa 100 Watt  un’ora di lavoro fisico umano ≈ 100 Wattora, quindi, a 15€/ora sindacali, ti costerebbe 1.400 – 1.900 € spingere l’auto al punto di partenza. Un litro di benzina (≈1,6€) “sostituisce” tra 1.400 – 1.900 € di lavoro umano.

Introduzione – e se il Brent…

E se il Brent c’entrasse con la crisi fianaziaria?* Quando si parla della speculazione finanziaria che continua a devastare l’economia reale, si fa riferimento per lo più ai «titoli tossici» che, in parte, continua­no a sopravvivere, non si fa riferimento alle deviazioni dei mercati delle commodities. Nessuno definirebbe i contratti futuri delle commodities come titoli tossici, anzi, sono considerati normalmente come simbo­lo di un mercato libero e trasparente. A mag­gior ragione questa considerazione vale per il mercato petrolifero, quello del Brent.

Vorrei partire da un dato. Ogni giorno sul mercato del Brent si effettuano transazioni (acquisti e vendite) per un ammontare di circa 500 miliardi di dollari. In particolare circa 300-500 miliardi di dollari riguardano la borsa di New York (NYMEX) e 100 — 150 miliardi il mercato del Brent ICE (Londra). Questa di­mensione relativa de due mercati spiega anche perché di Tobin tax si può magari parla­re in Europa, ma non negli Usa.

Si tratta di un mercato estremamente liquido in mano alle maggiori istituzioni finan­ziarie mondiali che, spostando masse mone­tarie gigantesche, riescono a influenzarne l’evoluzione. Nel mercato “paper” del Brent, inventato dalla City di Londra nel 1988, si fa finta di comprare e vendere barili di petrolio e si fa scaturire dalla dinamica di questi scam­bi il prezzo del Brent, riferimento per il prez­zo di tutti i tipi di petrolio prodotti nel mondo.

Non vengono scambiati barili, ma solo contratti di carta, che nominalmente fanno ri­ferimento a un volume “teorico” di petrolio (1000 barili per ogni contratto), ai quali non è associata la proprietà di alcuna merce. Il loro valore è quello che altri sono disposti a paga­re per ricomprarli. Il possesso di un contrat­to non rende infatti possibile esigere la con­segna di un volume fisico di petrolio. L’esperienza degli ultimi tre anni mostra come ogni prezzo compreso fra 35 e 150 dol­lari/barile ha piena cittadinanza nel cosiddetto mercato petrolifero. Si tratta dell’intervallo compreso fra il costo di produzione di un ba­rile e il prezzo massimo che un automobilista e disposto a pagare per non essere obbligato a camminare a piedi.

I grandi manovratori dei mercati finanziari possono muovere una massa monetaria di tri­lioni di dollari in un contesto di grande volatili­tà, attraendo investitori, premiandoli o penaliz­zandoli, ma sempre generando profitti enormi. L’evoluzione del prezzo del petrolio ci fa vedere come, operando sul mercato del Brent, sia possibile ottenere redditività supe­riori a qualunque altro tipo di investimento economico o finanziario, fino a raddoppiare i capitali in due/tre mesi.

In questo gioco delle carte (i contratti sui futures), si può vincere sia con i mercati in salita che con quelli in discesa. Per vincere ci vuole instabilità, volatilità, incertezza, paura. La stabilità è la morte della speculazione e dei mercati finanziari.

Da dove proviene la liquidità che gira sui mercati delle commodities? Un dirigente di una importante banca della City di Londra mi forniva una sintesi pittoresca della strategia delle grandi banche. Fondamentalmente, mi diceva, le banche usano la disponibilità monetaria per tre finalità:

  • Continuare a far finta di essere banche e quindi prestare soldi a chi li richiede. Attività oggi poco remunerativa e quindi limitata ai li­velli incomprimibili.
  • Finanziare i debiti sovrani. Attività alla quale non ci si può sottrarre, ma che rende, relativamente, sempre meno e di cui si vor­rebbe aumentare la profittabilità.
  • Giocare sui mercati delle commodities fi­nanziarie, dove ci si muove indisturbati e senza regole. Una giungla dove le istituzioni finanziarie sono la legge e «battono moneta». Banditi e sceriffi nello stesso tempo.

Ci troviamo di fronte a uno scenario nel quale le banche hanno creato delle «catene di Sant’Antonio», sofisticate e globalizzate, di cui hanno il quasi pieno controllo. Trovandosi in cima alla piramide di queste catene, rice­vono flussi di profitti impensabili con qualun­que altro tipo di business. Da quì derivano i bonus astronomici dei manager del trading delle banche.

Essere «obbligati» a finanziare i debiti so­vrani degli Stati appare alle banche un pessi­mo uso della liquidità: perché usare il denaro per finanziare bond che fruttano il 4-8% quando lo stesso denaro può rendere il 30-100%?

Nel mercato dei futures petroliferi questi processi sono in atto ormai da più di un decennio. I prezzi si muovono non più in funzione della dinamica della domanda e offerta di prodotti petroliferi, ma della domanda e offerta di contratti di carta, quelli delle “catene di Sant’Antonio» create dalle banche… Da quattro anni vediamo che la domanda petrolifera è in sofferenza, che l’offerta continua a essere sostenuta, ma i prezzi sono ingiustificatamente al di sopra di 110 dollari/barile. Nessuna logica di mercato. Solo speculazioni delle banche che esasperano le aspettative, attraggono gli investitori nel gioco della “Catena di Sant’Antonio» e poi passano all’incasso.

Vaccinati dal crisi petrolifere contro i rialzi del prezzo del petrolio, e convinti che i colpevoli siano i cattivi del Golfo Persico, non abbiamo prestato attenzione a questi processi e non abbiamo ancora preso consapevolezza che, da un decennio almeno, l’Opec siamo solo noi.

L’espansione del mercato delle commodi­ties e dei futures petroliferi suggerisce l’im­magine di una metastasi con cellule impazzi­te che uccidono quelle sane. Un intervento di chirurgia radicale e deciso è divenuto un fatto di sopravvivenza.

(*) Articolo del 2011 di Drilling, (Brent a 110$/barile)

1 – Il Labirinto e i Draghi di luce

[…] accanto all’immagine classica del Drago nemico e distruttore, se ne trovano altre dove il Drago viene mostrato come una forza incontrollabile, ma non necessariamente ostile. Anzi è spesso alleato dell’eroe o è esso stesso l’eroe, assurgendo perfino a simbolo di speranza.   Un cambio di significato in un archetipo di tale antichità significherebbe che qualcosa di molto profondo sta cambiando nel nostro inconscio collettivo. Jacopo Simonetta.

