Archivio

Posts Tagged ‘petrolio’

Petrolio 2009

as-farpas-e-a-mao

Ho raccolto alcune riflessioni in un pdf.

Petrolio 2009

Immagine | Marcel Caram

Categorie:base Tag: , , ,

Din don! Buon natale: – 2 milioni di barili

16 Dicembre 2008 Nessun commento

sc

Dec. 15 (Bloomberg) — OPEC should make a “sizable” cut in oil production at this week’s meeting because there are excess global stockpiles, OPEC Secretary-General Abdalla el- Badri said. The group expects Russia to help.

Sizeable = 2 milioni di barili di petrolio al giorno.

Categorie:petrolio Tag: ,

L’intervista di George Monbiot a Fatih Birol (chief-economist IEA)

15 Dicembre 2008 Nessun commento

comingstorm

Ecco la video intervista di George Monbiot del Guardian a Faith Bairol capo economista dell’IEA, ovvero

Perché il WEO 2008 non dice che, con un declino dei pozzi al 6,7%/anno (invece del 3,7 del WEO 2007) e con i limiti alle emissioni del protocollo di Kyoto già ampiamente sforati, serve davvero una rivoluzione energetica rinnovabile?

Ne avevamo parlato qui, qui, qui, qui e qui.

Foto | Veronique Soulier

Aggiornamento

VIDEO Presentazione di Fatih Birol al Council on Foreign relations, a proposito del WEO 2008, da The Oil Drum.

Categorie:base Tag: , , ,

Energia a colori

12 Novembre 2008 3 commenti

Ecco dunque un po di grafici dalle Previsioni Mondiali dell’Energia 2008 (anche quì).

La produzione passata secondo l’età dei giacimenti

Produzione mondiale per età dei giacimenti

La produzione futura dei diversi tipi di petrolio e gas nello scenario di riferimento
Produzione futura per tipologia di prodotto

I tassi di declino della produzione per regione

Tassi di declino per regione

I prezzi nominali e reali

Prezzi nominali e reali

Quousque tandem il barile a 55$?

Categorie:petrolio Tag: , ,

Ossimori Magni: un Kuwait l’anno e 50$/barile

12 Novembre 2008 Nessun commento

Bloomberg_prices_121108_1045am

WEO 2008: il mondo deve trovare 64 milioni di barili al giorno (23.300 miliardi di barili/anno) di petrolio entro 2030, equivalente alla produzione del Kuwait ogni anno, per far fronte sia al previsto aumento della domanda che al declino dei giacimenti attuali.

L’Agenzia Mondiale dell’Energia prevede un aumento dell’1 per cento l’anno da quì al 2030, mentre il declino dei pozzi attuali accelererà dal 6.7 per cento al 8.6 per cento. Occorre un investimento “rapido ed adeguato” nella produzione petrolifera affinché l’offerta sia sufficiente. Questo dirà oggi l’IEA nella presentazione del World Energy Outlook 2008 a Parigi.

“Rimane il rischio reale che investimenti insufficienti causino una crisi dell’offerta petrolifera entro il 2015, mentre accelera il declino di produzione dei giacimenti maturi” dice l’IEA, che aggiunge: “La forbice fra ciò che si sta costruendo oggi ed il minimo necessario per stare al passo con la domanda si sta allargando, i problemi arriveranno dal 2010 in poi”.

RIPETO: 64 milioni di barili al giorno sono necessari per mantenere l’offerta, rimpiazzando i pozzi che si svuotano.

Categorie:petrolio Tag: , , ,

Indovinello: gli attici

7 Novembre 2008 2 commenti

lines

Foto | Archanjel

Indovinello

100 anni fa gli attici non erano il piano più ambito nei palazzi, non solo perché non c’erano gli ascensori. Qual’è l’altro motivo?

In un futuro prossimo, andremo di più in bicicletta e cammineremo di più, useremo il trasporto pubblico, ridurremo le vacanze all’altro capo del mondo ed il nostro trasporto sarà alimentato dai biocombustibili sostenibili e dall’elettricità. Il settore dei trasporti sta cambiando davanti ai nostri occhi e dimostra l’opportunità per ridurre la domanda di energia e cambiare l’offerta, se ci proviamo. Per esempio, le aziende automobilistiche stanno scommettendo sull’elettricità istallando le stazioni di ricarica in Israele e Giappone, mentre il trasporto pubblico sta aumentando la capacità per far fronte alla crescente domanda. Peakoil Taskforce (Autori di The Oil Crunch).

