Home > bici > Siamo un Paese di ciclisti della domenica

Siamo un Paese di ciclisti della domenica

ciclistidelladomenica

Dal report ISFORT Fermata Audimob n.6 (pdf pag.5) l’articolo di Lorenzo Salvia dal Corriere.

A scendere nel buio dei nostri garage e contarle una ad una verrebbe da pensare ad un’Italia che ogni mattina si alza e spinge sui pedali: tra mountain bike e vecchie Graziella nascoste lì nell’ombra di biciclette ce ne sono 29 milioni. Possibile che siano poco meno delle automobili, che di milioni sono 35? Se invece di scendere in garage scendiamo per strada, un mattino qualsiasi, una città qualsiasi, quell’immagine di un Paese curvo a sbuffare sul manubrio si perde tra i fumi dei tubi di scappamento. Solo auto, di ciclisti neanche l’ombra. Un mistero? No, semplicemente siamo un Paese di ciclisti della domenica. La pedalata è uno svago del dì di festa ma quasi mai un trucco per coprire il tragitto casa-lavoro risparmiando qualche euro e facendo un po’ di esercizio.

Un’oretta la domenica mattina, in famiglia sul lungomare o nell’isola pedonale vicino a casa. Poi, dal lunedì al venerdì, tutti inscatolati nel traffico a urlare per quel semaforo sempre rosso e quel parcheggio che non si trova mai. A leggere le pagine dell’a-bici della mobilità, l’ultimo studio di Legambiente dedicato all’argomento, c’è da perdere ogni speranza. Negli ultimi anni i chilometri di piste ciclabili urbane sono più che raddoppiati: in tutta Italia erano mille nel 2000, sono diventati 2.400 nel 2007. Certo, sempre poca cosa rispetto ai 1.500 chilometri della sola Helsinki ma almeno la tendenza è positiva. In teoria. Nello stesso periodo la percentuale degli spostamenti in bicicletta sul totale dei movimenti in città è rimasta bloccata, come in un ingorgo all’ora di punta: era del 3,8 per cento nel 2000 e nel 2007 non si è spostata di una virgola. In sette anni, oltre ai chilometri delle ciclabili, è raddoppiato anche il prezzo della benzina.

Ma per andare al lavoro nemmeno un italiano ha abbandonato la macchina o lo scooter per darci dentro con i pedali. Siamo lontanissimi non solo da Paesi favoriti dalle strade in pianura, come l’Olanda dove si muove in bici quasi una persona su tre. Ma anche dalla media europea (pedala ogni giorno quasi uno su dieci) che invece non dovrebbe essere un miraggio. Ecco, un miraggio. Sbaglia chi pensa che la bicicletta potrebbe essere il mezzo di trasporto, buono per tutte le persone e per tutti gli usi. Chi è in là con gli anni, chi deve accompagnare due figli a scuola, chi lavora dall’altra parte della città, chi deve attraversare zone che a quell’ora sono camere a gas sa bene che le due ruote non sono per tutti. Ma qualcosa in più di quel misero 3,8 per cento si potrebbe fare senza fatica. Uno studio dell’Isfort, l’Istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti,  dice che la metà di chi usa la macchina in città percorre tragitti comodamente pedalabili: oltre il 50 per cento degli automobilisti urbani si ferma sotto i 5 chilometri fra andata e ritorno.

Su queste distanze la bicicletta è la soluzione migliore: per fare tre chilometri ad andatura tranquilla basta un quarto d’ora, compreso il tempo per slegare e legare la bici. “Oltre alla mancanza di investimenti e ad anni di politiche tutte a favore del trasporto su gomma“, spiega Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane di Legambiente, “sulla bicicletta pesa ancora un vecchio pregiudizio, quello di essere considerata il mezzo di trasporto dei poveri. Per fortuna qualcosa sta cambiando“.

Sull’onda di New York e Londra, i primi segnali sono arrivati da Milano, sempre veloce a capire dove tira il vento della moda, dove a pedalare ogni giorno sono 7 su 100, il doppio rispetto a dieci anni fa. Ma il problema non è solo sembrare sfigati o essere pigri. Chi in Italia vuole andare al lavoro in bicicletta – se non vive in oasi delle due ruote come Parma o Ferrara – si deve armare di buona volontà. E’ vero che le piste ciclabili sono in aumento ma siamo sempre molto indietro. Torino, ad esempio, è tra le città italiane messe meglio con 13 metri di ciclabile ogni 100 abitanti. Bene, ma nulla a che vedere con i 62 metri pro capite di Vienna.

