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Archivio per la categoria ‘bioeconomia’

Terra Acqua Aria Libertà

29 Gennaio 2024 Nessun commento

L’ultimo libro di Joan Martinez Alier disponibile on-line, qui una traduzione della prefazione “on the fly”. Con accostato un non-azzardato omaggio all’eroismo del POUM.

È una felicità che non viene dal pensiero, ma dalle viscere, direi, come un lampo gioioso di immortalità, una certezza improvvisa, cosmica, di appartenere all’acqua e al fuoco, agli alberi e alle nubi, alla terra e agli uccelli. In questo Mezzogiorno di febbraio del secondo anno di guerra civile spagnola, cammino sul suolo crivellato del fronte di Madrid come se una mano amorosa mi conducesse attraverso il paesaggio più bello del pianeta. Mika Etchebèhère – La mia guerra di Spagna.

Questo è un libro di ecologia politica comparata globale. Si concentra sui conflitti di distribuzione ecologica nel mondo, alle frontiere dell’estrazione delle materie prime e dello smaltimento dei rifiuti. Il libro vede questi conflitti attraverso due fondamentali lenti dell’economia ecologica, ovvero i processi valoriali e la crescita e i cambiamenti del metabolismo sociale (i flussi di energia e materiali nell’economia).

Il mio primo libro di economia ecologica è stato pubblicato nel 1987. Non si trattava di un libro di testo, ma di un testo di ricerca ora scaricabile gratis intitolato Economia ecologica: Energy, Environment, Society (Blackwell, Oxford), è stato il primo libro in assoluto con “economia ecologica” nel titolo. Si ispira a Nicholas Georgescu-Roegen, la cui affermazione di base, contenuta in The Entropy Law and the Economic Process (1971), è che l’economia industriale non è circolare ma entropica (vale a dire che la materia e l’energia si degradano in ogni trasformazione, per cui sono continuamente necessari nuovi input). La vita opera attraverso la fotosintesi attuale ed è “anti-entropica” (almeno per un po’), ma l’economia industriale si nutre di fotosintesi avvenute in un passato molto lontano (i combustibili fossili) ed è entropica. Il “gap di circolarità” o “buco di entropia” spiega la crescita dei conflitti ambientali alle frontiere dell’estrazione e dello smaltimento dei rifiuti. Questa è la lezione numero uno di un corso di economia ecologica ed ecologia politica. Il mio libro del 1987 tracciava la storia di queste idee a partire dai precursori (biologi, fisici, chimici), che fin dal XIX secolo lamentavano il divorzio tra economia e studio del metabolismo sociale. Il noto economista David Pearce (1941-2005) scrisse su The Manchester School che avevo scritto un “libro notevole… Chiunque voglia capire gli ecologisti non può fare di meglio che iniziare con questo libro. […] saranno anche deliziati e divertiti dalla galleria di autori che Martinez-Alier fa sfilare davanti a loro. Un tour de force, se mai ce n’è stato uno”. Questo è stato incoraggiante, anche se qualche anno dopo Pearce mi ha erroneamente classificato tra i partigiani di una teoria energetica del valore.

A quel tempo mi resi conto che l’economia ecologica non riguardava un’accurata valutazione economica delle esternalità e un’equa allocazione intergenerazionale delle risorse esauribili. Piuttosto, l’economia ecologica ha tre pietre miliari. In primo luogo, la capacità di descrivere l’economia nel linguaggio del metabolismo sociale, non solo dell’economia; si tratta di descrizioni non equivalenti. In secondo luogo, l’incommensurabilità dei valori, che implica che non è appropriato valutare i risultati o decidere tra alternative utilizzando l’analisi costi-benefici in termini monetari, quando le persone manifestano regolarmente valori plurali. In terzo luogo, lo studio delle istituzioni che storicamente e oggi regolano l’uso dell’ambiente, consentendo l’espressione di valori plurali da parte di diversi gruppi di persone.

Gli studiosi sanno da tempo che viviamo in un mondo materiale in cui l’economia è fondamentalmente un processo di trasformazione di energia e materiali in merci e rifiuti. Nel mio libro del 1987 ho discusso come la maggior parte degli economisti e degli scienziati sociali si siano a lungo rifiutati di considerare le relazioni tra economia, società ed energia. Per esempio, il chimico Wilhelm Ostwald nel 1909 aveva scritto che si poteva interpretare la storia economica in termini di due regolarità: l’aumento dell’uso dell’energia e dell’efficienza nell’uso dell’energia. Tutto ciò aveva senso, ma fece infuriare Max Weber. Circa 30 anni dopo, la furia di Weber fu condivisa da Friedrich Hayek, che criticò l'”ingegneria sociale” promossa da Ostwald e Patrick Friedrich Hayek, che criticò l'”ingegneria sociale” promossa da Ostwald, Patrick Geddes e Lancelot Hogben, Frederick Soddy e Lewis Mumford. Hayek li liquidò tutti duramente perché vedevano l’economia in termini socio-metabolici. I principali punti di riferimento di Hayek erano La Naturalrechnung di Otto Neurath e la pianificazione democratica (Martinez-Alier 1987). Ispirato da Neurath, Karl W. Kapp pubblicò nel 1950 The Social Costs of Business Enterprise (I costi sociali delle imprese) con la tesi seguente: “Le esternalità non sono fallimenti occasionali del mercato, ma sistematici successi di spostamento dei costi”. Kapp aveva unito “economia ecologica” ed “ecologia politica” prima ancora che questi termini venissero utilizzati.

L’Energia del Governo del Cambiamento – alcune idee

31 Maggio 2018 Nessun commento

Foto | Tiziano Bruno

Gli articoli di Ugo Bardi Governo: si parla di spread, debito ed euro. Ma è il petrolio il vero problema oggi sul Fatto e quello di Luca Pardi del 29 maggio su Aspo Italia Dal Picco a Cottarelli (perché succede quel che succede) danno, finalmente, un’opinione politica della crisi. “Politica” nel senso della visione per il paese in termini di economia reale. “Dove vogliamo andare?”

Viene da pensare che se lo spread davvero misura l’affidabilità di un paese, rilanciare l’Italia nel senso della sostenibilità e con energiche politiche energetiche ed ambientali tra qualche anno potrà anche essere negativo.

Il paese deve essere legalizzato. E’ necessario ambire a vivere di servizi, turismo, agricoltura di alto livello – si, esatto: prodotti “branded” – e varia tecnologia. Forse i colloqui 5S-Lega hanno fatto ragionare un po’ i secondi su temi quali trasporti su ferro, energie rinnovabili, trasparenza nella PA (vedi appalti) e lotta al dissesto idrogeologico, anche ribadendo (ebbene sì) la cura pratica all’intolleranza del popolino, mettendo mano praticamente a tutta l’illegalità che oggi è resa possibile da inerzie diverse.

Si “disattiva” la destra, mettendo mano, con cervello, alle situazioni macroscopiche di migranti illegali nelle fabbriche dismesse o nelle masserie. E’ possibile avere dei mega-campi zingari dove si brucia plastica ogni giorno sotto casa? Perche si deve rendere normale moltissimi, diffusissimi orrori del suburbano italico che oggi testimoniano, ed alimentano, tutte le zone ed i mercati dello spaccio e della prostituzione.

Trasporti. Pensare di rilanciare le infrastrutture nel senso di costruire altre strade è assurdo. Il paese deve essere riallacciato con nuove ferrovie, più tram nelle città e moltissime Greenways. I turisti del mondo sognano di visitare il nostro paese così ma le mappe mostrano che siamo al medioevo della mobilità, senza quella dolce.

O vediamo un futuro per i torpedoni diesel dal Milione di km?

(Con l’autista sottopagato per giornate da 18 ore)

Acqua. E’ superata la dicotomia destra/sinistra? Non so, ma credo che 5S e Lega possano immaginare un piano idrogeologico nazionale (Tubeconomics) e un piano ciclabile nazionale (progetto WEB di Salvaiciclisti) più di Renzi M. e Silvio B.
Li credo più liberi di:

  • ripensare l’Europa che, come spiega Varoufakis, è stata voluta (da US) per NON funzionare;
  • tentare politiche di sviluppo locale dirette, efficentando la PA e valorizzando la meritocrazia;
  • capire la funzione di produzione (capitale lavoro energia e materiali, di cui parlavo su Effetto Cassandra in “L’energia del capitale“)
  • arginare il processo di “cheap labour”, sapendo che, invece, “cheap oil is over”.

