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Un viaggio nella foresta

Foto | Janet Miderska

A Forest Journey di John Perlin è un libro da leggere (come Il suolo un patrimonio da salvare e Avanti c’è posto), non solo perché spiega il ruolo fondamentale del legno nello sviluppo umano, ma anche perché svela quel processo dialettico tra lo sfruttamento delle risorse naturali esauribili e l’istinto dell’homo sapiens al controllo dello spazio.

Il legno, carburante del fuoco, è Prometeo I, infatti:

Primo, il fuoco realizza una conversione qualitativa dell’energia, la conversione di materiale combustibile (freddo) in potenza calorica. Secondo, il fuoco crea una reazione a catena: con una scintilla si può bruciare un’intera foresta. Il fuoco ha permesso all’uomo non solo di scaldarsi e cuocere il cibo ma, soprattutto, di fondere e forgiare i metalli, fare mattoni, la ceramica e la calce. Durante la nuova era tecnologica, supportata principalmente dall’uso del legno, prodotti di ogni sorta furono inventati a ritmo crescente; e lo sviluppo che ne è conseguito ha impoverito il proprio supporto altrettanto rapidamente. Le foreste iniziarono a scomparire così velocemente che nel XVII secolo delle misure di protezione delle foreste furono introdotte un po ovunque in Europa Occidentale. Era il risultato naturale di qualunque regalo prometeico: accelerare l’esaurimento del proprio carburante di supporto. La crisi era analoga a quella presente.

da The entropy law and the economic process in retrospect (pag 7).

Perlin spiega bene come il primo regalo prometeico venne usato e come si esaurì dalla Mesopotamia a Roma alla Repubblica di Venezia e agli Stati Uniti.

E Perlin cita poeti latini (pag. 29):

Lucrezio riteneva che il legno avesse reso possibile le miniere e la civiltà. “Grandi fuochi divorarono le alte foreste e scaldarono ovunque la terra” separando i metalli dalle rocce che li contenevano. “Quando videro questi metalli nella terra, gli umani ebbero un pensiero, che questi pezzi potessero essere liquefatti con il calore ed essere forgiati in qualsiasi forma, e poi, con il martello, divenire lame fine ed affilate a piacimento, per divenire utensili. Gli utensili hanno reso possibile tagliare altro legno e la carpenteria; così emerse la civiltà”.

Secondo Cicerone: “Abbiamo tagliato legna per cuocere il cibo, per costruire per tenere lontani il freddo e il caldo, per costruire navi, che navigano in ogni direzione per portarci tutto quello di cui abbiamo bisogno”.

Il legno ha quindi permesso l’uso dei metalli, dando luogo all’Età del Bronzo e del Ferro. I metalli necessitano del legno, non il contrario. Oggi si usa il metano.

Il punto da sottolineare è il ruolo che il legno ha avuto nello sviluppo esosomatico del genere umano, permettendo la costruzione di utensili, armi, chiodi, viti e macchinari sempre più complessi, per accelerare la scomparsa del legno (quantomeno quello delle foreste primitive, non rinnovabili).

Da un punto di vista puramente spirituale, inoltre, la progressiva deforestazione delle aree verdi vicine alle grandi civiltà (Sumeri, Grecia, Roma, Magreb, Venezia, Inghilterra, USA) porta anche ad una progressiva scomparsa del politeismo.

Infatti, dove vi sono dei boschi si trovano storie, riti, feste e segreti: il mistero resiste. Non è un caso che le prime civiltà si siano sviluppate vicino a fiumi, ma anche con il taglio di boschi sacri.

Infatti, Perlin descrive molto bene quel che fece Gilgamesh ai cedri di Uruk:

Penetrare nella foresta non era un compito facile. La foresta era così fitta che i raggi del sole penetravano a malapena…il semidio Humbaba ne era il guardiano. Egli perse la battaglia con Gilgamesh…

Dalla Mesopotamia, all’Egitto, alla Grecia a Roma dove si abbattono le foreste scompaiono gli Dei capricciosi, simili a noi. Le storie di streghe, di elfi, di satiri, di centauri, di gnomi, di mostri.

Queste storie legano le generazioni dei nonni e dei bambini, insegnano il ciclo della vita ed il rispetto dell’ambiente. Il paesaggio è complesso e mantiene il mistero. Nasconde e svela.

Nei luoghi ricchi di boschi la cultura popolare, orale, si tramanda. Evita di delegare al prete il messaggio morale. L’uomo non è inevitabilmente sottomesso al divino (magari sentendo la colpa per i disboscamenti fatti da altri), ma sa (che può capire come) essere partecipe di esso.

La varietà di ambienti che caratterizza le foreste permette una varietà nella spiritualità dell’uomo. Il dionisiaco è possibile quando ci sono gli alberi. Senza i boschi appare il monoteismo, una colonna da adorare in mezzo al deserto! Sottomessi a un Dio distante, che giudica punisce. Eccolo il Dio dell’Antico testamento! Era arrabbiatissimo per il taglio delle foreste, la causa di una irreversibile semplificazione della spiritualità umana. Gesù perdonò…

La storia delle foreste è una storia di uomini ambiziosi, che sfruttano le risorse boschive locali e delle conseguenti vendette della natura. Tagliati gli alberi, fatte le case, le navi, le spade e le asce, si parte alla conquista. Ma il terreno si impoverisce, nonostante gli schiavi acquisiti con le vittorie lo lavorino con coscienza…la civiltà recede: alla fine vincono “gli altri”.

Ma non solo scende il PIL, perde anche lo spirito dell’uomo che livella, inaridisce, uccide gli Dei dei boschi, dei giardini, dell’acqua e del sottosuolo.

Ipazia non sottomessa al timore di Dio, fu vittima del monoteismo dell’uomo del deserto, già reso fanatico dalla fede ottusa che accecava le menti nella torrida pianura egiziana.

E Giordano Bruno che, viaggiando in Europa, conobbe le foreste della Liguria, della Savoia, della Francia, dell’Inghilterra e della Germania…e vide il divino in tutte le cose della natura (non della sabbia!)

Pedagogiche storie, quelle delle foreste, perché si ripetono

Venezia era tossicodipendente da legno: ne aveva bisogno per reggere i palazzi sull’acqua, per le navi da guerra e per lavorare il vetro.

L’Inghilterra rimase senza foreste per fare il ferro nelle fornaci: nonostante il passaggio dal carbone vegetale al minerale, il ferro svedese, meno caro (come il legno) vinse già nel 1600.

Gli USA dopo aver disboscato, tutte le enormi foreste dell’Est, hanno avvelenato gran parte dei terreni agricoli con fertilizzanti e pesticidi derivati da petrolio e gas naturale.

Ma questa è la storia di Prometeo II. Un’altra storia…

Risorse bioeconomiche

The Tightening Conflict: Population, Energy Use, and the Ecology of Agriculture di Mario Giampietro and David Pimentel
The Evolution of Georgescu-Roegen’s Bioeconomics di John Gowdy and Susan Mesner
Economic Growth With Energy, di Shahid Alam

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