I numeri, poi, non dicono tutto. Sono tante le ciclabili che restano deserte perché semplicemente inutili, buttate lì per guadagnare qualche posto nelle classifiche ambientali ma lontane dai tragitti quotidiani di chi vive in città. E’ un po’ il caso di Roma dove la ciclabile che corre lungo il Tevere è deserta, abbandonata e quando fa buio anche pericolosa. A Copenaghen, dove al lavoro va in bici uno su tre, i chilometri di ciclabile sono 320. Ben 307, praticamente tutti, sono in realtà bande ciclabili, cioè porzioni delle strade attraversate da auto e bus ma riservate a chi pedala. Strade normali, di quelle che si usano per andare al lavoro o a scuola, e che non servono solo per una passeggiata prima del pranzo della domenica. Come sempre, il vero problema sta nei soldi. Tra il 2002 e il 2006 l’Italia ha investito 5 milioni di euro, la Germania pochi mesi fa ha deciso di spenderne 80 l’anno, realizzando una rete ciclabile lungo le autostrade.

Anche il bike sharing è rimasto solo uno spot. Le prime biciclette in affitto – quelle che si trovano in centro, gratis oppure ad un prezzo simbolico – le abbiamo inventate noi, a Ravenna nel 2000. Ma mentre l’Italia è rimasta ferma gli altri sono andati avanti: nella sola Lione ce ne sono più che in tutta Italia. Cosa fare? Dall’analisi Legambiente passa ai suggerimenti, con la formula del 30-30-30 da raggiungere entro il 2020.

Il primo obiettivo“, spiega Alberto Fiorillo, “è che il 30 per cento delle corsie preferenziali sia protetta, cioè senza la possibilità di invasione da parte degli altri mezzi. Dovrebbero poi diventare più larghe in modo da consentire il passaggio anche alle bici“. Un po’ come a Copenaghen e a Parigi.

Gli altri due obiettivi sono l’estensione delle zone a traffico limitato e con il limite di velocità a 30 chilometri: non solo nei centri storici e nelle zone residenziali ma anche a raggiera verso la periferia, creando corridoi che rendano conveniente pedalare anche sui tragitti lunghi. Il tutto con l’obiettivo di arrivare, entro il 2020, ad un 30 per cento di mobilità dolce, cioè a basso impatto ambientale. Grazie a quelli che rinunciano alla macchina. E magari ogni mattina si alzano sui pedali.

Be Sociable, Share!
  1. 11 Novembre 2008 a 14:16 | #1

    A leggere le pagine dell?a-bici della mobilit?, l?ultimo studio di Legambiente dedicato all?argomento, c?? da perdere ogni speranza.

    E infatti io l’ho persa, ma da un bel po’.

  2. caiofabricius
    11 Novembre 2008 a 20:56 | #2

    “…Sono tante le ciclabili che restano deserte perch? semplicemente
    inutili, buttate l? per guadagnare qualche posto nelle classifiche
    ambientali ma lontane dai tragitti quotidiani di chi vive in citt?. ? un
    po’ il caso di Roma dove la ciclabile che corre lungo il Tevere ? deserta,
    abbandonata e quando fa buio anche pericolosa.”

    PECCATO, m’era piaciuto fino a l?…

    In qualit? di Gonadorum Frangitur Maximus sul tema bici in citt?, io sono tra quelli (pochi!) che ha applaudito il Comune per la realizzazione della Ciclovia Tevere Centrale, e non me ne vergogno, oltre a tir? li pomodori fracichi i ciclisti sanno pure d? grazie e anzi ADDIRITTURA ! dal 2005 ne sono un grande e felice utilizzatore quotidiano.