Lavoro. Un Governo del Cambiamento dovrebbe cogliere le opportunità del’IT e realizzare un collegamento diretto tra lavoro svolto e servizi fruiti. Essere cittadini vuole dire accesso a reddito di cittadinanza, salario di inclusione o come lo si voglia chiamare…possono essere svincolati da inflazione, corruzione, costi di intermediazione dando un valore diretto alle ore lavorate in termini di scuola, sanità, luce, gas, ecc.

Esempio: sei disoccupato? Pulisci un parco: ti accredito 30 euro della bolletta e puoi fare due visite mediche specialistiche.

Follia? Non credo.

Consentendo maggiore flessibilità dell’orario di lavoro ed il suo decentramento (telelavoro), rendendo possibili usi alternativi del tempo, per genitorialità, produzione agricola, artigianale, ecc.

Si deve voler far sparire i denaro, specialmente il contante (Renzi lo ha aumentato) e favorire in ogni modo i pagamenti elettronici: l’unico modo per svincolarsi da debito, spread, e mercati volatili. Lavori qui? Qui acquisisci diritti. Sei cittadino. Niente economia informale (del precariato/mafioide). Niente cartacce, bolli, file, sportelli della PA opaco-sciatto-nauseabonda.

Energia.  Tornando al nodo cruciale dell’energia nell’economia della crisi, occorre ripensare a come sia l’inefficienza del sistema asfalto/gomma/motore a scoppio/discarica ad essere termodinamicamente inefficiente, rispetto ad uno rinnovabile/ferro/elettrico/riuso.

Negare che l’economia sia un sistema energetico porta alla prossima Crisi Finaziaria Globale, mentre – arrivati ai 50 – si spera che i prossimi di anni portino ai giorni del buen vivir, eliminando molto rumore e rimettendo gli italiani in condizione di pensare e, forse anche, ridere.

P.S. Ecco il bonus. Avete presente Joseph. Stiglitz? L’economista “buono” che (sinceramente) vuole riformare la Banca (ed il sistema finanziario tutto) Mondiale? Prima era cattivo e scriveva di risorse difendendo l’approccio neoclassico “alla Hotelling”.

Pour vous, uno(scomparso) articolo di Nicholas Georgescu-Roegen, Comments on the Papers by Daly and Stiglitz, in Scarcity and Growth Reconsidered, V. Kerry Smith eds. 1979.

Tubeconomics

12 Settembre 2017 2 commenti

Invito notturno – Canto Algokin
Vieni, amore mio, saliamo insieme il fianco ripido della montagna,
Da lì guarderemo il tramonto e parleremo di foglie che cadono.

Viviamo un immaginario dominato da due culture-tecniche “costringenti”.

La prima è quella degli ingegneri che hanno messo in un tubo qualsiasi processo; inizialmente per inquadrarlo e studiarlo, poi per controllarlo, misurarlo e limitarlo.

In questi giorni si è passati dalla siccità record alle pioggie record. E si piangono i morti di Livorno.

“Fiumi” di parole

Dissesto idrogeologico, alvei, bacini d’espansione, consumo di suolo, … Sembra si tratti di 12.000 km di fiumi tombati. Fiumi murati sotto terra, non sotterranei. Fiumi che esondano per dighe di bottigliette d’acqua!

Nell’articolo di Roberto Giovannini si narra la storia di questo processo di cementificazione:

“Per due secoli nelle Università si è insegnato che un fiume è un semplice collettore. Un «tubo» che si può trasformare in qualcosa d’altro usando cemento e buoni calcoli. La dinamica naturale di un fiume – che da sempre «vive» passando per fasi di magra e di espansione, ma anche di esondazione – è stata cancellata attraverso l’ingegneria.”

…e i fiumi – letteralmente –  non ci stanno!!
Si tratta di riflessioni ripetute nel tempo che 10 anni fa mi facevano scendere “solo” fino ai tombini otturati di Roma, senza approfondire l’orizzonte delle acque nella loro vastità, bellezza e complessità…

Ne La stagione delle piogge Giorgio Nebbia propone l’istituzione di un Servizio Idrogeologico Nazionale che

tenga sotto continuo controllo lo stato dei corsi dei fiumi, proceda alla pulizia e manutenzione di tutte le strade percorse dall’acqua nel suo moto verso il mare, dei fossi, dei torrenti e dei fiumi maggiori al fine di rimuovere gli ostacoli incontrati dalle acque e di tenere aperte le vie naturali del loro scorrimento, predisponga la liberazione dei fiumi e canali che sono stati “intubati” e coperti per guadagnare spazio per strade e edifici. Quando un flusso più intenso di acqua incontra queste prigioni artificiali, l’acqua “si arrabbia” e torna violentemente in superficie e porta distruzione e morte.

…trovare dei laureati che accettino di camminare lungo i torrenti e i canali, di controllare e identificare gli ostacoli al moto delle acque, di pulire i tombini nelle città, ma ci sarà pur gente che ha voglia di farlo considerando che questo servizio è il più importante…

In Italia serve il coraggio di dire: “tutti i corsi d’acqua devono tornare balneabili e potabili”.

E’ necessario AZZERARE l’inquinamento di laghi, fiumi e torrenti, usando la tecnologia per scovare e multare inesorabilmente i criminali inquinatori.

Il tubo in superficie

Al primo giorno di scuola dei miei figli ho visto il tubo delle strade di Roma: code di auto in ogni strada. Strade sfasciate, marciapiedi-sfasciapiedi, pali storti, muri lerci, gradini obliqui…

Lo spazio umano costretto dalla pianificazione degli ingegneri della mobilità a rigagnoli dove strisciare, rasenti i muri.

Si attraversa ringraziando l’auto che ti lascia passare sulle strisce, roba da matti!!

Semplificando,

si mette il fiume che passa in una città costruita dopo di lui in un tubo d’acqua SOTTO. Questo per fare delle strade-tubi SOPRA in cui mettere tante gabbiette di metallo che rilanciano l’economia in cui imprigionarci e soffocarci (vedi anche un virus chiamato auto). Questo crea parecchie insostenibilità, la prima è

  • l’inefficenza della filiera asfalto-gomma-petrolio-motore a scoppio dell’auto,
  • rispetto a ferro-elettricità-motore elettrico di tram e treni, o
  • proteine-gomma (larga 2cm) delle bici.

Come per l’acqua che trova il tombino intasato o il fiume tombato, anche l’auto trova sempre un tappo. Questione di flusso. Ed eccoci tutti lì…alla fine del tunnel, all’imbocco dello stesso, dopo la superstrada c’è sempre quel bel semaforo con tanti cartelloni pubblicitari (talvolta anche sessisti)…

o al meglio la rotatoria. A proposito, Il traffico è un gas?

Così le ore, gli anni, vengono passati a ritmo di conato.

Fermi col motore acceso,

creando PIL saudita…

Che ritornerà globalmente investito in armi, alcol, altre auto e droga.

Il tubo concettuale degli economisti

Ai tubi urbani sia di superficie che del sottosuolo degli ingegneri nelle città se ne aggiunge uno metafisico degli economisti. Una categoria di filosofi del potere che adora le scienze fisiche e, nel corso degli ultimi 150 anni, si è specializzata all’applicazione dell’esattezza, sia fisica che ingegneristica, ai processi sociali ed economici, prodotti da umani poco controllabili e mal osservabili.

Un esempio è stato pensare che l’energia non fosse un fattore di produzione essenziale nel processo economico.

Per questi fenomeni di scienziati i fenomeni umani e i processi economici sono incanalabili (intubabili?) in un’equazione. Complesse dinamiche demografiche, ecologiche e, ovviamente, sociali sono rappresentabili come un orologio meccanico. Il sistema economico “funziona” anche in modo reversibile, oltre che controllabile. Come una clessidra.

Ignari della meccanica quantistica (superamento della fisica newtoniana) rifiutano il concetto di freccia del tempo, metafora di ciò che è caratterizzato da irreversibilità (ad es. la vita o l’entropia) e “punti” nell’orgoglio hanno complicato il gioco. Inzeppando i modelli economici con matematica sempre più complessa, previsioni inverificabili e quasi sempre errate.

