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Barili, bidoni e uomini d’oro

dolore

Nelle News dell’altro ieri veniva ripresa un’agenzia Bloomberg su un report della Goldman Sachs. L’analisi delle riserve di raffinazione, capacità produttive ecc. della banca d’investimenti è da prendere sul serio; nel report $100 oil reality, part 2: Has the super-spike end game begun? si dice:

We believe the current energy crisis may be coming to a head, as a lack of adequate supply growth is becoming apparent and resulting in needed demand rationing in the OECD areas in particular the United States. The possibility of $150-$200 per barrel seems increasingly likely over the next 6-24 months, though predicting the ultimate peak in oil prices as well as the remaining duration of the upcycle remains a major uncertainty.

Tradotto:

Crediamo che la crisi energetica corrente possa giungere ad un punto di svolta, mentre l’insufficiente sviluppo dell’offerta diventa apparente e si traduce nel bisogno di un razionamento della domanda nell’area OCSE ed in particolare negli Stati Uniti. La possibilità di $150-$200 al barile sembra sempre più probabile nei prossimi 6-24 mesi, anche se la previsione del definitivo picco nei prezzi del petrolio, così come la durata del ciclo di rialzi resta un’incertezza primaria.

La fonte (pdf 20 pagg): $100 oil reality part 2: Has the super spike end game begun?

Aggiornamento (La repubblica 12 maggio 2008)
La notte dei gufi – Diario di un vecchio analista di borsa

Il prezzo del petrolio ha preso, come un cappero selvatico. Sulla roccia scoscesa di una dura congiuntura vulcanica a picco sulla crisi, il greggio ha messo radici e senza che tu, banchiere centrale o economista di pronto soccorso, possa fare molto per sradicarne l’impeto inflattivo presto lo vedrai a 200 dollari al barile. Barile magico quello del petrolio, perchè mai sembra avere un fondo da raschiare, da consolarcisi sopra o da cui ripartire. Niente. Una caduta nel vuoto che si autoalimenta, come il governo ombra tirato a forza dalle pieghe del Loft, senza utile speranza ma almeno dal sapore dolciastro. Come appunto il cappero selvatico che resta più dolce al palato di quello classico rabbattato al supermercato. E il vento della crisi americana che forte sbatte e alza la recessione ai confini dell’oceano non fa che aumentare il battito seduttivo delle ciglia bianche dei suoi fiori. Così il petrolio dalle sue altezze guarda e seduce l’economia mondiale incapace di reagire, quasi felice delle catene della recessione e dei segni che lasciano i prezzi. Masochismo che viene spesso confuso per austerità condonabile da chi ora si converte ai no-global elettorali.

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