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Premessa e introduzione servono a introdurre il concetto cuore/motore di questo contributo: il liberatore dell’uomo, Prometeo, si contrappone al simbolo dell’economia finanziaria predatoria e basata sul debito, descritto da Varoufakis, il Minotauro? Prima prendiamo altre 2 metafore: il Drago ed il Labirinto. Il primo rappresenta la luce del web: elettroni che garantiscono accesso all’informazione e alla conoscenza, ma anche trasparenza di bilanci, norme e transazioni. La costruzione di Dedalo è il palazzo degli intrighi, luogo di prigionia, geniale opera e metafora della sofisticazione umana. E’ dove si compiono i misfatti…e come si nascondono i profitti (poi dirottati verso la City, Wall Street ed i paradisi fiscali). Ma è proprio l’information technology (IT) che ha reso possibili i mercati finanziari istantanei ed oscuri, il labirinto. Quindi? I Draghi di luce sono entrati nel Labirinto del Minotauro dell’economia digitale. E Prometeo?

Secondo l’economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen (1906-1994) vi sono state (solo) due rivoluzionarie “tecnologie prometeiche”, Prometeo I il fuoco e Prometeo II il motore a combustione che hanno fornito al genere umano, rispettivamente, energia termica e meccanica. Prometeo I ha permesso di cuocere cibi, disboscare, fondere metalli e, quindi, costruire utensili per fare altri utensili, dai pugnali ai martelli, agli aratri, fare mattoni e ceramiche (vedi A forest journey sull’enorme importanza del legno nelle civiltà e nella storia). Prometeo II – il motore a combustione (prima esterna, Newcomen e poi interna, Otto) – ha reso disponibile per l’uomo un’enorme potenza, possibile la Rivoluzione Industriale che, alimentata a carbone, petrolio e gas ha permesso di fare le macchine per fare le macchine. Prometeo ha liberato ma anche imprigionato l’uomo in un processo lineare di produzione che si distingue da quelli naturali circolari. Il Minotauro, poi, si è votato a una crescita esponenziale.

La domanda che mi pongo da anni è: esiste un legame tra il calo del rendimento energetico netto delle nostre economie e la crescita del debito di un’economia sempre più finanziarizzata e fragile? E’ concepibile che sia proprio il calo dell’energia disponibile (EROEI) a causare e spiegare il turbocapitalismo finanziario globale? Un legame tra Prometeo e il Minotauro spiegherebbe la mancata redditività degli investimenti tradizionali (industrie che producono cose) e la crescita delle promesse su carta di profitti futuri. Infatti, una complementarietà tra energia e capitale (vedi Ch. 3) può spiegare la rigidità del capitale fisico dagli anni ’70 quando l’energia ha iniziato a divenire scarsa e costosa, motivando la finanza a veicolare capitale e profitto nel Labirinto dei prodotti finanziari. Questo è stato reso possibile anche grazie ai Draghi di Luce, elettroni che corrono nelle borse elettroniche per scambiare istantaneamente contratti derivati, over the counter (OTC) e collateralized debt obligation (CDO).

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I draghi di luce, la forza della natura, sono gli elettroni liberi dell’economia digitale. Rappresentano un reale comunismo dell’informazione che sta rendendo il mondo più trasparente e felice, ma che imprigionati nel labirinto dei mercati finanziari e da un sempre più sofisticato (e costoso) sistema di controllo internazionale, volto a prevenire i fenomeni eversivi, può risultare in maggior controllo. Internet = elettroni liberi, che sono in realtà libri, film, musica e informazione: una enorme conquista!

Come spiegato da economisti quali Stiglitz e Krugman, ma anche da sociologhi quali Luciano Gallino o specialisti di energia come Charles Hall, Mario Giampietro e gli esponenti del movimento per la decrescita (Latouche, D’Alisa ecc.) il sistema economico mondiale si è fatto sfruttatore della volatilità dei mercati per convogliare i profitti/surplus entro pochi canali e verso poche sedi finanziarie, sottraendo risorse economiche e fisiche ai luoghi di produzione reale. La direzione comune di questi pensatori è il contrasto alle politiche liberiste e pro-austerity che comportano crescenti disuguaglianze, povertà, esaurimento delle risorse e danni ambientali irreversibili. Ma su cause e terapie questi pensatori divergono.

Si sente spesso dire: l’economia è soffocata…dalla mancanza di finanziamenti alle imprese e dall’erosione dei redditi, Lavoro e produzione si trovano stretti tra le maglie di una burocrazia assillante, oppressi da una pesante tassazione gravante sui redditi (L) e poco o nulla sulle rendite (K). Potrei rispondere: perché l’energia netta è in calo e le risorse economiche vengono spese per mantenere burocrati e militari. Settori che non producono né cibo, né cose. In seguito vedremo come l’input energia (E) abbia cambiato drasticamente la rappresentazione del processo economico.

2 – La Fisarmonica e il Grillo di Fibonacci

Il Minotauro nel Labirinto lavora per convogliare il surplus verso le principali piazze finanziarie. Ma essendo arbitro e giocatore nello stesso tempo può, attraverso i tassi di interesse, usare una fisarmonica del valore intertemporale del denaro. Creando ottimismo e pessimismo, pochi agenti sui mercati opachi allungano la mano (e prendono soldi) in un futuro più lontano e la ritirano per incassare a breve termine nei momenti di crollo di fiducia. Suonano la Fisarmonica (del tempo e del tasso di interesse) sulla quale salta il Grillo di Fibonacci.

In E’ l’economia che cambia il mondo, Yanis Varoufakis vede il banchiere come un “intermediario temporale” che preleva il denaro dal futuro e spiega come, con la rivoluzione industriale, si sia passati da una sequenza produzione-distribuzione-debito ad una debito-distribuzione-produzione. Il debito all’origine implica una “virtualizzazione” del processo che distingue – ora – beni e denaro; non vi è più la relazione diretta tra il signore e il contadino, l’imprenditore e l’operaio ecc. Questo debito iniziale oggi ha preso la forma di un Minotauro che crea denaro gestendo e manipolando l’orizzonte temporale dell’investimento. Questo fenomeno si può rappresentare come un suonatore di fisarmonica: le banche d’investimento internazionali, quando decidono sia venuto il tempo dell’ottimismo allungano il tempo (come una fisarmonica), prendendo più denaro dal futuro, creandolo e scambiandolo; convincono stati, fondi di investimento sovrani e fondi pensione a investire in questo e quello. La legislazione aiuta, l’Europa chiede il rispetto dei parametri. Lo spread tra tassi fa guadagnare i pensionati tedeschi e mette in strada insegnanti e infermieri greci….

fisarmonica

Al centro della fisarmonica si trova il mantice – il “polmone” – estensibile grazie alle pieghe, che permettono di gonfiarsi. Quando ho scoperto che le serie finanziarie sono spesso caratterizzabili come una successione di Fibonacci per cui, nonostante  un andamento sempre piuttosto frastagliato, un calo di 2/3 della fase crescente è indicatore di un’inversione di tendenza. Ovviamente si tratta di una semplificazione estrema: le serie sono tanto più complesse quanto più le si analizza da vicino (per gli interessati alle tecnicalità vedi Teoria delle Onde di Elliot,  1, 2, 3).