“Fattori esogeni” la giustificazione ex-post. Fino allo sparigliare il gioco con la finanza creativa del debito irripagabile.

Dal tubo alla ciambella

Oggi con l’economia della ciambella, ecologisti ottimisti anche WWF sembrano aver trovato la panacea per includere più variabili nell’arido calcolo degli economisti (cattivi! cattivi!). Poi tanti concetti dolci, tondi, olistici rassicurano, “devono” poter fare del bene…specialmente alle proprie coscienze.

Anche se non tutte le ciambelle vengno col…

o forse, come dice, con ironia Richard Toye “C’è un buco nel concetto”.

AGGIORNAMENTO Luca Pardi Com’é stretta questa ciambella.

3 proposte grafiche per rappresentare i processo economico

1) tubo 2) ciambella 3) sfera 3D

Il TUBO viene usato per controllare quello che non è prevedibile e fatturabile. Quindi lo spazio nelle città è stato tolto alle acque e ai pedoni per il passaggio di automobili, capaci di:

  • generare reddito per meccanici, petrolieri e venditori di auto, ma
  • sfasciando strade e i nostri propri corpi incidentati ed intossicati
  • liberando polveri di pneumatici, freni, carburanti ossidati, ed
  • imprigionando corpi vivi nella paralisi della quodidiana congestione, che
  • crea psicolabili da 1000 micro/macro-liti quotidiane nel traffico

L’auto costa molto più di quanto pensi e ti rende infelice

Tornando ai fiumi, che sono vivi, la prognosi è pessima, infatti:

L’Italia – spiega Bussettini – può essere paragonata a un paziente con gravi problemi circolatori cui si applica uno stent per far passare meglio il sangue dove le arterie sono più strette. L’unica cosa che si può fare veramente è tenerlo sotto controllo e vigilare

da La Stampa

 

Prometeo e il Minotauro

20 Agosto 2014 Nessun commento

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Premessa – L’economia è un’equazione energetica
Introduzione – e se il Brent…
1 – Il Labirinto e i Draghi di luce
2 – La Fisarmonica e il grillo di Fibonacci
3 – Lo scolpitore degli input sigma
4 – Altri Draghi – Il Drago d’aria (bici), di ferro (treno) e di fuoco (auto)
5 – Il jolly d’Acqua e la Scintilla

Premessa – L’economia è un’equazione energetica

Immagina,
Metti 1 litro di benzina nel serbatoio dell’auto e vai fino all’ultima goccia; avrai fatto 15/20 km. Ora devi pagare una (o più) persone per riportarla al punto di partenza, benzina vs. muscoli. L’equivalente-lavoro di 1 litro di benzina è tra 95 e 130 ore di lavoro, dato che un uomo sviluppa circa 100 Watt  un’ora di lavoro fisico umano ≈ 100 Wattora, quindi, a 15€/ora sindacali, ti costerebbe 1.400 – 1.900 € spingere l’auto al punto di partenza. Un litro di benzina (≈1,6€) “sostituisce” tra 1.400 – 1.900 € di lavoro umano.

Introduzione – e se il Brent…

E se il Brent c’entrasse con la crisi fianaziaria?* Quando si parla della speculazione finanziaria che continua a devastare l’economia reale, si fa riferimento per lo più ai «titoli tossici» che, in parte, continua­no a sopravvivere, non si fa riferimento alle deviazioni dei mercati delle commodities. Nessuno definirebbe i contratti futuri delle commodities come titoli tossici, anzi, sono considerati normalmente come simbo­lo di un mercato libero e trasparente. A mag­gior ragione questa considerazione vale per il mercato petrolifero, quello del Brent.

Vorrei partire da un dato. Ogni giorno sul mercato del Brent si effettuano transazioni (acquisti e vendite) per un ammontare di circa 500 miliardi di dollari. In particolare circa 300-500 miliardi di dollari riguardano la borsa di New York (NYMEX) e 100 — 150 miliardi il mercato del Brent ICE (Londra). Questa di­mensione relativa de due mercati spiega anche perché di Tobin tax si può magari parla­re in Europa, ma non negli Usa.

Si tratta di un mercato estremamente liquido in mano alle maggiori istituzioni finan­ziarie mondiali che, spostando masse mone­tarie gigantesche, riescono a influenzarne l’evoluzione. Nel mercato “paper” del Brent, inventato dalla City di Londra nel 1988, si fa finta di comprare e vendere barili di petrolio e si fa scaturire dalla dinamica di questi scam­bi il prezzo del Brent, riferimento per il prez­zo di tutti i tipi di petrolio prodotti nel mondo.

Non vengono scambiati barili, ma solo contratti di carta, che nominalmente fanno ri­ferimento a un volume “teorico” di petrolio (1000 barili per ogni contratto), ai quali non è associata la proprietà di alcuna merce. Il loro valore è quello che altri sono disposti a paga­re per ricomprarli. Il possesso di un contrat­to non rende infatti possibile esigere la con­segna di un volume fisico di petrolio. L’esperienza degli ultimi tre anni mostra come ogni prezzo compreso fra 35 e 150 dol­lari/barile ha piena cittadinanza nel cosiddetto mercato petrolifero. Si tratta dell’intervallo compreso fra il costo di produzione di un ba­rile e il prezzo massimo che un automobilista e disposto a pagare per non essere obbligato a camminare a piedi.

I grandi manovratori dei mercati finanziari possono muovere una massa monetaria di tri­lioni di dollari in un contesto di grande volatili­tà, attraendo investitori, premiandoli o penaliz­zandoli, ma sempre generando profitti enormi. L’evoluzione del prezzo del petrolio ci fa vedere come, operando sul mercato del Brent, sia possibile ottenere redditività supe­riori a qualunque altro tipo di investimento economico o finanziario, fino a raddoppiare i capitali in due/tre mesi.

In questo gioco delle carte (i contratti sui futures), si può vincere sia con i mercati in salita che con quelli in discesa. Per vincere ci vuole instabilità, volatilità, incertezza, paura. La stabilità è la morte della speculazione e dei mercati finanziari.

Da dove proviene la liquidità che gira sui mercati delle commodities? Un dirigente di una importante banca della City di Londra mi forniva una sintesi pittoresca della strategia delle grandi banche. Fondamentalmente, mi diceva, le banche usano la disponibilità monetaria per tre finalità:

  • Continuare a far finta di essere banche e quindi prestare soldi a chi li richiede. Attività oggi poco remunerativa e quindi limitata ai li­velli incomprimibili.
  • Finanziare i debiti sovrani. Attività alla quale non ci si può sottrarre, ma che rende, relativamente, sempre meno e di cui si vor­rebbe aumentare la profittabilità.
  • Giocare sui mercati delle commodities fi­nanziarie, dove ci si muove indisturbati e senza regole. Una giungla dove le istituzioni finanziarie sono la legge e «battono moneta». Banditi e sceriffi nello stesso tempo.

Ci troviamo di fronte a uno scenario nel quale le banche hanno creato delle «catene di Sant’Antonio», sofisticate e globalizzate, di cui hanno il quasi pieno controllo. Trovandosi in cima alla piramide di queste catene, rice­vono flussi di profitti impensabili con qualun­que altro tipo di business. Da quì derivano i bonus astronomici dei manager del trading delle banche.

Essere «obbligati» a finanziare i debiti so­vrani degli Stati appare alle banche un pessi­mo uso della liquidità: perché usare il denaro per finanziare bond che fruttano il 4-8% quando lo stesso denaro può rendere il 30-100%?

Nel mercato dei futures petroliferi questi processi sono in atto ormai da più di un decennio. I prezzi si muovono non più in funzione della dinamica della domanda e offerta di prodotti petroliferi, ma della domanda e offerta di contratti di carta, quelli delle “catene di Sant’Antonio» create dalle banche… Da quattro anni vediamo che la domanda petrolifera è in sofferenza, che l’offerta continua a essere sostenuta, ma i prezzi sono ingiustificatamente al di sopra di 110 dollari/barile. Nessuna logica di mercato. Solo speculazioni delle banche che esasperano le aspettative, attraggono gli investitori nel gioco della “Catena di Sant’Antonio» e poi passano all’incasso.

