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La prima lezione della materia 01

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Sono rimasto contento di leggere il lungamente atteso commento del Dott. Maugeri all’attuale fase di rialzi dei prezzi degli idrocarburi. La lezione delle materie prime é, ovviamente, deludente, per chi si aspettasse da un DG dell’ENI un’ammissione di futura scarsità petrolifera o delle materie prime. Solo un blando auspicio di parsimonia..

L’articolo parla dei cicli di prezzo del XX secolo, vedendo nell’alternarsi di recessioni, eccessi di domanda, distruzioni e creazioni di capacità produttiva ed anche del rapporto inverso tra borse e materie prime (ne avevamo parlato qui) una magnifica altalena della storia dell’uomo. E’ un’ottima difesa della mano invisibile, che aggiusta i mercati, regolando domanda ed offerta in modo implacabile.

Non tiene, tuttavia, conto delle quantità in gioco oggi. Del fatto che il petrolio viene usato per produrre praticamente tutto. E tutto muovere. E che 7 miliardi di persone producono, consumano e muovono molte più cose di 40 anni fa, quando l’ultimo ciclo menzionato dell’articolo ebbe inizio. Il tempo in cui la nostra generazione nasceva. I favolosi anni 60…

L’autore rifiuta, coscientemente, di vedere la drammatica freccia del tempo (cioé l’entropia) dell’opera umana. Quel progresso economico che “razionalmente” creava capacità produttiva o la smantellava, a seconda della domanda del mercato, ma che, per farlo, distruggeva gran parte del pianeta, tagliando foreste, prosciugando pozzi, fiumi, laghi, rendendo asfittici i mari e deserti le terre. Tutto questo senza ciclicità, ma a senso unico. Una attività di esaurimento delle risorse che é irreversibile. Non si trova più oro sul Monte Parnaso, vicino Atene.

Ma il punto non è questo. Dobbiamo pensare in termini economici. Forse c’è ancora qualche pagliuzza d’oro sul Monte Parnaso, ma probabilmente dobbiamo smuovere 10 metri cubi di terra per trovarla e non conviene.

Infatti il problema non è la fine delle materie prime e del petrolio, bensì di quei giacimenti che permettevano “prezzi da saldo” alle industrie, capaci di farsi finanziare dai capitali finanziari, alimentando le borse mondiali.

Nell’articolo si mitizza nuovamente la spare capacity, questa capacità inutilizzata di estrarre petrolio (ma anche acciaio, uranio ed altro, per le commodities) che risolverebbe l’isteria speculativa del petrolio di carta, mentre é stato spiegato (qui e qui) che non c’è differenza tra i futures a breve e i barili al giorno estratti. Quale speculazione?

Trovo davvero originale che si punti alla riaffermazione di una teoria economica meccanicistica sviluppata ai tempi di Newton, per riaffermare candidamente che il mercato ricrea la capacità di produrre, estrarre, coltivare, raffinare. Il vecchio adagio degli economisti neoclassici, i cornucopiani, come li chiamava Georgescu: Whatever it may, we’ll find a way.

In realtà siamo di fronte ad una fase unica. Il confronto fra i blocchi, all’epoca della guerra fredda, ha bloccato il sistema capitalistico mondiale in una confronto muscolare ed impedendo la mobilità delle popolazioni. Poi la perfetta mobilità dell’informazione dell’era internet ha, apparentemente, reso il mondo piatto, nascondendo i costruttori di bulloni, i cucitori di palloni e i raccoglitori di grano e riso.

Intanto, Jerome ci ricorda 6 motivi per cui NON è speculazione:

Il Premio di Rischio Guerra di George W. Bush
La crescita cinese
I numeri Sauditi
Il Declino della produzione
L’insufficiente Capacità Produttiva Inutilizzata (eureka!)
I problemi di raffinazione;

da The Oil Drum.

Concludiamo con un video che ci ricorda perché anche le cose hanno una storia: La storia delle Cose.

Quando chiesero a Georgescu come mai non venisse mai citato nei convegni e nelle grandi Università (le cattedrali della Chiesa dell’Economia Neoclassica e Liberista, NdR), lui rispose: “Non si parla di corda a casa dell’impiccato!”

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