In sostanza sulla fisarmonica della grande finanza internazionale salta un Grillo di Fibonacci, che – imprevedibilmente – cambia strada e butta giù la serie su cui tutti scommettevano fino a pochi istanti prima…

3 – Lo scolpitore degli input – Sigma σ

Primary wealth is from the earth.
Secondary wealth is primary wealth converted into things.
Tertiary wealth is the money value we attach to primary and secondary
For a farmer, say, land is primary – a tractor or barn is secondary – equity in the property is tertiary.
Tim Morgan 2015

In un articolo recente L’energia del capitale ho tentato di dimostrare come energia (E) e capitale (K) siano input complementari nella produzione aggregata di vari paesi OCSE: considerando il settore manifatturiero, per rappresentare l’economia reale e il capitale fisico (non finanziario), i risultati econometrici rivelano che al diminuire dell’energia cala anche il capitale. E’ un risultato “scomodo” perché indica una rigidità e fragilità del sistema economico-produttivo alle variazioni del costo dell’energia che, negli ultimi anni, ha mostrato una fortissima volatilità (vedi Introduzione).

σ – l’elasticità di sostituzione – è un vecchissimo concetto economico degli anni 30 del XX secolo, originariamente utilizzato per misurare la sostituibilità tra due beni nella funzione di utilità del consumatore è stato trasporto alla produzione per caratterizzare il rapporto tra capitale e lavoro con funzioni di produzione del tipo Cobb-Douglas. Includendo altri input essenziali, come l’energia e le materie prime, ed utilizzando per le stime funzioni di produzione più flessibili, quali la translog,  si definisce una struttura dell’output più scolpita agli angoli: la collina della produzione sale si un crinale stretto determinato da σ. Questo ha tolto molto ottimismo a generazioni di economisti che per decenni hanno professato il mantra “se i prezzi aumentano basta sostituire il fattore che diventa raro!”

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In un’economia che dipende dall’energia a buon mercato ritroviamo Prometeo: come lui siamo incatenati al fuoco dell’inefficiente motore a scoppio, dall’inefficienza termodinamica e dall’inerzia di una ruota di gomma su asfalto rugoso; strade con buche, aria fetida e soprattutto congestione delle città e tempo perso. Un’economia che per “andare” ha bisogno di sottopagare il padroncino col suo camion non revisionato, per portare acqua minerale in bottiglia! Prodotti inutili, fabbricati lontano che subito riempiono discariche…

Per questa economia serve energia a buon mercato, uno Stato poco controllore, cementifici illegali, appalti oscuri e varianti in corso d’opera, sindacati deboli e…immigrati! Tanta schiavitù non dichiarata per far andare avanti agricoltura, merci illegali, baby-sitter e badanti, fino alla legalità di un turno da 8 ore in fabbrica a 1200€ senza congedo retribuito. Tutto tenuto insieme da tanta TV e apparati che mantengono l’ordine. In un disagio crescente. Prometeo è stanco perché l’EROEI è sceso, il Minotauro invece è scatenato…

4 – Altri draghi

Il drago può rappresentare la dimensione delle reti di comunicazione: scie, percorsi e scambi; è la luce, gli elettroni di internet o anche l’elettricità. Ma esiste anche un Drago di Ferro: la ferrovia su cui viaggiano treni, tram, funivie ecc. Alimentata con elettricità questa “opzione” si muove leggera nelle città, attraversa le campagne senza un impatto inquinante sull’ambiente e le persone. Tram e treni riconnettono i territori, le periferie dormitorio ed evitano la vittoria del Drago di Fuoco, l’automobile. Questo drago vuole il catrame per l’asfalto, ruggisce e richiede tanto fuoco dai pozzi, dalle trivelle, dalle guerre! E’ un drago potentissimo come sappiamo, nutrito dal conglomerato finanziario – il Minotauro – ma anche dalle industrie automobilistica, petrolifera, siderurgica, del cemento e del vetro.

Una buona notizia, negli ultimi tempi è riapparso un alleato del Drago di Ferro, il Drago dell’Aria, le biciclette: leggere e veloci, agili e anticapitaliste, le generazioni di urban cyclists stanno lottando per avere i loro spazi e sicurezza di movimento. La crisi ha spingo più dell’ecologia all’uso del moderno velocipede, che come una reale tecnologia progressiva ha prodotto delle innovazioni enormi, rivoluzionarie rispetto alla bici del dopoguerra. Materiali, design e componenti nuove che lo hanno reso un mezzo di trasporto diverso da quando pesanti due ruote da 40 kg potevano assicurare la mobilità in Olanda, Danimarca o in pianura Padana. Anche i continui progressi nel campo delle batterie rendono oggi possibili delle potenti bici elettriche che contribuiscono alla rivoluzione della mobilità leggera e, in potenziale, della logistica urbana: con le cargo bikes o bici a pedalata assistita rendono possibili la piccola distribuzione al commercio e fare la spesa a madri con figli. Nelle grandi città oggi è tecnicamente possibile raggiungere luoghi di lavoro distanti e/o con forti dislivelli senza essere obbligati ad usare mezzi motorizzati. L’alleanza tra bici e treni è fondamentale per svincolare la logistica e il trasporto in generale dalle fonti fossili e dall’industri automobilistica, petrolifera, dell’asfalto e del cemento.

5 – Il Jolly d’acqua e la Scintilla

Nel mondo dell’energia rinnovabile della localizzazione della vita e dell’economia delle fattorie organiche e del trasporto su ferro un ruolo cardine viene svolto da un serbatoio di acqua pura.

(continua)

Riferimenti

The Future of Oil as a Source of Energy, The Emirates Center for Strategic Studies and Research, (pag. 143)

Fai clic per accedere a VAROUFAKIS-the-global-minotaur.pdf

Energy, crisis and the economy
La pagliuzza greca e la trave del sistema monetario
http://www.lavoce.info/archives/35976/adesso-rottamiamo-la-troika/

* Secondo l’economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen (1906-1994) ci sono state (solo) due rivoluzionarie “tecnologie prometeiche”, il fuoco ed il motore a combustione, perche hanno fornito al genere umano, rispettivamente, energia termica e meccanica. Ora, Georgescu-Roegen ha avuto il grande merito di ricondurre la teoria economica alle sue basi fisiche dettate, pragmaticamente, dal consumo di energia e materia che essa comporta. Ha svelato il lato “oscuro” del processo economico, ma ha anche gettato le basi per un nuovo metodo di analisi con il modello fondi-flussi, oggi sviluppato come metodo MuSIASEM presso l’Università Autonoma di Barcellona.