Vaccinati dal crisi petrolifere contro i rialzi del prezzo del petrolio, e convinti che i colpevoli siano i cattivi del Golfo Persico, non abbiamo prestato attenzione a questi processi e non abbiamo ancora preso consapevolezza che, da un decennio almeno, l’Opec siamo solo noi.

L’espansione del mercato delle commodi­ties e dei futures petroliferi suggerisce l’im­magine di una metastasi con cellule impazzi­te che uccidono quelle sane. Un intervento di chirurgia radicale e deciso è divenuto un fatto di sopravvivenza.

(*) Articolo del 2011 di Drilling, (Brent a 110$/barile)

1 – Il Labirinto e i Draghi di luce

[…] accanto all’immagine classica del Drago nemico e distruttore, se ne trovano altre dove il Drago viene mostrato come una forza incontrollabile, ma non necessariamente ostile. Anzi è spesso alleato dell’eroe o è esso stesso l’eroe, assurgendo perfino a simbolo di speranza.   Un cambio di significato in un archetipo di tale antichità significherebbe che qualcosa di molto profondo sta cambiando nel nostro inconscio collettivo. Jacopo Simonetta.

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Premessa e introduzione servono a introdurre il concetto cuore/motore di questo contributo: il liberatore dell’uomo, Prometeo, si contrappone al simbolo dell’economia finanziaria predatoria e basata sul debito, descritto da Varoufakis, il Minotauro? Prima prendiamo altre 2 metafore: il Drago ed il Labirinto. Il primo rappresenta la luce del web: elettroni che garantiscono accesso all’informazione e alla conoscenza, ma anche trasparenza di bilanci, norme e transazioni. La costruzione di Dedalo è il palazzo degli intrighi, luogo di prigionia, geniale opera e metafora della sofisticazione umana. E’ dove si compiono i misfatti…e come si nascondono i profitti (poi dirottati verso la City, Wall Street ed i paradisi fiscali). Ma è proprio l’information technology (IT) che ha reso possibili i mercati finanziari istantanei ed oscuri, il labirinto. Quindi? I Draghi di luce sono entrati nel Labirinto del Minotauro dell’economia digitale. E Prometeo?

Secondo l’economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen (1906-1994) vi sono state (solo) due rivoluzionarie “tecnologie prometeiche”, Prometeo I il fuoco e Prometeo II il motore a combustione che hanno fornito al genere umano, rispettivamente, energia termica e meccanica. Prometeo I ha permesso di cuocere cibi, disboscare, fondere metalli e, quindi, costruire utensili per fare altri utensili, dai pugnali ai martelli, agli aratri, fare mattoni e ceramiche (vedi A forest journey sull’enorme importanza del legno nelle civiltà e nella storia). Prometeo II – il motore a combustione (prima esterna, Newcomen e poi interna, Otto) – ha reso disponibile per l’uomo un’enorme potenza, possibile la Rivoluzione Industriale che, alimentata a carbone, petrolio e gas ha permesso di fare le macchine per fare le macchine. Prometeo ha liberato ma anche imprigionato l’uomo in un processo lineare di produzione che si distingue da quelli naturali circolari. Il Minotauro, poi, si è votato a una crescita esponenziale.

La domanda che mi pongo da anni è: esiste un legame tra il calo del rendimento energetico netto delle nostre economie e la crescita del debito di un’economia sempre più finanziarizzata e fragile? E’ concepibile che sia proprio il calo dell’energia disponibile (EROEI) a causare e spiegare il turbocapitalismo finanziario globale? Un legame tra Prometeo e il Minotauro spiegherebbe la mancata redditività degli investimenti tradizionali (industrie che producono cose) e la crescita delle promesse su carta di profitti futuri. Infatti, una complementarietà tra energia e capitale (vedi Ch. 3) può spiegare la rigidità del capitale fisico dagli anni ’70 quando l’energia ha iniziato a divenire scarsa e costosa, motivando la finanza a veicolare capitale e profitto nel Labirinto dei prodotti finanziari. Questo è stato reso possibile anche grazie ai Draghi di Luce, elettroni che corrono nelle borse elettroniche per scambiare istantaneamente contratti derivati, over the counter (OTC) e collateralized debt obligation (CDO).

Drago-Marino1

I draghi di luce, la forza della natura, sono gli elettroni liberi dell’economia digitale. Rappresentano un reale comunismo dell’informazione che sta rendendo il mondo più trasparente e felice, ma che imprigionati nel labirinto dei mercati finanziari e da un sempre più sofisticato (e costoso) sistema di controllo internazionale, volto a prevenire i fenomeni eversivi, può risultare in maggior controllo. Internet = elettroni liberi, che sono in realtà libri, film, musica e informazione: una enorme conquista!

Come spiegato da economisti quali Stiglitz e Krugman, ma anche da sociologhi quali Luciano Gallino o specialisti di energia come Charles Hall, Mario Giampietro e gli esponenti del movimento per la decrescita (Latouche, D’Alisa ecc.) il sistema economico mondiale si è fatto sfruttatore della volatilità dei mercati per convogliare i profitti/surplus entro pochi canali e verso poche sedi finanziarie, sottraendo risorse economiche e fisiche ai luoghi di produzione reale. La direzione comune di questi pensatori è il contrasto alle politiche liberiste e pro-austerity che comportano crescenti disuguaglianze, povertà, esaurimento delle risorse e danni ambientali irreversibili. Ma su cause e terapie questi pensatori divergono.

Si sente spesso dire: l’economia è soffocata…dalla mancanza di finanziamenti alle imprese e dall’erosione dei redditi, Lavoro e produzione si trovano stretti tra le maglie di una burocrazia assillante, oppressi da una pesante tassazione gravante sui redditi (L) e poco o nulla sulle rendite (K). Potrei rispondere: perché l’energia netta è in calo e le risorse economiche vengono spese per mantenere burocrati e militari. Settori che non producono né cibo, né cose. In seguito vedremo come l’input energia (E) abbia cambiato drasticamente la rappresentazione del processo economico.

2 – La Fisarmonica e il Grillo di Fibonacci

Il Minotauro nel Labirinto lavora per convogliare il surplus verso le principali piazze finanziarie. Ma essendo arbitro e giocatore nello stesso tempo può, attraverso i tassi di interesse, usare una fisarmonica del valore intertemporale del denaro. Creando ottimismo e pessimismo, pochi agenti sui mercati opachi allungano la mano (e prendono soldi) in un futuro più lontano e la ritirano per incassare a breve termine nei momenti di crollo di fiducia. Suonano la Fisarmonica (del tempo e del tasso di interesse) sulla quale salta il Grillo di Fibonacci.

In E’ l’economia che cambia il mondo, Yanis Varoufakis vede il banchiere come un “intermediario temporale” che preleva il denaro dal futuro e spiega come, con la rivoluzione industriale, si sia passati da una sequenza produzione-distribuzione-debito ad una debito-distribuzione-produzione. Il debito all’origine implica una “virtualizzazione” del processo che distingue – ora – beni e denaro; non vi è più la relazione diretta tra il signore e il contadino, l’imprenditore e l’operaio ecc. Questo debito iniziale oggi ha preso la forma di un Minotauro che crea denaro gestendo e manipolando l’orizzonte temporale dell’investimento. Questo fenomeno si può rappresentare come un suonatore di fisarmonica: le banche d’investimento internazionali, quando decidono sia venuto il tempo dell’ottimismo allungano il tempo (come una fisarmonica), prendendo più denaro dal futuro, creandolo e scambiandolo; convincono stati, fondi di investimento sovrani e fondi pensione a investire in questo e quello. La legislazione aiuta, l’Europa chiede il rispetto dei parametri. Lo spread tra tassi fa guadagnare i pensionati tedeschi e mette in strada insegnanti e infermieri greci….

fisarmonica

Al centro della fisarmonica si trova il mantice – il “polmone” – estensibile grazie alle pieghe, che permettono di gonfiarsi. Quando ho scoperto che le serie finanziarie sono spesso caratterizzabili come una successione di Fibonacci per cui, nonostante  un andamento sempre piuttosto frastagliato, un calo di 2/3 della fase crescente è indicatore di un’inversione di tendenza. Ovviamente si tratta di una semplificazione estrema: le serie sono tanto più complesse quanto più le si analizza da vicino (per gli interessati alle tecnicalità vedi Teoria delle Onde di Elliot,  1, 2, 3).