    Non si pu? svilire la splendida, comoda, utile per le passeggiate e per gli itinerari quotidiani casa -ufficio Ciclovia, per qualche cm di buca e 4 km di sampietrino fastidioso ma non tremendo. 30km da GRA a GRA.
    Qualcosa in pi? di un p? di vernice.
    Di fatto sarebbe l’asse strategico di collegamento per molti quartieri. Gi? definita ?l’asse portante -la DORSALE- DELLE POLITICHE PER LA CICLABILITA’ URBANA?
    Ricordo che moltissimi uffici, scuole e negozi sono al centro o comunque vicini alla ciclabile: quindi potenzialmente utilizzabile da migliaia di cittadini consapevoli e, a parte il sampietrino, non mi spiego la gelida accoglienza dei Romani (tutti irreversibili tragici adoratori di feticcio nerolucidoclimatiddissiai?) e perch? non sia decollata come meriterebbe (salvo le domeniche quando conta migliaia di bellissime famiglie in bici).
    In una citt? pluricostruita da 3000 anni e con il pi? grande, fanatico ed immorale n. al mondo (!) di auto per abitante, oltretutto ringhio-lamentoso, quelle banchine sembravano ancora incontaminata prateria ove poter dar libero e sicuro sfogo alla crescente (?) voglia di una sana mobilit? pulita ed europea
    Poi tra il dire e il fare , come al solito e come sempre a Roma , ci passa il mare , oltre ai decenni e i ripensamenti e le tragedie politico-elettorali?..
    L'”opera” cmq alla fine si ? fatta, e si ? capito subito la sua POTENZIALE valenza strategica di asse di attraversamento sicuro di gran parte della citt? (che non a caso dal 1000 avanti cristo in poi le fu “costruita” attorno), oltre che nuova, originale e spettacolare quinta archeo-paesaggistica della citt? di valenza e suggestione internazionale.
    Ne sono emersi per? subito anche i problemi: tralasciando quelli legati alla sicurezza, di cui ho per? motivate convinzioni diametralmente opposte a quelle pi? diffuse ( i ciclisti e i pedoni hanno molto pi? da temere dai vili sorcicorrenti biondino-nostrali che dagli ?abbronzati? disagiati) E tra i “probbblemi”, anzi le “probbbblematiche” ( come va tra le nuove maggioranze mediasetticemiche) quello pi? sentito e reale ? sicuramente il fondo , non solo del pur nobile ma poco ciclabile sampietrino, ma di un SAMPIETRINO COMPLETAMENTE SCONNESSO DA DECENNI DI PIENE E MANCATA MANUTENZIONE ORDINARIA, che rendono obiettivamente faticoso il transito quotidiano anche ai pi? tignosi fra i ciclopaleoabruzzesi.

    E cos?, piano, piano, sommessamente, i gi? scarsi pedalatori quotidiani sono diventati sempre pi? rari (anche se questa solitudine in pieno Centro ? poi di una poesia struggente e permette improvvisi e rincuoranti incontri faunistici -elegantissime garzette, minacciosi aironi, tuffanti cormorani, fantasmagorici gruccioni, coreografiche ballerine gialle e bianche…).

    Da anni il problema ? noto, e TUTTI gli amministratori hanno convenuto sulla priorit? di intervenire “RAPIDAMENTE …”.
    Esiste (esisteva?) anche un lodevole fondo di bilancio di 500.000 euro, ma dopo qualche guizzo di interesse, l’argomento sembra essersi dissolto, -l’argomento speriamo non il finanziamento!

    Per me ? molto pi? bella e comoda della Senna, e anche ben raccordata con altri itinerari ciclabili
    (Ponte Milvio, Tiziano, Auditorium,. Parioli, Risorgimento, Prati, Angelico, Milizie, Ottaviano, Lepanto, Cicerone, Cavour, Centro Rinascimentale, Anagrafe, Sublicio, Circo Massimo, FAO, Caracalla, Colombo-Laurentina, Appia Antica-Caffarella-Acquedotti-Cinecitt?-Togliatti-Aniene-ValSolda-Olimpica-Moschea?)
    e prima o poi se ne accorgeranno i tedeschi, almeno loro se ne intendono di ciclobellezze e cicliche opportunit?.

    Sempreinsella, anche se il livello di merda sale.
    AVe caiofabricius VALE

  3. gianfiorito
    11 Novembre 2008 a 23:21 | #3

    Ti ringrazio del commento, che chiamerei: Il Senso della Ciclabile Tevere. Ciao

  1. Nessun trackback ancora...