Rail vs. Roads (in english)

Alcuni libri necessari

23 Maggio 2013 1 commento

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Ecco alcuni testi forti e delicati allo stesso tempo

Luciano Gallino, La scomparsa dell’italia industriale sintesi

John Perlin, A forest journey. The story of wood through civilizations sintesi mia

Nicholas Georgescu-Roegen The Entropy Law and the Economic Process, introduzione
Bioeconomia

Claude e Lydia Bourguignon, Il Suolo. Un Patrimonio da Salvare sintesi mia

Charles A. S. Hall e Kent A. Klitgaard Energy and the Wealth of Nations: Understanding the Biophysical Economy

Vaclav Smil Storia dell’energia

Spencer Wells Il seme di pandora,

David R. Montgomery Dirt the erosion of civilizations

Lucio Russo e Emanuela Santoni, Ingegni minuti. Una storia della scienza in Italia

Francesco Cavalli-Sforza, Luca Cavalli-Sforza, Chi Siamo. La storia della diversità umana

Walter Tocci, Italo Insolera Domitilla Morandi, Avanti c’è posto. Storie e progetti del trasporto pubblico a Roma sintesi mia

Grillo e la decrescita

28 Febbraio 2013 1 commento

Meeresstrand mit altem Boot

Il mio obiettivo, sin dall’inizio, era di rimpiazzare il motore a scoppio, proprio nel senso di toglierlo dalle strade. Geoffrey Ballard

Il Movimento 5 stelle, di cui Grillo è – ufficialmente – portavoce nazionale rappresenta da alcuni giorni una realtà radicale e radicalmente nuova nel panorama politico italiano. Intendo riassumere alcuni passaggi dell’evoluzione del pensiero (ed azione) del suo fondatore, di cui uno per conoscenza diretta. Sono un elettore del PD, non segue una critica ma la condivisione di elementi che ritengo utili ad una possibile riflessione sia da parte del M5s che del suo “naturale” alleato oggi, il PD.

Beppe Grillo in quanto comico-serio ha criticato da oltre 20 anni in maniera feroce e secondo me azzeccata, i vizi della politica italiana. Specialmente da quando è stato escluso dalla televisione e quindi portato a guadagnarsi il pane con spettacoli nei teatri, il suo messaggio ha acquisito una dimensione nuova: non solo “dovevano andare tutti a casa”, si doveva ripensare il modello economico in generale.

Ben ricordo il ragionamento dell’acqua in bottiglia (qui il ciclo) che viaggia su camion pieni solo all’andata e vuoti al ritorno. Una follia per un bene disponibile quasi gratuitamente che – però – pesa 1 litro al kg e il cui trasporto consuma moltissimo carburante, distrugge le strade (oltre ad intasarle) ed inquina l’acqua di falda.

NB L’acqua, secondo i dati Nielsen da scanner della GDO è il bene più venduto in Italia per fatturato!

Tuttavia, all’inizio nel messaggio di Beppe vi fu una critica radicale alla tecnologia in se, con distruzione dei computer sul palco: un luddismo a favore di artigianato ed agricoltura biologica, presumo.

Verso la metà degli anni ’90 venne alla luce un discorso più articolato su energia ed inquinamento. Si riconsiderava l’industria. Erano possibili tecnologie intelligenti e “buone” per produrre energia o auto pulite. Venivano mostrate immagini di auto elettriche a batteria ferme nei musei o dei prototipi (francesi?) da 1 litro/100km. In seguito, Beppe scoprì un agricoltore svizzero che produceva idrogeno con pannelli fotovoltaici sul tetto di casa per alimentare un furgone.

L’idrogeno: il sogno autarchico sull’energia. Il web ed il mondo interconnesso di Casaleggio stavano per arrivare.

Respirando sul palco dal tubo di scappamento del furgone Grillo intendeva dimostrare che era possibile autoprodurre un carburante rinnovabile, con energia rinnovabile. Tutto il ciclo era totalmente pulito.

Non era esattamente così.

Un dirigente della DeNora, storica fabbrica di elettrolizzatori milanese, fondata da Oronzio, (un ragazzo del 99), che in quegli anni estendeva le sue attività all’uso dell’idrogeno nelle celle a combustibile, gli spiegò che stava respirando degli ossidi di azoto (NOx) prodotti dalla unione di azoto e ossigeno nella camera di combustione del motore ad alte temperature.

Meglio dunque una fuel cell dove la stessa ossidazione dell’idrogeno avviene elettrochimicamente ed a 70°C e l’unica emissione è vapore acqueo! Gli venne così prestata una cella a combustibile per i suoi spettacoli e anche promuovere una tecnologia promettente per auto a zero emissioni. Era la fine degli anni ’90. I costi di sviluppo della tecnologia hanno ritardato, non ridimensionato, la promessa delle fuel cell, infatti, tutte le aziende automobilistiche (a parte la Fiat, che punta sul metano) ne hanno pianificato la commercializzazione.

Grillo non ha più parlato di carburanti rinnovabili ma solo di energia rinnovabile, reiterando un messaggio di decrescita dei trasporti e dell’economia in generale. Noi siamo sempre il paese più motorizzato al mondo.

La decrescita. Un tema a me caro, considerandomi un figlio intellettuale di Nicholas Georgescu-Roegen ed avendo come maestro il suo miglior discepolo Kozo Mayumi (cerca nel blog). Io condivido l’idea smeplice e terribile di Ivan Illich che oltre i 40 kmh i rapporti umani svaniscono!

Dunque Decrescita, ma di cosa? Di cose inutili trasportate ad alta velocità? Si, certo. No alla TAV? Non so… Sviluppo di piste ciclabili e tram nelle città, certo. Ed il trasporto privato? Prevedere spostamenti elettrici in città, magari in car-sharing. Non basta. Inoltre non considerare più l’idrogeno significa non considerare una reale politica di transizione dal petrolio in esaurimento. C’è una vision mi domando? Dico questo perche negli ultimi anni, oltre alla società a banda larga e alla democrazia liquida, mi sembra che Grillo non abbia più considerato strategie energetiche, politiche industriali o logistica.

Server, PC e cellulari necessitano di energia, poca ma affidabile e continua. Lavoro, industria e trasporti vogliono energia meccanica, quasi sempre fatta con combustibili. Così come moltissimo termico delle famiglie. Quali treni andranno ad energia eolica? Dici “No all’inceneritore”. Ok. Vediamo quanto ci si mette a fare il ciclo rifiuti-zero, nel frattempo si riempiono le discariche e si avvelena la falda acquifera.

E i rigassificatori? Serve l’alternativa-metano perche i biofuel sono morti! Il trattore a batteria non esiste. Nessuno aspira alla zappa ed alla vanga lasciando il trattore ad arrugginire. Infine, anche se si fanno leggi per gli orti urbani condivisi l’agricoltura organica sarà meccanizzata. Il più a lungo possibile. Con trattori per dissodare e treni e furgoni per trasportarle le calorie. Fino a quando si riuscirà…ad evitare l’Olduvai. Poi altro che consenso: “dal basso”  arriveranno gli affamati!

Si alla rete (che “ottimizza” oh, si!) e le relative tecnologie, ma che sia anche energetica!

Buona riflessione.

Hasta!

PS Vedi anche A Note on degrowth

A note on Degrowth

10 Agosto 2012 1 commento

Photo | Landscraper

[…] the essence of development consists of the organizational and flexible power to create new processes rather than the power to produce commodities by materially crystallized plants.
N. Georgescu-Roegen 1971, p. 275

1 The degrowth debate

There is a vivid, on-going debate about “what degrowth is” in the scientific literature. The researchers involved having very diverse background, e.g. philosophy, political science, economics, ecology, engineering. I try here to highlight both the points in common and the differences, in an interdisciplinary and pragmatic perspective, and – possibly – smoothing the divisions.