In sostanza sulla fisarmonica della grande finanza internazionale salta un Grillo di Fibonacci, che – imprevedibilmente – cambia strada e butta giù la serie su cui tutti scommettevano fino a pochi istanti prima…

3 – Lo scolpitore degli input – Sigma σ

Primary wealth is from the earth.
Secondary wealth is primary wealth converted into things.
Tertiary wealth is the money value we attach to primary and secondary
For a farmer, say, land is primary – a tractor or barn is secondary – equity in the property is tertiary.
Tim Morgan 2015

In un articolo recente L’energia del capitale ho tentato di dimostrare come energia (E) e capitale (K) siano input complementari nella produzione aggregata di vari paesi OCSE: considerando il settore manifatturiero, per rappresentare l’economia reale e il capitale fisico (non finanziario), i risultati econometrici rivelano che al diminuire dell’energia cala anche il capitale. E’ un risultato “scomodo” perché indica una rigidità e fragilità del sistema economico-produttivo alle variazioni del costo dell’energia che, negli ultimi anni, ha mostrato una fortissima volatilità (vedi Introduzione).

σ – l’elasticità di sostituzione – è un vecchissimo concetto economico degli anni 30 del XX secolo, originariamente utilizzato per misurare la sostituibilità tra due beni nella funzione di utilità del consumatore è stato trasporto alla produzione per caratterizzare il rapporto tra capitale e lavoro con funzioni di produzione del tipo Cobb-Douglas. Includendo altri input essenziali, come l’energia e le materie prime, ed utilizzando per le stime funzioni di produzione più flessibili, quali la translog,  si definisce una struttura dell’output più scolpita agli angoli: la collina della produzione sale si un crinale stretto determinato da σ. Questo ha tolto molto ottimismo a generazioni di economisti che per decenni hanno professato il mantra “se i prezzi aumentano basta sostituire il fattore che diventa raro!”

01_KE_convex

In un’economia che dipende dall’energia a buon mercato ritroviamo Prometeo: come lui siamo incatenati al fuoco dell’inefficiente motore a scoppio, dall’inefficienza termodinamica e dall’inerzia di una ruota di gomma su asfalto rugoso; strade con buche, aria fetida e soprattutto congestione delle città e tempo perso. Un’economia che per “andare” ha bisogno di sottopagare il padroncino col suo camion non revisionato, per portare acqua minerale in bottiglia! Prodotti inutili, fabbricati lontano che subito riempiono discariche…

Per questa economia serve energia a buon mercato, uno Stato poco controllore, cementifici illegali, appalti oscuri e varianti in corso d’opera, sindacati deboli e…immigrati! Tanta schiavitù non dichiarata per far andare avanti agricoltura, merci illegali, baby-sitter e badanti, fino alla legalità di un turno da 8 ore in fabbrica a 1200€ senza congedo retribuito. Tutto tenuto insieme da tanta TV e apparati che mantengono l’ordine. In un disagio crescente. Prometeo è stanco perché l’EROEI è sceso, il Minotauro invece è scatenato…

4 – Altri draghi

Il drago può rappresentare la dimensione delle reti di comunicazione: scie, percorsi e scambi; è la luce, gli elettroni di internet o anche l’elettricità. Ma esiste anche un Drago di Ferro: la ferrovia su cui viaggiano treni, tram, funivie ecc. Alimentata con elettricità questa “opzione” si muove leggera nelle città, attraversa le campagne senza un impatto inquinante sull’ambiente e le persone. Tram e treni riconnettono i territori, le periferie dormitorio ed evitano la vittoria del Drago di Fuoco, l’automobile. Questo drago vuole il catrame per l’asfalto, ruggisce e richiede tanto fuoco dai pozzi, dalle trivelle, dalle guerre! E’ un drago potentissimo come sappiamo, nutrito dal conglomerato finanziario – il Minotauro – ma anche dalle industrie automobilistica, petrolifera, siderurgica, del cemento e del vetro.

Una buona notizia, negli ultimi tempi è riapparso un alleato del Drago di Ferro, il Drago dell’Aria, le biciclette: leggere e veloci, agili e anticapitaliste, le generazioni di urban cyclists stanno lottando per avere i loro spazi e sicurezza di movimento. La crisi ha spingo più dell’ecologia all’uso del moderno velocipede, che come una reale tecnologia progressiva ha prodotto delle innovazioni enormi, rivoluzionarie rispetto alla bici del dopoguerra. Materiali, design e componenti nuove che lo hanno reso un mezzo di trasporto diverso da quando pesanti due ruote da 40 kg potevano assicurare la mobilità in Olanda, Danimarca o in pianura Padana. Anche i continui progressi nel campo delle batterie rendono oggi possibili delle potenti bici elettriche che contribuiscono alla rivoluzione della mobilità leggera e, in potenziale, della logistica urbana: con le cargo bikes o bici a pedalata assistita rendono possibili la piccola distribuzione al commercio e fare la spesa a madri con figli. Nelle grandi città oggi è tecnicamente possibile raggiungere luoghi di lavoro distanti e/o con forti dislivelli senza essere obbligati ad usare mezzi motorizzati. L’alleanza tra bici e treni è fondamentale per svincolare la logistica e il trasporto in generale dalle fonti fossili e dall’industri automobilistica, petrolifera, dell’asfalto e del cemento.

5 – Il Jolly d’acqua e la Scintilla

Nel mondo dell’energia rinnovabile della localizzazione della vita e dell’economia delle fattorie organiche e del trasporto su ferro un ruolo cardine viene svolto da un serbatoio di acqua pura.

(continua)

Riferimenti

The Future of Oil as a Source of Energy, The Emirates Center for Strategic Studies and Research, (pag. 143)

Fai clic per accedere a VAROUFAKIS-the-global-minotaur.pdf

Energy, crisis and the economy
La pagliuzza greca e la trave del sistema monetario
http://www.lavoce.info/archives/35976/adesso-rottamiamo-la-troika/

* Secondo l’economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen (1906-1994) ci sono state (solo) due rivoluzionarie “tecnologie prometeiche”, il fuoco ed il motore a combustione, perche hanno fornito al genere umano, rispettivamente, energia termica e meccanica. Ora, Georgescu-Roegen ha avuto il grande merito di ricondurre la teoria economica alle sue basi fisiche dettate, pragmaticamente, dal consumo di energia e materia che essa comporta. Ha svelato il lato “oscuro” del processo economico, ma ha anche gettato le basi per un nuovo metodo di analisi con il modello fondi-flussi, oggi sviluppato come metodo MuSIASEM presso l’Università Autonoma di Barcellona.

Rail vs. Roads (in english)

A note on Degrowth

10 Agosto 2012 1 commento

Photo | Landscraper

[…] the essence of development consists of the organizational and flexible power to create new processes rather than the power to produce commodities by materially crystallized plants.
N. Georgescu-Roegen 1971, p. 275

1 The degrowth debate

There is a vivid, on-going debate about “what degrowth is” in the scientific literature. The researchers involved having very diverse background, e.g. philosophy, political science, economics, ecology, engineering. I try here to highlight both the points in common and the differences, in an interdisciplinary and pragmatic perspective, and – possibly – smoothing the divisions.

On the political side, right and left policymakers are divided about the crisis cure, debating about the degree of fiscal redistribution (income tax, Tobin tax, minimum and maximum wages) and state spending (infrastructures for schools, roads, trains, public water resources). Degrowth perspective lying at the extreme left of the political spectrum. This is – I believe- mainly due to the fact that crisis means unemployment and the degrowth concept and proposal sounds as heresy to the majority of representatives since GDP de-growth is associated with increase in unemployment.

On the academicals side, van den Bergh (2011) and Kallis (2011) recently synthesized the ecological and degrowth economics perspectives respectively. The former detailing the terrain vague of degrowth proponents: GDP, consumption, work-time, radical or physical degrowth? van den Bergh detailed an ontological critique: “GDP degrowth means a blunt instrument of environmental policy which reverses the causality between policy and growth as it is normally understood. Instead of putting a good policy first and then seeing whether degrowth is a consequence, the degrowth strategy is to set the aim of degrowth first and then hope that the environment will come out well” (van den Bergh, 2011, p. 882). Instead, he proposes “a-growth” as a political strategy based on beyond-GDP indicators, international climate agreement, different work-time norms, advertisement regulations, sustainability school programs and technological specific incentive policies.

