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Cicli vitali 06 – Le scarpe da ginnastica

scarpe

Foto: David Bebber (*)

Quando non sai più dove andare, guarda da dove vieni
Proverbio africano

Prosegue la rassegna dei cicli vitali da l’Etat de la Planète.

Le scarpe da ginnastica sono il simbolo dell’economia consumistica mondiale. Sono fabbricate nei paesi poveri e, quasi sempre, vendute ai ricchi. Rappresentano l’icona della velocità e del successo. Quasi l’80% delle scarpe da ginnastica vendute dalla Nike, la prima azienda del settore, con vendite che ammontano a 9 miliardi l’anno, non vengono usate per attività sportive.

La maggior parte delle scarpe da ginnastica dopo qualche mese sono considerate da buttare, poiché la suola in EVA risulta schiacciata e priva dello spessore iniziale. Anche se il resto della scarpa è in buono stato verrà comunque gettata. Un nuovo modello Nike, la Mayfly (costo 45 US$) è concepita per durare fino a 100 km, che vengono percorsi in 5-7 ore di cammino.

In una cultura consumistica che valorizza successo e rapidità, i fabbricanti di scarpe ci riportano ai nostri sogni di “magica trasformazione”, facendoci credere di poter migliorare improvvisamente le nostre prestazioni con un passaggio della nostra carta di credito. L’idea è quella di offrire una tecnologia sempre più avanzata. Uno degli ultimi modelli Adidas, l’Adidas 1, ad esempio, contiene una pulce elettronica che misura 1000 volte al secondo la pressione del tallone, aggiustando di conseguenza il sostegno.

Le scarpe da ginnastica incarnano un dilemma, quello di una civilizzazione in cui gli individui più ricchi sono i più coscienti dei problemi ambientali ma sono anche quelli che li causano maggiormente.

In effetti, la produzione di queste scarpe, che hanno permesso a milioni di persone di tornare alla natura, mantenendosi in migliore forma fisica, praticando sport all’aria aperta, dipende pesantemente dal petrolio e causa delle gravi disuguaglianze economiche e sociali. Se la società Reebok, ad esempio, ridistribuisse differentemente un decimo dei 435 milioni di dollari americani consacrati al marketing, i salari dei 40.000 lavoratori Filippini e Cinesi potrebbero raddoppiare.
Fino a poche decine di anni fà le scarpe da ginnastica erano fabbricate con materie prime naturali, caucciù, tela e, talvolta, pelle animale (la mascherina delle Adidas del 1960 era di pelle di canguro). Oggi sono fatte quasi esclusivamente con prodotti petroliferi e chimici.

La suola esterna è generalmente fatta di caucciù sintetico, quella intermedia in etilene vinil acetato (EVA), le parti di sostegno alla caviglia ed il plantare in poliuretano ad alta densità o in stirène, la mascherina in nylon o cuoio sintetico – tutti derivati del petrolio. Perfino l’aria delle Nike Air è in realtà dell’esafluoruro di zolfo, un potente gas ad effetto serra.

Il lancio di un nuovo modello sul mercato dipende da ricerche effettuate dai “cacciatori di trend”, persone incaricate di capire ciò che piacerà agli adolescenti (l’obiettivo principale del mercato della scarpa da ginnastica), ma anche dal lavoro fornito dai veri fabbricanti di scarpe, operai sfruttati nei paesi in via di sviluppo. Nike, che detiene il 35% del mercato delle scarpe da ginnastica, impiega 700.000 lavoratori, in 900 fabbriche. Una campagna di attivisti ONG ha trovato che i lavoratori indonesiani della Nike erano pagati 2.60 $ al giorno. Per guadagnare quanto l’amministratore delegato della ditta, Phil Knight guadagna in un anno, ogni lavoratore dovrebbe lavorare 98.000 anni!

(*) Nel 1954, Roger Bannister fu il primo a correre il miglio in meno di 1 minuto con queste scarpe

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