On the political side, right and left policymakers are divided about the crisis cure, debating about the degree of fiscal redistribution (income tax, Tobin tax, minimum and maximum wages) and state spending (infrastructures for schools, roads, trains, public water resources). Degrowth perspective lying at the extreme left of the political spectrum. This is – I believe- mainly due to the fact that crisis means unemployment and the degrowth concept and proposal sounds as heresy to the majority of representatives since GDP de-growth is associated with increase in unemployment.

On the academicals side, van den Bergh (2011) and Kallis (2011) recently synthesized the ecological and degrowth economics perspectives respectively. The former detailing the terrain vague of degrowth proponents: GDP, consumption, work-time, radical or physical degrowth? van den Bergh detailed an ontological critique: “GDP degrowth means a blunt instrument of environmental policy which reverses the causality between policy and growth as it is normally understood. Instead of putting a good policy first and then seeing whether degrowth is a consequence, the degrowth strategy is to set the aim of degrowth first and then hope that the environment will come out well” (van den Bergh, 2011, p. 882). Instead, he proposes “a-growth” as a political strategy based on beyond-GDP indicators, international climate agreement, different work-time norms, advertisement regulations, sustainability school programs and technological specific incentive policies.

Kallis’ defense of degrowth hypothesis (Kallis 2011, 2012) starts by widening the definition: “It is an umbrella keyword, a multifaceted framework that gives purpose and connects different policies and citizen initiatives. And it is a concept that builds on a deep and long philosophical, cultural, anthropological and institutional critique of the notions of growth and development..” (Kallis 2011, p. 874). He specifies then: “Sustainable degrowth can be defined form a ecological-economic perspective as a socially sustainable and equitable reduction (and eventually stabilization) of society’s throughput” (ibid.). Throughput  meaning materials and energy, whose reduction implies GDP reduction because of the dependence of economic growth on non renewable energy and materials (decoupling and efficiency are illusionary)1.

The pessimistic view of the degrowth movement about the possibilities offered by technological progress to allow growth with less resources (decoupling) is shared by the societal metabolism proponents (Sorman and Giampietro 2012, Giampietro et al. 2011). They defy the Environmental Kuznets Curve (EKC) and decoupling hypothesis using a multi-scale analysis (MuSIASEM) detailing energy, people (measured in hours) and money at the economic subsector level. Their analysis denies the possibility of reduced exhaustible resource dependence, showing instead how it is the externalization of “heavy” (in energy and materials) production in emerging economies (e.g.  BRICS) which explains the reduced energy, pollution and waste in modern, service-based economies.

A major disagreement between societal metabolism and ecological economics supporters with Kallis (and the degrowth partisans in general) concerns the (shorter) working time as part of the economic downsizing. Sorman and Giampietro (2012) explain the societal metabolism approach to analyze the present crisis: high unemployment and low wages in a world dealing with less energy and materials might well lead the way to labour intensive products and this is likely to equal more working hours as the diminishing high capital productivity will have to be compensated by increasing low productivity labour. Sorman and Giampietro (2012) use MuSIASEM (Giampietro and Mayumi 2000a, b) to show how the service and government (S&G or “dissipative”) sector employs the majority of people and does not produce neither energy, products or food, but services. On the other hand it belongs to the energy and mining (EM), agricultural (AG) and building and manufacturing (BM) productive (or “hypercyclic”) sectors to “feed” the rest of society. This “hypercyclic” sector is characterized by very little employment and huge capital and energy resources, thus a reduction of available energy will hit badly both “hypercyclic” and (fragile) “dissipative” societal sector. Also a low output/input renewable energy resource – to substitute high output/input fossils – will not change the course of things. No smooth transition is in sight according to the societal metabolic researchers.

2 An intuitive rationale of the economic process

I propose here a schematic representation of the economic process, centered on supply and demand, to highlight the field of intervention.

On the supply side. The entrepreneur theory postulate he maximizes profit, in reality he tries to maximize output, expanding the firm, increasing the capital etc. In search of economies of scale. With respect to neoclassical economic theory, firms are not atomistic, rather giants with sophisticated financial architecture.

Modern superstructure. The quantity-maximized products are first structured by the marketing departments, then advertized by the pervasive media world, which creates an fast-changing collective imaginary of ever-increasing consumption ambitions. Magazines, TV and internet keep feeding the demand and generating a collective oblivion about both material waste and depletion (double myopia).2

On the demand side. The consumer identifies consumption with happiness, social success and status symbol are no more related to fixed (middle-ages ) classes. Money moves between social strata, but inequality increased greatly also. Income inequality has increased since the ’80 by so-called “supply-side” fiscal policies aimed at reducing the fiscal burden on high income and enterprises.

These policies (“reaganomics” or “thatcherism”, inspired by Milton Friedman word-wide influence) have meant important gains for few riches and reduced income for the State. A fiscal deficit often compensated with cuts on schools, hospitals, infrastructures and other public services. Moreover, this extra gain very seldom is directed to productive investment, but rather goes to more financial investments to feed the international paper-economy (local impoverishment).

The markets globalization and concentration (fall of Eastern Europe, WTO agreements) has been helped in the past 20 years by the diffusion of information and communication technology. Companies have merged, rationalized their production in function of resources, energy, labour costs and fiscal opportunities. This was possible thanks to cheap fossil energy: cheap energy = more energy = more capital = more production (see below). This process went together with less labour and low wages, because of (accounted) low labour productivity in highly-capitalized firms.

On the other hand, the expansion of credit, motivated by new financial products vehiculated via electronic, instant trading, resulted in a continuous bet on growth, generating an ever-increasing debt. Virtual money (financial products value) is estimated to be 1000 times world GDP.

The end of easy, abundant energy broke the circle: 100$/barrel oil is the missing link between 1) the inner fragility of the financial bet; 2) the minimum margins of the producers and 3) the lowered purchasing power of impoverished consumers. This – I believe – explains the crisis.

It is this (unknown?) feature of the capitalistic economic process which clashes with sustainable (be it stable or reduced) throughput. A clear example is offered by public utilities dealing with electricity, gas, water or waste: should they try to “sell more”? Clearly not.

To help solving this, energy and material statistical accounting (OECD 2008a, b) is a crucial issue (and needs  public investment in statistical offices) in order to enable the evaluation of the effective sustainability of societies in the close future. Nevertheless, at the core of capitalistic process there are:

  • The rational output maximization attitude of the firm
  • The emotional eros3 for new, more and more expensive4 goods of the consumer

Both mechanisms create a continuous demand for energy and materials. In standard economic analysis,  this phenomenon is known energy (and materials) complementarity with GDP (Daly 1997). To keep the standard production function representation for a while, we can mention that the flexibility of the economic process with respect to energy price and quantity shock relates to the elasticity of substitution between inputs.