The Oil Crunch, mette ben in chiaro che il problema non è il riscaldamento globale, ma l’esaurimento delle risorse. Tutto l’amba aradan sul contenimento delle emissioni con meccanismi di mercato hanno prodotto il crollo dei certificati di emissioni (il prezzo di emettere), mentre si investono fior di miliardi per la ricerca sullo stoccaggio della CO2…

Partendo dalla prospettiva dell’esaurimento, si valuta con la giusta cautela il petrolio restante e cambia completamente l’agenda ed il ruolo dei governi nei confronti dei petrolieri, dell’industria automobilistica e dell’energia.

Mettere il picco del petrolio davanti al riscaldamento globale potrebbe divenire un marchio di fabbrica, distintivo dell’approccio bioeconomico ai problemi del prossimo futuro.

  • Risposta indovinello: Perché c’erano i camini.

Quale prezzo?

17 Ottobre 2008 Nessun commento

L'unico barile salvatore

Il barile della salvezza, da Fotocommunity

  • Il Presidente dell’OPEC dice: il prezzo “ideale” è 70-90 dollari al Barile, Bloomberg;
  • Un portavoce del Ministro del petrolio Iracheno dichiara che 100 $/b è un prezzo ragionevole, CNN ;
  • Il Ministro del Petrolio del Qatar, Abdullah al-Attiyah, dichiara che al meeting del si taglierà la produzione di 1 milione di barili al giorno, Bloomberg;
  • Dall’Equador: l’OPEC dovrebbe diminuire la produzione al prossimo meeting, in conseguenza del crollo della domanda, Reuters;
Categorie:base Tag: ,

PD e petrolio

18 Settembre 2008 2 commenti

La riunione settimanale del governo ombra è convocata oggi, giovedì 18
settembre alle ore 11.00, presso la sede del Pd in via sant’Andrea delle
Fratte 16.

Tra i temi all’ordine del giorno della discussione la presentazione del disegno di legge sulla rottamazione del petrolio e le misure per l’incentivazione del trasporto pubblico locale.

Al termine della riunione dell’esecutivo, prevista per le 13.00, si terrà una conferenza stampa alla quale prenderanno parte il vice segretario del Pd Dario Franceschini e i ministri competenti.

Vedi anche: Rottamiamo il petrolio su Ecowiki.

Categorie:politica Tag: ,

Alcuni autogol e 3 reti

12 Settembre 2008 Nessun commento

L’informazione

La prima è che ieri è stato il giorno della svolta: l’Opec ha deciso a sorpresa di tagliare i “soliti” 500.000 baril al giorno. Non si è capito chi li taglierà, l’Arabia è in difficoltà a mantenere la promessa di prezzo stabilie. Ad Ovest, Venezuela e Bolivia sono ai ferri corti con gli USA, Ike si avvicina, Lehmann Bros. alla frutta, si fossero speculati addosso?

L’Italia

Da noi, cicale nazionaliste, niente: tutti in auto, tutto su camion, le discariche nuove, le scuole vecchie, il Pil Italiano allo 0%…calcio, nani, ballerine e telefonini. Le barzellette di Silvio..

Che fico!

Mi resta solo la bicicletta per fare la rivoluzione, stando anche attento a dove passo, che oramai il ciclista è di sinistra e la manovalanza-nostalgica vigila…

Back to oil…

Di solito il petrolio scende con le elezioni presidenziali. Secondo me, con l’uscita del WEO dell’IEA di novembre, che fornirà nuove e (nelle intenzioni) più accurate stime delle riserve mondiali, rileggeremo la newsletter di Agosto di Colin Campbell (ASPO Irlanda) con rinnovato interesse. Ridendo alle previsioni del ritorno del chap oil (sotto gli 80 $/bbl). Secondo me..