Kallis’ defense of degrowth hypothesis (Kallis 2011, 2012) starts by widening the definition: “It is an umbrella keyword, a multifaceted framework that gives purpose and connects different policies and citizen initiatives. And it is a concept that builds on a deep and long philosophical, cultural, anthropological and institutional critique of the notions of growth and development..” (Kallis 2011, p. 874). He specifies then: “Sustainable degrowth can be defined form a ecological-economic perspective as a socially sustainable and equitable reduction (and eventually stabilization) of society’s throughput” (ibid.). Throughput  meaning materials and energy, whose reduction implies GDP reduction because of the dependence of economic growth on non renewable energy and materials (decoupling and efficiency are illusionary)1.

The pessimistic view of the degrowth movement about the possibilities offered by technological progress to allow growth with less resources (decoupling) is shared by the societal metabolism proponents (Sorman and Giampietro 2012, Giampietro et al. 2011). They defy the Environmental Kuznets Curve (EKC) and decoupling hypothesis using a multi-scale analysis (MuSIASEM) detailing energy, people (measured in hours) and money at the economic subsector level. Their analysis denies the possibility of reduced exhaustible resource dependence, showing instead how it is the externalization of “heavy” (in energy and materials) production in emerging economies (e.g.  BRICS) which explains the reduced energy, pollution and waste in modern, service-based economies.

A major disagreement between societal metabolism and ecological economics supporters with Kallis (and the degrowth partisans in general) concerns the (shorter) working time as part of the economic downsizing. Sorman and Giampietro (2012) explain the societal metabolism approach to analyze the present crisis: high unemployment and low wages in a world dealing with less energy and materials might well lead the way to labour intensive products and this is likely to equal more working hours as the diminishing high capital productivity will have to be compensated by increasing low productivity labour. Sorman and Giampietro (2012) use MuSIASEM (Giampietro and Mayumi 2000a, b) to show how the service and government (S&G or “dissipative”) sector employs the majority of people and does not produce neither energy, products or food, but services. On the other hand it belongs to the energy and mining (EM), agricultural (AG) and building and manufacturing (BM) productive (or “hypercyclic”) sectors to “feed” the rest of society. This “hypercyclic” sector is characterized by very little employment and huge capital and energy resources, thus a reduction of available energy will hit badly both “hypercyclic” and (fragile) “dissipative” societal sector. Also a low output/input renewable energy resource – to substitute high output/input fossils – will not change the course of things. No smooth transition is in sight according to the societal metabolic researchers.

2 An intuitive rationale of the economic process

I propose here a schematic representation of the economic process, centered on supply and demand, to highlight the field of intervention.

On the supply side. The entrepreneur theory postulate he maximizes profit, in reality he tries to maximize output, expanding the firm, increasing the capital etc. In search of economies of scale. With respect to neoclassical economic theory, firms are not atomistic, rather giants with sophisticated financial architecture.

Modern superstructure. The quantity-maximized products are first structured by the marketing departments, then advertized by the pervasive media world, which creates an fast-changing collective imaginary of ever-increasing consumption ambitions. Magazines, TV and internet keep feeding the demand and generating a collective oblivion about both material waste and depletion (double myopia).2

On the demand side. The consumer identifies consumption with happiness, social success and status symbol are no more related to fixed (middle-ages ) classes. Money moves between social strata, but inequality increased greatly also. Income inequality has increased since the ’80 by so-called “supply-side” fiscal policies aimed at reducing the fiscal burden on high income and enterprises.

These policies (“reaganomics” or “thatcherism”, inspired by Milton Friedman word-wide influence) have meant important gains for few riches and reduced income for the State. A fiscal deficit often compensated with cuts on schools, hospitals, infrastructures and other public services. Moreover, this extra gain very seldom is directed to productive investment, but rather goes to more financial investments to feed the international paper-economy (local impoverishment).

The markets globalization and concentration (fall of Eastern Europe, WTO agreements) has been helped in the past 20 years by the diffusion of information and communication technology. Companies have merged, rationalized their production in function of resources, energy, labour costs and fiscal opportunities. This was possible thanks to cheap fossil energy: cheap energy = more energy = more capital = more production (see below). This process went together with less labour and low wages, because of (accounted) low labour productivity in highly-capitalized firms.

On the other hand, the expansion of credit, motivated by new financial products vehiculated via electronic, instant trading, resulted in a continuous bet on growth, generating an ever-increasing debt. Virtual money (financial products value) is estimated to be 1000 times world GDP.

The end of easy, abundant energy broke the circle: 100$/barrel oil is the missing link between 1) the inner fragility of the financial bet; 2) the minimum margins of the producers and 3) the lowered purchasing power of impoverished consumers. This – I believe – explains the crisis.

It is this (unknown?) feature of the capitalistic economic process which clashes with sustainable (be it stable or reduced) throughput. A clear example is offered by public utilities dealing with electricity, gas, water or waste: should they try to “sell more”? Clearly not.

To help solving this, energy and material statistical accounting (OECD 2008a, b) is a crucial issue (and needs  public investment in statistical offices) in order to enable the evaluation of the effective sustainability of societies in the close future. Nevertheless, at the core of capitalistic process there are:

  • The rational output maximization attitude of the firm
  • The emotional eros3 for new, more and more expensive4 goods of the consumer

Both mechanisms create a continuous demand for energy and materials. In standard economic analysis,  this phenomenon is known energy (and materials) complementarity with GDP (Daly 1997). To keep the standard production function representation for a while, we can mention that the flexibility of the economic process with respect to energy price and quantity shock relates to the elasticity of substitution between inputs.

It is a long debate going back to early economic history (Allen 1938, Berndt and Wood 1975, Blackorby and Russell 1989, Frondel and Schmidt 2004, Koetse et al. 2008) recently being investigated by Fiorito and van den Bergh (under review), whose results show how energy and capital are not good substitutes, but rather complementary, even in periods of cheap, abundant energy.

Moreover, the now huge influence of the financial sector on the real economy explains the ever increasing pressure of financial over the manufacturing  sector (Gallino 2011). This translates into more sales for “Main street”. Firms need exponential sales…to survive!

Mayumi and Tanikawa (2012: 20) synthesized well an integrated view of the economic process:

According to Georgescu-Roegen the economic process does not produce goods and services, but it produces a reproducible system, via the establishment of an integrated process of production and consumption of goods and services. When dealing with the analysis of the economic sectors – those producing added value – they not only produce goods and services, but also produce those processes required to produce and consume goods and services. When considering the whole socioeconomic system, it is the integrated action of the productive economic sector and the sector of final consumption which has to be considered. Using Georgescu-Roegen’s terminology, the economic process has the goal of reproducing and expanding the various fund elements defined simultaneously across different levels and scales, by using disposable flows. Following Georgescu-Roegen, we can conclude that an economy not only produces goods and services, but more importantly produces the processes required for producing and consuming goods and services“.

3 A feasible recipe?

In the last years, the historical need for social justice and equity between people (classes, in Marxist sense) has evolved into the domain of ecological sustainability, the environmental dimension having primed on the mere economic/monetary one. The commodity/food (2007), energy (2008), financial (2008 to present) and economic (2009 to present) crisis have shifted the sustainability concept from the political/ecological to the moral/psychological domain. In bullet points there is a wide understanding of the general public about:

  • both global warming and resource scarcity;
  • nature’s “economic” limits (energy/resource supply and emissions/wastes sink capacity);
  • finance’s eternal bet on exponential growth (“Ponzi” economics, Giampietro et al. 2011);
  • national and international inequalities rise (99%, indignados and occupy movements);
  • the consequences of the 4 points above in everyone’s wallet:

All this – I believe – have brought ethical and ecological to become synonyms in the collective consciousness.

On a political side, stabilizing the (exponential growth) influence of finance toward real economy goes along with some fiscal actions shifting the burden form labour to capital. Namely,

  • Tobin tax on financial (short term) transactions;
  • strict derivatives regulation (e.g. no derivatives on commodities, like in India, Credit Default Swap regulation);
  • re-establishment of the separation between traditional and investment banks (e.g. Glass-Steagall Act);
  • fiscal gains for strictly/serious green investment funds.