It is a long debate going back to early economic history (Allen 1938, Berndt and Wood 1975, Blackorby and Russell 1989, Frondel and Schmidt 2004, Koetse et al. 2008) recently being investigated by Fiorito and van den Bergh (under review), whose results show how energy and capital are not good substitutes, but rather complementary, even in periods of cheap, abundant energy.

Moreover, the now huge influence of the financial sector on the real economy explains the ever increasing pressure of financial over the manufacturing  sector (Gallino 2011). This translates into more sales for “Main street”. Firms need exponential sales…to survive!

Mayumi and Tanikawa (2012: 20) synthesized well an integrated view of the economic process:

According to Georgescu-Roegen the economic process does not produce goods and services, but it produces a reproducible system, via the establishment of an integrated process of production and consumption of goods and services. When dealing with the analysis of the economic sectors – those producing added value – they not only produce goods and services, but also produce those processes required to produce and consume goods and services. When considering the whole socioeconomic system, it is the integrated action of the productive economic sector and the sector of final consumption which has to be considered. Using Georgescu-Roegen’s terminology, the economic process has the goal of reproducing and expanding the various fund elements defined simultaneously across different levels and scales, by using disposable flows. Following Georgescu-Roegen, we can conclude that an economy not only produces goods and services, but more importantly produces the processes required for producing and consuming goods and services“.

3 A feasible recipe?

In the last years, the historical need for social justice and equity between people (classes, in Marxist sense) has evolved into the domain of ecological sustainability, the environmental dimension having primed on the mere economic/monetary one. The commodity/food (2007), energy (2008), financial (2008 to present) and economic (2009 to present) crisis have shifted the sustainability concept from the political/ecological to the moral/psychological domain. In bullet points there is a wide understanding of the general public about:

  • both global warming and resource scarcity;
  • nature’s “economic” limits (energy/resource supply and emissions/wastes sink capacity);
  • finance’s eternal bet on exponential growth (“Ponzi” economics, Giampietro et al. 2011);
  • national and international inequalities rise (99%, indignados and occupy movements);
  • the consequences of the 4 points above in everyone’s wallet:

All this – I believe – have brought ethical and ecological to become synonyms in the collective consciousness.

On a political side, stabilizing the (exponential growth) influence of finance toward real economy goes along with some fiscal actions shifting the burden form labour to capital. Namely,

  • Tobin tax on financial (short term) transactions;
  • strict derivatives regulation (e.g. no derivatives on commodities, like in India, Credit Default Swap regulation);
  • re-establishment of the separation between traditional and investment banks (e.g. Glass-Steagall Act);
  • fiscal gains for strictly/serious green investment funds.

On the demand side, the specific reduction in income inequality is the basis for a socio-political change toward sustainability, because only dismantling money fetishism it is possible to stop low-life, high energy/material intensity products.

To reduce both inequality and (myopic) consumeristic attitude it is natural to envisage:

  • minimum and maximum wages rules
  • job guarantee program (continuous training for the unemployed)
  • progressive income tax
  • public and non-motorized transport infrastructure (trains, trams, cycling lanes)
  • woods, rivers and material waste integrated restoration process

Setting the basis for a different homo at the political level is necessary to stimulate non-monetary, solidarity, cultural restoration activity. Such a path will only be economically profitable in the long term, but in the short run can gratify many, reducing distress and crime. In fact the necessary degrowth everybody agrees means less monetary activity not less work, which, important to say will be necessary anyway. An example is food: the transition to low fossil energy and material society implies a population flow to the land where small scale, local, organic agriculture will be the norm. In this sense the emancipation from the land was really temporary (Mayumi 1991).


References

Berndt, E.R. and Wood, D. O. (1975), Technology, Prices, and the Derived Demand for Energy, The Review of Economics and Statistics, Vol. 57, 259-268
Blackorby, C. and Russell, R.R. (1989), Will the Real Elasticity of Substitution Please Stand Up? (A Comparison of the Allen/Uzawa and Morishima Elasticities), The American Economic Review, 79, 882-888
Daly, H. (1997), Georgescu-Roegen versus Solow/Stiglitz, Ecological Economics 22, 261-266
Fiorito, G., van den Bergh, J.C.J.M. (under review), Capital-Energy substitution for Climate and Oil Peak: An International Comparison Using the EU-KLEMS Database, http://www.locchiodiromolo.it/blog/wp-content/uploads/2012/03/Fiorito-KE-substitution-for-Climate-Oil-Peak.pdf
Fiorito, G. (under review), Can we use the energy intensity indicator to study “decoupling” and “dematerialization” in modern economies?, Journal of Cleaner Production, http://www.locchiodiromolo.it/blog/wp-content/uploads/2012/08/Can_we_use_EI.pdf
Frondel, M., Schmidt, C.M. (2004), Facing the truth about separability nothing works without energy, Ecological Economics 51, 217-223
Gallino, L. (2011), Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, Einaudi
Georgescu-Roegen, N. (1971), The entropy law and the economic process. Harvard University Press
Giampietro, M., Mayumi, K. (2000a), Multiple-scale integrated assessment of societal metabolism: introducing the approach. Population and Environment 22 (2), 109-153.
Giampietro, M., Mayumi, K. (2000b), Multiple-scale integrated assessments of societal metabolism: integrating biophysical and economic representations across scales. Population and Environment 22 (2), 155-210
Kallis, G. (2011), In defence of Degrowth, Ecological Economics 70, 873–880
Kallis, G. (2012), Societal metabolism, working hours and degrowth A comment on Sorman and Giampietro, Journal of Cleaner Production, DOI: 10.1016/j.jclepro.2012.06.015
Koetse, M.J., De Groot, H.L.F., Florax, R. (2008), Capital-energy substitution and shifts in factor demand: A meta-analysis, Energy Economics 30, 2236–2251
Mayumi, K. (1991), Temporary emancipation from land: from the industrial revolution to the present time, Ecological Economics 4, 35-56
Mayumi, K. and Tanikawa, H. (2012), Going beyond energy accounting for sustainability: Energy, fund elements and the economic process, Energy 37, 18-26
OECD (2008a), Measuring Material Flows And Resource Productivity, Volume II, The Accounting Framework
OECD (2008b), Measuring Material Flows And Resource Productivity, Volume III, Inventory of Country Activities
Sorman, A., Giampietro, M. (2012), The energetic metabolism of societies and the degrowth paradigm:
analyzing biophysical constraints and realities, Journal of Cleaner Production, DOI:10.1016/j.jclepro.2011.11.059
van den Bergh, J.C.J.M. (2011), Environment versus growth — A criticism of “degrowth” and a plea for “a-growth”, Ecological Economics 70, 881–890


1. Energy intensity as a white noise indicator implying energy-GDP correlation is investigated in Fiorito (under review).

2. In the information society not only advertisement, but also economic transparency increased significantly, leading the basis for informed consumer and universal workers rights (“where” added-value goes).