Intanto Richard Heinberg, in The Dress rehersal is over, ricordando che:

  • 100$/bbl è il 30% in più del prezzo medio del 2007;
  • 100$/bbl è 10 volte il prezzo di 10 anni fa;

Prevede che alla prossima crisi dell’offerta (“supply crunch”), vedremo il barile a 200, 250 o 300$ e poi, con l’inevitabile recessione, scendere a 150$/barile. Una bella sinusoide che aumenta…l’instabilità. Poi si parla di “sicurezza..puah!

Guardiamo i prezzi:

21anni di oil

e domandiamoci, con qualche calcoletto, quanto ci costa muoverci, mangiare, bere, dormire, scaldarsi. Un esempio di quanto tempo ci costa l’avevo messo quì.

Tutto quello che occorre sapere per capire la crescente fragilità del sistema economico mondiale basato sulla miope cieca fede nell’uso sempre crescente di una risorsa finita.

Ve lo dico io, no! Giorno per giorno…ora, in sintesi, si tratta credere alla politica di 3 reti.

1) Un piano nazionale per la rete ferroviaria che:

  • ripristini tutte le tratte dismesse o ridotte in frequenza, sull’esempio delle SNCF;
  • costruisca nuove ferrovie e colleghi al meglio le stazioni con i centri abitati, prevedendo l’intermodalità treno-bici;

2) Un piano nazionale (coordinamento stato-comuni-regioni) per una rete di tram nelle grandi aree urbane che, con la massima urgenza:

  • incrementi la mobilità di superficie su ferro;
  • garantisca l’accesso alle aree turistiche, produttive, residenziali e commerciali;
  • risponda concretamente alla crescente domanda di mobilità sostenibile, determinata dalla recente espansione urbana.

3) Un piano nazionale per lo sviluppo di una rete ciclabile, urbana ed extra-urbana capillare (coordinamento regioni-comuni-municipi cittadini), che:

  • abbia come obiettivo la mobilità non motorizzata come opzione sia per il tragitto casa lavoro che per il tempo libero;
  • da realizzarsi con la totale intermodalità, garantendo il trasporto biciclette gratuito ovunque sui mezzi pubblici.

Prima la sinistra lo capirà e meglio sarà.

Sui tram vedi anche Avanti c’è posto.

1.000.000.000 di € al giorno

20 Giugno 2008 1 commento

AutoaCuba

E’ l’ammontare della fattura petrolifera europea in conseguenza degli aumenti del prezzo.

Transport & Environment si conferma un’organizzazione che va al cuore dei problemi dei trasporti: quantificando i costi per la collettività di una politica industriale sbagliata delle case automobilistiche, sempre pronte a “dare ai consumatori quello che vogliono” (cioè auto pesanti, potenti, costose, pericolose ed inefficienti) e restie ad aumentare gli standard di emissioni. La colpa va anche ai governi che non trovano l’accordo.

Prosegui la lettura…

Petrolio – Picco dei prezzi o delle quantità?

12 Giugno 2008 Nessun commento

cro

Esistono due scuole di pensiero per spiegare il petrolio a 120 130 dollari al barile. La prima imputa ai mancati investimenti ed alle speculazioni sui mercati l’attuale record del prezzo; la seconda ritiene che non si tratti di limiti tecnico-economici ma fisici, poiché i pozzi “facili” sono in via di esaurimento e l’offerta si sta avviando ad una fase di declino.

A fine aprile 2008 il prezzo del greggio ha raggiunto la soglia dei 120 dollari al barile. Le ripercussioni dei continui rincari del petrolio sull’andamento dell’inflazione e sulla crescita economica sono causa di preoccupazione diffusa, poiché il costo del petrolio incide sui costi di produzione di tutte le merci: direttamente, come materia prima nei processi produttivi e, indirettamente, attraverso il costo dell’elettricità.

