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Cicli Vitali 01 – L’hamburger

Iniziamo una serie di post chiamata Cicli vitali, per due ragioni: 1) far conoscere il lavoro di Benoit Lambert con la rivista-sito gratuita De la Planète, attualmente in difficoltà (vedi); 2) diffondere le schede del Worldwatch in materia di ciclo di vita di alcuni prodotti di largo consumo.

Gli studi dei cicli vitali servono a mostrare come i processi economici possono essere modellizzati secondo i processi naturali – nei quali i materiali e l’energia vengono riciclati efficacemente dagli organismi viventi di generazione in generazione. Spero siano di vostro interesse.

Un semplice hamburger.

hamburger

I figli degli uomini saggi cucinano prima di avere fame.

Proverbio greco

Due sono le cose che non vanno con l’hamburger:

  • il bilancio energetico
  • l’impatto nutritivo negativo del suo consumo

La storia dell’hamburger inizia con il petrolio necessario alla produzione dei prodotti chimici impiegati in agricoltura ed il diesel che fa avanzare i trattori, questi sono input per la produzione del nutrimento dei bovini da cui verrà macinata la carne, oltre all’acqua per raccolto ed animale. La produzione e distribuzione di un hamburger necessitano un’enorme quantità di combustibili fossili, provenendo da settori a fortissima meccanizzazione, si pensi inoltre all’energia lungo tutta la catena di refrigerazione…

Solo nella fase agricola un hamburger di 115 grammi necessita di 1 litro di benzina, escluso il pane. Dunque per un hamburger di 400 calorie ne servono 8000 da fossili e questo esclude tutti i trasporti relativi al grano,bestiame e carne su migliaia di km.

Secondo alcune stime, per ogni porzione da 115 grammi di carne tritata vengono distrutti 17 m2 di foresta tropicale, contenente 75 kg di piante ed esseri viventi. Nel caso in cui si consideri carne di manzo americana lo stesso hamburger causerà l’erosione e la perdita di circa 4 kg di terra arabile.

Infine, c’è l’acqua per far crescere il grano destinato agli animali, l’acqua da loro bevuta e quella utilizzata per pulirli prima di venderli ed infine per pulire i macelli: servono 2270 litri di acqua dolce per un hamburger di 115 grammi. Un bel cheeseburger 3780. Se questi costi fossero realmente presi in considerazione l’hamburger si troverebbe ad essere uno dei prodotti più stravaganti della terra.

Aggiornamento

L’impronta ecologica di un cheeseburger, da Blogeko

Hanno ricalcolato l’impronta ecologica di un cheesburger. Consumarne uno comporta l’emissione nell’atmosfera di 3,6-6,1 chili di anidride carbonica, il gas dell’effetto serra, e non di 2,85-3,1 chili come finora si pensava.

I dati di partenza sono sempre quelli, un po’ vecchiotti per la verità, della Stockholm University e dello Swiss Federal Institute of Technology. Però ora Open the Future prende in considerazione anche i processi gastro intestinali delle mucche.

Insieme al letame, i bovini producono gran quantità di metano, un gas serra molto più potente dell’anidride carbonica: circa 110 chili all’anno per animale.

Calcolando che un animale viva per due anni prima di diventare bistecche, sono 220 chili di metano. Un chilo di metano ha effetti sul clima paragonabili a quelli di 23 kg di anidride carbonica.

E’ come se una mucca emettesse, nell’arco della sua pur breve vita, 5.000 chili di anidride carbonica.

Dopodichè si dividono i 5000 chili di anidride carbonica per il peso della carne al netto delle ossa, e ancora per il numero di cheeseburger da essa ricavabili.

Ultima operazione, sommare questo risultato alle emissioni di anidride carbonica collegate ad allevamento dell’animale; alla produzione del pane e del formaggio; al trasporto e alla cottura della carne. Sono i 2,85-3,1 chili di anidride carbonica del precedente calcolo.

Totale generale, appunto, 3,6-6,1 chili di anidride carbonica per un cheesburger.

Open the Future propone un ulteriore passaggio. L’americano medio mangia tre cheesburger alla settimana. Su scala nazionale, le emissioni di anidride carbonica legate a questo consumo equivalgono suppergiù a quelle di tutti i Suv circolanti negli Stati Uniti.

Noi italiani di cheesburger ne mangiamo decisamente meno. Però tutte le volte che entrate in macelleria fateci un pensierino

Da Open the Future l’impronta ecologica di un cheesburger

Leggi L’appello di Paul McCartney per i lunedì vegetariani

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