On the demand side, the specific reduction in income inequality is the basis for a socio-political change toward sustainability, because only dismantling money fetishism it is possible to stop low-life, high energy/material intensity products.

To reduce both inequality and (myopic) consumeristic attitude it is natural to envisage:

  • minimum and maximum wages rules
  • job guarantee program (continuous training for the unemployed)
  • progressive income tax
  • public and non-motorized transport infrastructure (trains, trams, cycling lanes)
  • woods, rivers and material waste integrated restoration process

Setting the basis for a different homo at the political level is necessary to stimulate non-monetary, solidarity, cultural restoration activity. Such a path will only be economically profitable in the long term, but in the short run can gratify many, reducing distress and crime. In fact the necessary degrowth everybody agrees means less monetary activity not less work, which, important to say will be necessary anyway. An example is food: the transition to low fossil energy and material society implies a population flow to the land where small scale, local, organic agriculture will be the norm. In this sense the emancipation from the land was really temporary (Mayumi 1991).


References

Berndt, E.R. and Wood, D. O. (1975), Technology, Prices, and the Derived Demand for Energy, The Review of Economics and Statistics, Vol. 57, 259-268
Blackorby, C. and Russell, R.R. (1989), Will the Real Elasticity of Substitution Please Stand Up? (A Comparison of the Allen/Uzawa and Morishima Elasticities), The American Economic Review, 79, 882-888
Daly, H. (1997), Georgescu-Roegen versus Solow/Stiglitz, Ecological Economics 22, 261-266
Fiorito, G., van den Bergh, J.C.J.M. (under review), Capital-Energy substitution for Climate and Oil Peak: An International Comparison Using the EU-KLEMS Database, http://www.locchiodiromolo.it/blog/wp-content/uploads/2012/03/Fiorito-KE-substitution-for-Climate-Oil-Peak.pdf
Fiorito, G. (under review), Can we use the energy intensity indicator to study “decoupling” and “dematerialization” in modern economies?, Journal of Cleaner Production, http://www.locchiodiromolo.it/blog/wp-content/uploads/2012/08/Can_we_use_EI.pdf
Frondel, M., Schmidt, C.M. (2004), Facing the truth about separability nothing works without energy, Ecological Economics 51, 217-223
Gallino, L. (2011), Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, Einaudi
Georgescu-Roegen, N. (1971), The entropy law and the economic process. Harvard University Press
Giampietro, M., Mayumi, K. (2000a), Multiple-scale integrated assessment of societal metabolism: introducing the approach. Population and Environment 22 (2), 109-153.
Giampietro, M., Mayumi, K. (2000b), Multiple-scale integrated assessments of societal metabolism: integrating biophysical and economic representations across scales. Population and Environment 22 (2), 155-210
Kallis, G. (2011), In defence of Degrowth, Ecological Economics 70, 873–880
Kallis, G. (2012), Societal metabolism, working hours and degrowth A comment on Sorman and Giampietro, Journal of Cleaner Production, DOI: 10.1016/j.jclepro.2012.06.015
Koetse, M.J., De Groot, H.L.F., Florax, R. (2008), Capital-energy substitution and shifts in factor demand: A meta-analysis, Energy Economics 30, 2236–2251
Mayumi, K. (1991), Temporary emancipation from land: from the industrial revolution to the present time, Ecological Economics 4, 35-56
Mayumi, K. and Tanikawa, H. (2012), Going beyond energy accounting for sustainability: Energy, fund elements and the economic process, Energy 37, 18-26
OECD (2008a), Measuring Material Flows And Resource Productivity, Volume II, The Accounting Framework
OECD (2008b), Measuring Material Flows And Resource Productivity, Volume III, Inventory of Country Activities
Sorman, A., Giampietro, M. (2012), The energetic metabolism of societies and the degrowth paradigm:
analyzing biophysical constraints and realities, Journal of Cleaner Production, DOI:10.1016/j.jclepro.2011.11.059
van den Bergh, J.C.J.M. (2011), Environment versus growth — A criticism of “degrowth” and a plea for “a-growth”, Ecological Economics 70, 881–890


1. Energy intensity as a white noise indicator implying energy-GDP correlation is investigated in Fiorito (under review).

2. In the information society not only advertisement, but also economic transparency increased significantly, leading the basis for informed consumer and universal workers rights (“where” added-value goes).

3. In the original Greek meaning of “tension toward”.

4. Expensive often equals intensive in Energy and materials.

L’errore del comunismo

12 Maggio 2012 Nessun commento

Foto | Adele Oliver

Credo l’errore principale del comunismo sia stato l’aver creato una società di servizi, mentre la giustizia sociale doveva essere applicata ad agricoltura e industria. Nello specifico, oggi, si considererebbe agricoltura biologica/organica, piccolo artigianato di alto valore e l’industria specializzata.

Invece nel XX secolo una enorme burocrazia auto referenziale e corrotta serviva a (mal) amministrare una società che doveva basarsi sull’eguaglianza, ma dove l’operaio e l’agricoltore erano sorridenti solo sui poster di partito. Non zappi e non innovi per gli altri. Lo fai, con merito, per successo personale. La motivazione naturale è il bisogno di assicurare un futuro alla propria famiglia. E’ biologico istinto di sopravvivenza; salvaguardia della specie.

Nello stato stazionario del socialismo, l’invidia e il privilegio erano il ripiego per le ambizioni e le intellligenze schiacciate nel nome di un egualitarismo ingrigito da raccomandazioni e spiate.

Da un punto di vista bioeconomico il sistema pianificato tendeva, ufficialmente, ad una crescita industriale e, praticamente, dal punto di vista psicologico (eros) ad una ipertrofia del terziario: il posto in ufficio.

Questo errore, nell’estetica di Elèmire Zolla, si declina come una sostituzione dei cicli naturali con la progressione lineare, “un moto inesistente in natura e immaginario nela storia“, permettendo di identificare un meraviglioso parallelo tra il conoscitore di segreti e Nicholas Georgescu-Roegen, nell’antitesi tra meccanica e dialettica.

Leggiamo Zolla:

Se la lava sostituisce l’albero e l’uomo, l’unica alternativa è fra stasi mortuaria e quel tipo di rottura, fermento, rovesciamento che oggi si chiama “novità”, e si ama accogliere come uno stimolante “contributo alla ricerca”, sebbene si ignori alla “ricerca di che cosa”, forse del ritorno in quelle viscere della terra donde eruttavano – affermava Platone – fetidi fiumi di metallo in fiamme?

Più non si parla di crescita ciclica, norma d’ogni naturale trasformazione delle forme artistiche bensì di attualità, progresso ed evoluzione lineare, che è un moto, inesistente in natura e immaginario nella storia. Ugualmente le materie predilette cesseranno presto di essere la pietra e il legno, il respiro non sarà più il metro del verso poetico e i ritmi in genere non coincideranno con quelli fisiologici, come accade in natura per la crescita di cristalli e piante. Si useranno materie sinistre come il ferro o l’acciaio legati simbolicamente alla morte e incapaci di cementare tra loro i mattoni composti di terra e fuoco. La pura coesività verrà presentata come un valore in sé e bitumi e altre materie maledette formeranno asfalti.

L’aria sarà sulfurea nelle città rette dal disordine o da una simmetrica meccanica, nota in antico come un tipico connotato demoniaco. Le opere che andranno a decorare questo agglomerato non potranno che essere oggetti destinati a deridere e confondere il ricordo di ornamenti ispirati al ramo, alla foglia, alle curve del corpo. Ci volesse dar voce ai simboli della modernità urbana: dalle lamiere contorte alle superfici bucherellate, udrebbe appunto la risata satanica che irride alla bellezza rimossa.

C’è stata una falsa possibilità di sottrarsi alla tirannide del nuovo e del moderno, dell’arte vulcanica; dalla caduta dell’avanguardismo bolscevico in Russia, fino ad oggi è stata anzi incoraggiata un’arte tradizionale. Non erano soltanto i gusti reazionari di Marx ed Engels a riflettersi nello Stato sovietico, ma la stessa teoria marxista che echeggiava l’antica estetica organica: il prodotto è davvero umano solo nel caso in cui l’uomo non “produca parzialmente”, come gli animali collettivistici: “L’animale produce se stesso, mentre l’uomo riproduce l’intera natura…l’uomo sa conferire all’oggetto la misura inerente, dunque l’uomo forme ance secondo le leggi della bellezza” (Marx, Opere filsofiche giovanili, Editori Riuniti, Roma 1950).