Graf01

Negli ultimi anni, si è sviluppata una domanda supplementare di petrolio (Cina, India e Brasile in primis) che “brucia” rapidamente la produzione proveniente da un sistema di raffinerie operante al massimo della capacità. Il mercato del petrolio si trova quindi in una fase di domanda tesa, cui si deve aggiungere il forte apprezzamento dell’euro sul dollaro statunitense. Il rapporto delle monete riflette lo stato dell’economia americana, di cui proprio il petrolio (oltre alla crisi dei mutui) potrebbe rappresentare uno dei fattori determinanti. La produzione statunitense di greggio, infatti, è in calo da anni e molti paesi produttori tendono a contrattare il proprio greggio in una valuta diversa da quella statunitense.

Due visioni contrapposte si fronteggiano per spiegare l’attuale prezzo dell’oro nero: la prima, sostenuta dal mondo delle compagnie petrolifere, dal Governo USA e dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, pone al centro del problema i meccanismi del mercato libero per la formazione del prezzo, spiegando il fenomeno con un mercato che, pur con riserve sufficienti, nell’attuale fase di tight demand è limitato dalla capacità di estrazione e raffinazione. La seconda, che basa la sua analisi sulla fisica e sulla geologia, evidenzia il progressivo esaurimento dei principali giacimenti e si sofferma sulla crescente scarsità di risorse cui i principali paesi industrializzati dovrebbero iniziare a far fronte senza indugio.

Prosegui la lettura…

Il petrolio all’industria e le rinnovabili per le famiglie

12 Giugno 2008 Nessun commento

fallen_season

Con l’energia che diventa scarsa si pone il problema di un uso più razionale. Meglio usarla per produrre, diranno i produttori…Su questo tema è interessante l’intervento del presidente di Iberdrola, che propone una scenario in cui l’energia (e le componenti chimiche) del petrolio vengano riservato all’industria, mentre i consumi del settore residenziale potrebbero essere soddisfatti dalle fonti rinnovabili, accompagnandosi a elettrodomestici ad alta efficienza, isolamento termico, parsmonia eccetera.

Sono abbastanza d’accordo, salvo un punto: la mobilità di persone e merci. Penso che la rete elettrica, alimentata dalle centrali tradizionali, debba servire a sostenere i trasporti elettrici su rotaia. E’ un punto essenziale che lo Stato sostenga il trasporto pubblico in energia ed infrastrutture.

Prosegui la lettura…

I 5 stadi del crollo

Bidoni?

Foto: Kydroon

Nelle News 27 febbraio 08 avevamo menzionato il contributo di Dimitri Orlov “Le cinque fasi del crollo”. Eccone una breve sintesi, che acquisisce pertinenza oggi con il petrolio al doppio di un anno fa…(vedi Bloomberg e Sole24Ore).

Premessa: il crollo si riferisce agli USA, dove il tutto-auto non riesce a trovare soluzione.

Fase 1: Crollo finanziario. La fede nel business as usual è scomparsa. Il futuro non assomiglia più al passato in alcun modo che permetta una valutazione del rischio ed una garanzia per le attività finanziarie. Le istituzioni finanziarie diventano insolventi; il risparmio è bruciato e l’accesso a capitale è perso.

Fase 2: Crollo commerciale. La fede che market shall provide è persa. Il denaro si svaluta e/o diventa scarso, le commodities vengono accumulate, le aziende importatrici ed la grande distribuzione commerciale si smembra, si diffonde una penuria di beni di sussistenza.

Fase 3: Crollo politico. La fede che il governo si prenderà a cura di voi è persa. Poiché i tentativi ufficiali di attenuare la generale mancanza di accesso ai beni di prima necessità non riescono a fare la differenza, le istituzioni politiche perdono di legittimità ed importanza.

Fase 4: Crollo sociale. La fede che la vostra gente prenderà cura di voi è persa. Le istituzioni sociali locali, istituzioni di carità, amministratori comunali o altri gruppi che si affrettano per cercare di colmare il vuoto di potere, sono a corto di risorse o falliscono a causa di conflitti interni.

Fase 5: Crollo culturale. La fede nella bontà del genere umano è persa. La gente perde la capacità di avere bontà, generosità, considerazione, affetto, l’onestà, ospitalità, la pietà, la carità (Turnbull, The Mountain People). Le famiglie si disperdono e competono per le risorse limitate. Il nuovo motto si trasforma in possa tu morire oggi in modo che io muoia domani (Solzhenitsyn, Arcipelago gulag). Possono verificarsi forme di cannibalismo.