3. In the original Greek meaning of “tension toward”.

4. Expensive often equals intensive in Energy and materials.

L’errore del comunismo

12 Maggio 2012 Nessun commento

Foto | Adele Oliver

Credo l’errore principale del comunismo sia stato l’aver creato una società di servizi, mentre la giustizia sociale doveva essere applicata ad agricoltura e industria. Nello specifico, oggi, si considererebbe agricoltura biologica/organica, piccolo artigianato di alto valore e l’industria specializzata.

Invece nel XX secolo una enorme burocrazia auto referenziale e corrotta serviva a (mal) amministrare una società che doveva basarsi sull’eguaglianza, ma dove l’operaio e l’agricoltore erano sorridenti solo sui poster di partito. Non zappi e non innovi per gli altri. Lo fai, con merito, per successo personale. La motivazione naturale è il bisogno di assicurare un futuro alla propria famiglia. E’ biologico istinto di sopravvivenza; salvaguardia della specie.

Nello stato stazionario del socialismo, l’invidia e il privilegio erano il ripiego per le ambizioni e le intellligenze schiacciate nel nome di un egualitarismo ingrigito da raccomandazioni e spiate.

Da un punto di vista bioeconomico il sistema pianificato tendeva, ufficialmente, ad una crescita industriale e, praticamente, dal punto di vista psicologico (eros) ad una ipertrofia del terziario: il posto in ufficio.

Questo errore, nell’estetica di Elèmire Zolla, si declina come una sostituzione dei cicli naturali con la progressione lineare, “un moto inesistente in natura e immaginario nela storia“, permettendo di identificare un meraviglioso parallelo tra il conoscitore di segreti e Nicholas Georgescu-Roegen, nell’antitesi tra meccanica e dialettica.

Leggiamo Zolla:

Se la lava sostituisce l’albero e l’uomo, l’unica alternativa è fra stasi mortuaria e quel tipo di rottura, fermento, rovesciamento che oggi si chiama “novità”, e si ama accogliere come uno stimolante “contributo alla ricerca”, sebbene si ignori alla “ricerca di che cosa”, forse del ritorno in quelle viscere della terra donde eruttavano – affermava Platone – fetidi fiumi di metallo in fiamme?

Più non si parla di crescita ciclica, norma d’ogni naturale trasformazione delle forme artistiche bensì di attualità, progresso ed evoluzione lineare, che è un moto, inesistente in natura e immaginario nella storia. Ugualmente le materie predilette cesseranno presto di essere la pietra e il legno, il respiro non sarà più il metro del verso poetico e i ritmi in genere non coincideranno con quelli fisiologici, come accade in natura per la crescita di cristalli e piante. Si useranno materie sinistre come il ferro o l’acciaio legati simbolicamente alla morte e incapaci di cementare tra loro i mattoni composti di terra e fuoco. La pura coesività verrà presentata come un valore in sé e bitumi e altre materie maledette formeranno asfalti.

L’aria sarà sulfurea nelle città rette dal disordine o da una simmetrica meccanica, nota in antico come un tipico connotato demoniaco. Le opere che andranno a decorare questo agglomerato non potranno che essere oggetti destinati a deridere e confondere il ricordo di ornamenti ispirati al ramo, alla foglia, alle curve del corpo. Ci volesse dar voce ai simboli della modernità urbana: dalle lamiere contorte alle superfici bucherellate, udrebbe appunto la risata satanica che irride alla bellezza rimossa.

C’è stata una falsa possibilità di sottrarsi alla tirannide del nuovo e del moderno, dell’arte vulcanica; dalla caduta dell’avanguardismo bolscevico in Russia, fino ad oggi è stata anzi incoraggiata un’arte tradizionale. Non erano soltanto i gusti reazionari di Marx ed Engels a riflettersi nello Stato sovietico, ma la stessa teoria marxista che echeggiava l’antica estetica organica: il prodotto è davvero umano solo nel caso in cui l’uomo non “produca parzialmente”, come gli animali collettivistici: “L’animale produce se stesso, mentre l’uomo riproduce l’intera natura…l’uomo sa conferire all’oggetto la misura inerente, dunque l’uomo forme ance secondo le leggi della bellezza” (Marx, Opere filsofiche giovanili, Editori Riuniti, Roma 1950).

Elèmire Zolla, Radicare la bellezza al di là della bellezza, in Gli arcani del potere, pagg. 47-48, BUR alta fedeltà

Statistiche inutili: l’intensità energetica

10 Ottobre 2011 2 commenti

Niente foto bucoliche qui.

Ecco la lista dei paesi secondo l’intensità energetica nel 2003 (da Wikipedia).

Unità: tonnellate equivalenti petrolio (TOE) per milioni di PIL di dollari reali del 2000 [TOE/$]

Fonte: World Resources Institute

Vediamo il Gruppo 1, compreso entro 90-140, che va dal Peru ad Israele.

E’ impressionante notare che Botswana, Sri Lanka, Svizzera, Italia e Tunisia sono tutti paesi con un’intensità energetica di 120 TOE/$.

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In difesa della decrescita

28 Aprile 2011 Nessun commento

Foto | Zbigniew Galucki

Iniziamo con dei brani tratti dagli ultimi numeri di Ecological Economics.

(Kallis – In defence of degrowth 2011)

[…] il problema non è la psicologia individuale degli “avari capitalisti”, ma un sistema che strutturalmente richiede un comportamento avido. La crescita non è una opzione, ma un imperativo derivante dalle istituzioni di base, cui l’uso della proprietà privata è collaterale, il debito, i tassi d’interesse e il credito e la competizione “vivi o muori” delle aziende per il profitto e le quote di mercato (le aziende che mirassero allo “stato stazionario” nei profitti sarebbero eliminate dal mercato dalla concorrenza).

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Il masterplan per Roma di Jeremy Rifkin parte 2

6 Giugno 2010 1 commento

Foto| rosu s Mircea

Ho letto il Masterplan per Roma di Jeremy Rifkin Rifkin_MasterPlan_definitivo (pdf 140 pag.), realizzato con i contributi della sua fondazione, dell’Hydrogen University, dal Coordinatore energetico per Roma ed altri esperti: una delusione.

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Un viaggio nella foresta

Foto | Janet Miderska

A Forest Journey di John Perlin è un libro da leggere (come Il suolo un patrimonio da salvare e Avanti c’è posto), non solo perché spiega il ruolo fondamentale del legno nello sviluppo umano, ma anche perché svela quel processo dialettico tra lo sfruttamento delle risorse naturali esauribili e l’istinto dell’homo sapiens al controllo dello spazio.