Elèmire Zolla, Radicare la bellezza al di là della bellezza, in Gli arcani del potere, pagg. 47-48, BUR alta fedeltà

Broccoli di neve

19 Febbraio 2012 Nessun commento

Non c’era internet? E chi se ne frega.

…eravamo immersi in un mondo poco illuminato, che confermava in negativo il teorema di Illich, profeta della decrescita. Quello per cui l’eccesso di energia abbassa il livello di comunicazione fra gli uomini, frastornandoli di luce, rumore e spostamenti inutili.

Paolo Rumiz, La Repubblica 20 febbraio 2012

Bianca in vita sua non aveva mai tirato il collo a una gallina…

Approfondimenti | Ivan Illich, Per una storia dei bisogni

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Non l’1 ma lo 0,15 per cento

12 Gennaio 2012 Nessun commento

Una ragione irritabile è una ragione tenera e debole. Perciò moralisti e osservatori valgono spesso tanto poco come persone pratiche. Novalis fr. 503.
Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno l’invoca, la primavera l’invidia e tenta puerilmente di guastarla. Flaiano, Diario degli errori [57]

ecco perche…

I costi umani della crisi

La crisi economica apertasi nel 2007 ha avuto come causa primaria i mutamenti dei rapporti di potere politico-economico che dali anni ’80 in poi hanno facilitato l’ascesa della finanziarizzazione, la deregolazione dei movimenti di capitale e l’affermazione di altri aspetti dell’ortodossia neoliberale: mutamenti rilevati perfino dall’Onu.

Concause di notevole peso sono state la irresponsabilità sociale, l’incompetenza e l’avidità di una parte significativa degli alti dirigenti di società finanziarie e non finanziarie, dei grandi proprietari, dei gestori a capo di fondi e patrimoni; personaggi che all’epoca del finanzcapitalismo governano di fatto l’economia e la politica del mondo. In totale si tratta di appena una decina di milioni di individui.

Al di là dellle loro intenzioni o dei loro convincimenti etici, mediante le loro strategie finanziarie questi pochi milioni di individui hanno inflitto e continueranno a infliggere per lungo tempo rilevanti costi umani a miliardi di altri. Nella posizione che occupano, sarebbe arduo per loro agire diversamente: come premia a dismisura chi vi si conforma, così la logica endogena [“endologica”, NdR] del finanzcapitalismo punisce severamente le azioni devianti.

Resta il fatto che meno dello 0,15 per cento della popolazione mondiale appare essere nella condizione di infliggere a gran parte del 99,85 per cento restante i costi che qui sotto si riassumono: non è questo l’ultimo dei motivi per asserire che la civiltà-mondo reca in sé profondi segni di degrado.

Luciano Gallino, Finanzcapitalismo, Einaudi p. 107

Approfondimenti | Global corporate power

Intervista a Luciano Gallino su Sbilanciamoci

Statistiche inutili: l’intensità energetica

10 Ottobre 2011 2 commenti

Niente foto bucoliche qui.

Ecco la lista dei paesi secondo l’intensità energetica nel 2003 (da Wikipedia).

Unità: tonnellate equivalenti petrolio (TOE) per milioni di PIL di dollari reali del 2000 [TOE/$]

Fonte: World Resources Institute

Vediamo il Gruppo 1, compreso entro 90-140, che va dal Peru ad Israele.

E’ impressionante notare che Botswana, Sri Lanka, Svizzera, Italia e Tunisia sono tutti paesi con un’intensità energetica di 120 TOE/$.

Prosegui la lettura…

…o la decrescita della difesa?

28 Luglio 2011 Nessun commento

La calma è la vigliaccheria dell’anima. Lev Tolstoj

Quando hai paura di qualcosa, cerca di prenderne le misure e ti accorgerai che è poca cosa. Luciano De Crescenzo

Foto | Wattletree

Il titolo, che allude al post precedente, è provocatorio, ma sicuramente corrisponde ad una ambizione rivoluzionaria: diminuire le armi e la loro produzione, acquisto e diffusione tra lapopolazione, in armonia col primo punto del Programma Bioeconomico Minimale proposto da Georgescu-Roegen 30 anni fa.

Non si tratta solo di progreessivamente diminuire la spesa per la difesa, ma anche di velocemente togliere le armi da fuoco dalle case, lasciando – ovviamente – la dotazione alle forze di sicurezza.

Prosegui la lettura…

In difesa della decrescita

28 Aprile 2011 Nessun commento

Foto | Zbigniew Galucki

Iniziamo con dei brani tratti dagli ultimi numeri di Ecological Economics.

(Kallis – In defence of degrowth 2011)

[…] il problema non è la psicologia individuale degli “avari capitalisti”, ma un sistema che strutturalmente richiede un comportamento avido. La crescita non è una opzione, ma un imperativo derivante dalle istituzioni di base, cui l’uso della proprietà privata è collaterale, il debito, i tassi d’interesse e il credito e la competizione “vivi o muori” delle aziende per il profitto e le quote di mercato (le aziende che mirassero allo “stato stazionario” nei profitti sarebbero eliminate dal mercato dalla concorrenza).

Prosegui la lettura…

Petrolio vs. PIL

23 Febbraio 2011 Nessun commento

Un post con tante immagini, per rispondere a LA domanda: quanto dipendiamo dal petrolio?

Dipende dalla correlazione tra ricchezza prodotta e consumi di petrolio.

Di seguito, i grafici con la correlazione tra la variazione del PIL reale (di anno in anno, “Y-o-Y”) e la variazione dei consumi di petrolio in tonnellate. I dati sono tratti, rispettivamente, da ONU e BP.

Gli USA

L’Italia

Il mondo

La Francia

La Germania

La Spagna

Il Regno Unito

mentre l’India

il Brasile

ed, infine, la Cina

Global growth of primary energy consumption has corresponded fairly closely to the expansion of the world’s economic product: During the twentieth century a roughly 17-fold expansion of annual commercial energy use (from about 22 to approximately 380 EJ) produced a 16-fold increase of annual economic output, from about $2 to $32 trillion in constant 1990 dollars (Maddison, 1995; World Bank, 2001). Vaclav Smil, Energy Transitions.

Il crollo delle città (e la rinascita possibile)

20 Ottobre 2010 Nessun commento

Foto | Flavio Petrini

Finalmente e riflettendo la realtà Ecosistema urbano abbassa le grandi città nel ranking di sostenibilità (vedi Repubblica ed Ecoblog). La tabella presenta i crolli di Roma (-13 posizioni), Milano (-17), Palermo (-11). Prima grande è Genova, 32a, che scende di 10 posizioni.

Conoscendo le variabili che determinano la sostenibilità (PM-10, Acqua potabile, Perdite rete idrica, Capacità di depurazione, Produzione di rifiuti, Raccolta differenziata, Trasporto pubblico, Tasso di motorizzazione, Isole pedonali, Zone a traffico limitato, Piste ciclabili, Verde urbano, Consumi di carburanti, Consumi elettrici domestici, Politiche energetiche), chi negherebbe che le grandi città italiane sono dei mostri ambientali.

Prosegui la lettura…

Aggiornamento del Best of

11 Giugno 2010 Nessun commento


Foto | Bob Boles

Nessuna democrazia dotata di libera stampa ha mai sofferto una carestia. Amartya Sen (da L’Unità di oggi)

Salve,

per chi fosse interessato, ho aggiornato la pagina del BEST OF..

Buon WE

Categorie:bioeconomia Tag:

La cacca delle balene fa bene al mare e all’effetto serra

26 Aprile 2010 Nessun commento

Dei ricercatori australiani hanno scoperto che le deiezioni delle balene, ricche di ferro (presente nel krill ingurgitato), aiutano a fertilizzare il mare. Gli escrementi delle balene fanno crescere le piante degli oceani che assorbono l’anidride carbonica.

Il fatto è che un terzo degli oceani contengono poco ferro e la cacca delle balene ne è ricca; spargendola “bene” non solo si migliorerebbe la vita marina, ma anche la capacità degli oceani di assorbire la CO2.

Lunga vita alle balene!

Via | Ecogeek

PS Vedi anche Come costruirsi casa con poca energia grigia