Riflessione conclusiva

Per svincolarci dal petrolio servono alternative all’auto, una sono imezzi pubblici: ecco la situazione in casa nostra nell’ultimo Rapporto Asstra.

Un’altra è la bici, ma ecco cosa succede quando le piste ciclabili le decidono i commercianti e gli automobilisti: Addio alla pista ciclabile su viale Marconi (da Roma Pedala).

Aggiornamento

Il rapporto ASSTRA (pag 180): Così è se vi pare – V Rapporto sulla mobilità urbana 2008.

Breve storia di Petroconsultants

Frequentando questo sito si cerca di rimanere aggiornati su alcuni argomenti “scomodi”, quali il picco del petrolio. E’ di particolare interesse la pubblicazione sul sito di ASPO di un breve testo, The first ever oil database, the history of Petroconsultants, che racconta la storia della società Petroconsultants di Ginevra.

Prosegui la lettura…

Malthus incontra Georgescu

MateriePrime

Agli economisti piace affermare che non esistono pasti gratuiti e che ogni cosa deve essere pagata per ciò che vale, in modo che prezzo e valore siano sempre bilanciati. La Legge di Entropia ci insegna che il genere umano sottostà a un comandamento più rigido: in termini entropici, il costo di un pranzo è maggiore del suo prezzo. N. Georgescu-Roegen

Un interessante articolo di Marc Thirlwell dal titolo Malthus ritorna protagonista sul Sole 24Ore di domenica 2 marzo propone delle riflessioni originali sugli aumenti dei prezzi di petrolio e materie prime e le conseguenze sociali oltre che economiche. Evocare Malthus in epoca post-industriale, senza parlare degli avvertimenti lanciati da Nicolas Georgescu-Roegen nei primi anni ’70, che oggi appaiono come vere e proprie profezie, è secondo me, intellettualmente, disonesto.
Ecco alcuni brani dell’articolo:

Febbraio è stato il mese in cui sono tornati d’attualità concetti economici sgradevoli. La settimana scorsa i mercati finanziari hanno provato emozioni da anni 70 di fronte a una combinazione tra crescita dell’inflazione e della disoccupazione negli Stati Uniti. Poi è arrivata la notizia che il Programma alimentare delle Nazioni Unite potrebbe essere costretto a razionare gli aiuti alimentari. […] I fattori trainanti nella cavalcata dei prezzi nel corso dell’anno passato sono stati gli sviluppi dei mercati energetici a livello mondiale.

L’alto prezzo del petrolio ha incoraggiato politiche energetiche focalizzate sui biocombustibili, con generosi stanziamenti di fondi. La produzione ha risposto a questi incentivi : secondo la Banca Mondiale, gli Stati Uniti hanno destinato il 20% della loro produzione di granoturco alla produzione di biocombustibili e l’Unione Europea il 68% della produzione a olii vegetali. A proposito della produzione di bioetanolo dal granoturco, la Banca Mondiale dice:

Rising agricultural crop prices caused by demand for biofuels have come to the forefront in the debate about a potential conflict between food and fuel. The grain required to fill the tank of a sports utility vehicle with ethanol (240 kilograms of maize for 100 liters of ethanol) could feed one person for a year; this shows how food and fuel compete. Rising prices of staple crops can cause significant welfare losses for the poor, most of whom are net buyers of staple crops. But many other poor producers, who are net sellers of these crops, would benefit from higher prices.

Riprende Thirlwell:

Non è la prima volta, nella storia mondiale che lo spettro maltusiano di penurie alimentari di portata planetaria si profila minaccioso sull’orizzonte dell’economia mondiale. Le impennate dei prezzi degli alimenti negli anno 70, e poi nuovamente a metà degli anni 90, produssero, in entrambi i casi, allarmi sull’incapacità della produzione agricola di tenere il passo con l’aumento della popolazione mondiale. Ogni volta che i prezzi sono saliti, l’impennata si è rivelata temporanea perché l’offerta si è adeguata alla domanda.