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3 storie false

10 Febbraio 2010 Nessun commento

Da quando ho cominciato a interessarmi della natura entropica del processo economico, non riesco a liberarmi di un’idea: è disposto il genere umano a prendere in considerazione un programma che implichi una limitazione della sua assuefazione alle comodità esosomatiche? Forse il destino dell’uomo è quello di avere una vita breve, ma ardente, eccitante e stravagante piuttosto che un’esistenza lunga, monotona e vegetativa. Siano le altre specie le amebe per esempio, che non hanno ambizioni spirituali, a ereditare una terra ancora immersa in un oceano di luce solare. NGR

Tre storie false sull’energia e la sostenibilità

(da rivedere per avere un dibattito sensato sul futuro)

(1) Presto saremo in grado di far funzionare le nostre economie con le energie alternative

Al contrario, rimarremo comunque dipendenti dall’energia fossile per almeno altri 15/20 anni (non è possibile avere una transizione più rapida, a causa di molte rigidità). Quali sono le implicazioni di questo punto? (distorsione del mercato a causa delle alleanze politiche tra paesi ricchi e multinazionali, pesanti rischi  per le economie dei paesi  poveri)

(2) Dobbiamo trovare fonti alternative di energia per continuare a fare quello che facciamo adesso

E’ vero il contrario, abbiamo bisogno di cambiare il nostro modello di produzione e di consumo, per poter utilizzare fonti energetiche alternative. Questo è alla radice del malinteso della green economy e delle energie alternative. Le fonti energetiche alternative possono essere competitive se utilizzati all’interno di un diverso modello di produzione e consumo. Ma se vogliamo solo sostituire l’attuale produzione (a base di petrolio) con le fonti alternative, le fonti alternative risulteranno più costose di quelli tradizionali (è per questo che hanno bisogno di sovvenzioni);

(3) E’ possibile risolvere il problema dei cambiamenti climatici, regolando (a piacere) il nostro consumo di energia, mediante l’attuazione di politiche semplici e indolori

Al contrario, il rapporto tra performance economica e consumo di energia è molto complesso e difficile da modificare. In altre parole, è molto improbabile che saremo in grado di aumentare il nostri consumi globali di energia oltre il livello raggiunto nel 2008 (picco del petrolio) ed è molto improbabile che saremo felici di ridurre i nostri consumi di energia (dato che ridurre i consumi energetici si traduce in crisi economica mondiale). L’attuale modello di consumo di energia è piuttosto stabile e difficile da modificare: è molto improbabile che politiche semplici e indolori, sulla base di incentivi di mercato, abbiano successo.

Fonte: societalmetabolism.org

EROEI, Prometeo e i dati BP 2009

10 Giugno 2009 Nessun commento

Ci sedemmo dalla parte del torto poiché gli altri posti erano occupati. Bertold Brecht

Energy Return on Energy Invested (EROEI): …a net-zero EROEI for a resource does not necessarily mean that the energy resource has no utility – it simply means that the energy resource has become an energy carrier, not an energy source. The burden of energy production must be moved to a different energy source.
Phoenix

Il passaggio rimanda all’incipit di qualunque documento parli di idrogeno: “…è necessario ricordare che l’idrogeno non è una fonte ma un vettore di energia..”

EROEI, dunque: oggi un barile di petrolio ne produce meno di 10, mentre 50 anni fa erano 100.

La questione posta in termini più generali corrisponde alla “necessità” della scoperta di Prometeo III: una tecnologia che permette a dell’energia disponibile di divenire accessibile agli uomini, usandone di meno.

E’ un motore, che permette di estrarre un carburante.
Aggiungo, il tutto permette di soddisfare dei bisogni o creare dei nuovi servizi (mobilità, elettricità, termica).

Un benvenuto ai dati BP 2009 (che confermano il picco del petrolio)

Oil production outside OPEC fell by 1.4% or 610,000b/d, the largest decline since 1992.

bp2009_consumption_byregion

..la produzione a pagina 10 del Report.

L’ultimo fax di Georgescu Roegen

25 Maggio 2009 Nessun commento

Sul tema delle crescita economica (possibile? come?) presento un testo inedito di Nicholas Georgescu-Roegen, da lui inviato via fax a Kozo Mayumi nel 1992.

Nel testo l’economista rumeno esterna la personale condizione di isolamento in cui si trova, denunciando al contempo sia le sirene della crescita sostenibile che la fede di economisti e politici in modelli econometrici triti e ritriti.

La lettera è importante per capire la difficoltà dell’uomo, che alla soglia dei 90 anni si trova ad essere marginalizzato sia da parte degli economisti ortodossi che di quelli ecologici!

Il fax originale di G-R:

‘I am afraid that this letter may come too late to you, so late that you may feel like not even read it. But, my dear Kozo, you are still very young for being aware of the conjuring tricks used by many cliques of “scholars”. Why, today many economists and ecologists are amassing money over money by selling two kinds of snake oils: one sings the lullaby of sustainable growth for abundant funding, the other sells to the still unaware nation the simplest econometric models of growth that have been duly exposed and overexposed. Drop me a line, even two, if you can forgive the faults of the old man with whom you once wanted to discuss things and problems as well’

Traduzione

Temo che questa lettera ti arrivi troppo tardi, così tardi che che potresti non avere neppure voglia di leggerla. Ma, mio caro Kozo, tu sei ancora troppo giovane per essere cosciente dei trucchi da congiurati di molteplici cricche di accademici. Poiché, oggi molti economisti ed ecologisti stanno ammassando enormi quantità di denaro vendendo due varietà di olio di serpente : uno canta la ninna nanna della crescita sostenibile, dietro abbondanti finanziamenti, l’altro vende i modelli econometrici della crescita più semplici, già abbondantemente spiegati.

Traduzione dell’autore per gentile concessione di K. Mayumi, in “Nicholas Georgescu-Roegen (1906-1994): His Bioeconomics Approach to Development and Change”, Development and Change, Nov. 2009, forthcoming.

La delusione biofuels

17 Marzo 2009 1 commento

biofuels_delusionLa fiducia (ed i soldi in sovvenzioni messi) nei biocarburanti sono stati motivati da 3 argomenti:

  • l’indipendenza e la sicurezza energetica (prepararsi al picco del petrolio);
  • la lotta all’effetto serra;
  • la politica agricola nell’area Ocse e lo sviluppo dell’agricoltura nei paesi in via di sviluppo.

The biofuels delusion di Mario Giampietro e Kozo Mayumi rappresenta, probabilmente, la risposta definitiva all’ipotesi che i biofuels possano costituire la panacea: sovvenzionando i programmi per la produzione industriale di etanolo dal mais negli USA o da canna da zucchero in Brasile, infatti, i governi hanno creduto ad un miraggio.

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Bioeconomia teorica: Kozo su funzione di produzione, modello fondi-flussi ed elasticità di sostituzione

25 Febbraio 2009 Nessun commento

Kozo-Platone…

…ci sintetizza il pensiero di Georgescu-Roegen-Socrate nei riguardi della teoria della produzione “inventata” da R. Solow su cui, oggi più che mai, per limiti e danni provocati, si addensano le colpe della crescita della povertà, dell’ingiustizia e dell’ineguaglianza nel mondo. Dalla teoria della produzione, il fondamento della crescita, e dalla rappresentazione del processo economico da parte dell’accademia, che fonda i programmi politici, si deve partire per…capire cosa si vuole. Semplicemente (anche prima del bene comune).

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