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Invasioni di campo

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Foto da Yahoo – UK Ireland

L’uomo è nato libero, ma dovunque è in catene.
Jean Jacques Rousseau

Prendendo a pretesto un’immagine sull’iniziativa della municipalizzata di Denver per il risparmio idrico, vorrei condividere alcune riflessioni..

1 – L’invasione di campo dei sostenitori di Grillo in occasione del V-Day, e sintomatica del malcontento che – probabilmente ad un “picco” – è stato ben incanalato, mediante il popolare blog, in una protesta per cambiare le regole che governano l’elezione dei parlamentari italiani, che – solo parzialmente – condivido (interdizione per reati gravi). Concordo invece con l’ottima posizione di Daniele Luttazzi.

Questo malcontento, e soprattutto il suo incanalamento in una protesta propositiva (iniziativa popolare), preoccupano molto di più la destra all’opposizione che non la sinistra al governo. La destra infatti oggi non riesce a calvalcare la domanda di sicurezza con proposte meramente repressive, in quanto la critica di piazza riguarda soprattutto la moralità della classe politica stessa (cioè le sue competenze, privilegi e rappresentatività) e non il solo governo (vedi lista parlamentari condannati in via definitiva). L’esecutivo può certamente trovare canali di dialogo che provino la reattività di un governo-non-casta su temi urgenti più con uno sforzo in comunicazione che con concessioni effetive dal sapore populista.

2 – Una seconda riflessione “invade” il campo della sociologia da parte della sostenibilità nell’uso delle risorse. La polemica con i “picchisti” sui potenziali di idrogeno e batterie per soddisfare la mobilità individuale (le auto), avevano come sfondo temi sui quali vi è sostanzialmente accordo, si tratti della questione dell’esaurimento dei combustibili fossili o della necessità di cambiare lo stile di vita (ridurre i consumi, abbandonare l’automobile nel quotidiano, autoprodurre qualcosa ecc). Ricordo che sono duramente critico (e da lunga data) nei confronti dei circhi-motorshow dei prototipi ad idrogeno, periodicamente proposti dall’industria automobilistica, in quanto non propongono assolutamete nuovi concetti di mobilità ma sostituiscono alle grandi cilindrate attuali delle motorizzazioni a fuel cell che non usciranno mai dallo stadio di concept car (vedi qui).

L’invasione: trovo, che non si sia dibattuto, né approfondito abbastanza, il concetto che ridurre l’impatto ambientale, significhi cambiare gli stili di vita e quindi cambiare vita in sé. Un motivo è certamente che esistono due opposizioni alla comprensione diffusa del cambiamento di fondo necessario: la resistenza di chi non vuole cambiare e – più subdola – la resistenza di chi non vuole che gli altri la cambino.
Sulla questione cruciale della necessaria riduzione dei consumi – vera e propria morte del consumismo – trovo significativa la posizione di Ted Trainer, autore del libro Renewable Energy Cannot Sustain a Consumer Society un libro che, come sintetizzato dal titolo, verte sull’impellenza di una mutazione degli stili di vita, se si vuole far bastare l’energia rinnovabile disponibile futura. Secondo Trainer infatti, l’idea di poter mantenere l’attuale sistema basato sulla crescita con le fonti rinnovabili è una pia illusione (“fools’ errand”);

“It is a mistake to think better technology is important in solving global problems, let alone the key. Most of the things we need in the Simpler Way can be produced by traditional technologies.” Ted Trainer

Le tecnologie tradizionali, con più lavoro che capitale, per produrre meno cose, più durevoli, riparabili e senza scarti. Ma per trasformare l’energia in servizi utili? Calore, freddo, forza, mobilità? Sul tema ci manca maledettamente un libro come Deep Economy, di Bill McKibben scritto da un europeo..cosi come farebbe piacere vedere una famiglia che racconti come vive un No Impact Man ma a Roma, Londra o Parigi…

3 – La terza riflessione, prende spunto dall’ottimo post di Ecoalfabeta sul neonato Bazar del Carbonio (CDM Bazaar), che stigmatizza la miopia del mercato delle emissioni e si collega con il precedente post sul quasi sicuro fallimento dell’industria automobilistica nel raggiungimento degli obiettivi di Kyoto: come potremo far incorporare delle riduzioni dei profitti locali con contributi globali al danno?

Internet avrà un ruolo strutturale, probabilmente “il” ruolo, che solo la rete può avere: l’informazione istantanea e onnipresente renderà possibile una contabilità effettiva dell’entropia del sistema in tutti i suoi ambiti. Ma quando (e dove) il “prezzo” del danno sarà affisso?

Credo che il processo non sarà lineare: è infatti impossibile contabilizzare tutto, e tantomeno mettere le cifre on-line. Forse dovremo riscoprire (e rendere omaggio a) i due concetti fondamentali che Gorbaciov invocò 20 anni fa per la riforma del sistema comunista sovietico centralizzato: glasnost e perestrojka.

Internet aiuta fortemente il primo, ma chi guiderà saggiamente il secondo?

Governments need to put substantially greater resources into developing and improving end-use data to enable effective monitoring of energy consumption and CO2 trends at deeper levels of detail.

We must find new ways to accelerate the decoupling of energy use and CO2 emissions from economic growth. The good news is that there is still substantial scope for cost-effective energy efficiency improvements in buildings, appliances, industry and transport. The bad news is we need to move much faster in realizing this potential. This will require strong and innovative action on the part of governments.

Nobuo Tanaka, Executive Director of the IEA
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