Ci sono buone ragioni per ritenere che anche in quest’ultima ondata di squilibri di mercato finisca con l’avere lo stesso esito. Ci sono però due “ma”, e sono due “ma” importanti, che si contrappongono a una lettura tanto ottimistica della situazione attuale. Il primo è che il lasso di tempo che l’offerta impiega per rispondere agli stimoli prodotti dall’innalzamento dei prezzi potrebbe rivelarsi più lungo che che in passato, perché i cambiamenti che stanno interessando i mercato mondiali dell’energia – e di conseguenza anche la domanda mondiale di biocombustibili – sono probabilmente destinati a durare nel tempo. Con i cambiamenti climatici e la degradazione ambientale che minacciano la capacità di produzione agricola in diverse regioni chiave, difficilmente l’offerta potrà dare prova della stessa elasticità dimostrata in passato.

Stiamo dicendo che in futuro avremo:

Meno terra meno fertile,
per nutrire più persone,
con petrolio più caro per trasportare il cibo.

Thirlwell parla quindi dei costi sociali che si prospettano tempi difficili,

1) Nelle economie più povere, fortemente dipendenti dagli aiuti alimentari del World Food Program, le quantità di cibo fornito diminuiscono con l’aumento dei prezzi, essendo a budget fisso;

2) Nei paesi emergenti, dove le diseguaglianze sociali si sono ampliate con la nascita di borghesie/aristocrazie imprenditoriali, l’effetto di un aumento dei prezzi agricoli potrebbe riequilibrare le disparità di reddito tra città e campagna, le conseguenze negative rischiano di ripercuotersi sul proletariato urbano;

3) Idem nei paesi sviluppati;

4) Sul reddito reale in generale, a causa delle politiche monetarie rigide per fronteggiare gli aumento dei prodotti alimentari, fino a misure di stampo dirigista di controllo dei prezzi.

Si delinea un processo economico che può sintetizzarsi così:

L’aumento del prezzo del petrolio ha causato un aumento del prezzo delle materie prime, che sembra destinato a durare nel tempo, sia perché il petrolio rimarrà “caro”, sia perché il suo sostituto (i biocarburanti) sottraggono terra fertile (in diminuzione a causa della degradazione generale dei terreni, dovuta allo sfruttamento intensivo ed al riscaldamento globale).

Il rialzo dei prezzi agricoli, secondo me, rischia di provocare tensioni sociali anche e soprattutto nei ceti medi urbani dei paesi sviluppati dove l’erosione dei salari reali da reddito dipendente non può essere compensata dall’autoproduzione di beni agricoli (possibile, invece, nei piccoli centri mediante orti familiari, cooperative etc.).

A questo si associa un crescente malcontento dovuto agli alti costi dell’uso del mezzo privato per il tempo libero, oltre che per la mobilità “necessaria”.

Gli alti costi dell’uso dell’automobile privata per “evadere” dalle città nei week end, infatti, rischiano di creare delle forme paranoiche di malessere, dovute alla presa di coscienza dell’impossibilità di vedere realizzati quegli ideali di successo ereditati dai nostri padri e – finora – realizzati (e [di]mostrati) proprio nel tempo libero. Il fallimento di questi ideali è forse la minaccia più grave alla pace sociale.

Citiamo Georgescu, a proposito della relazione città-campagna:

Se il contadino fosse sempre stato intrinsecamente indolente ed economicamente inerte, invece di gran lavoratore, semplicemente risparmiatore, non si sarebbero create le basi per lo sviluppo della civiltà urbana. Il rapporto iniziale fra città e campagna è all’origine della profonda sfiducia del contadino nei confronti di ogni idea che la città cerca di vendergli […] Nei villaggi sfruttati dallo stato per lunghi periodi fino al limite della crudeltà, i contadini inizialmente cercarono di apparire poveri agli esattori delle imposte, ma il continuo sfruttamento li rese effettivamente poveri. Alla fine scoprirono che lavorare quanto basta per restare poveri rappresentava la migliore strategia per sopravvivere nella lotta contro i loro sfruttatori., L’inerzia cumulativa della tradizione fece il resto.

da G.C. Dragan e M.C. Demetrscu Entropia e Bioeconomia, Il nuovo paradigma di Nicholas Georgescu-Roegen, Nagard Ed.