Crisi, auto e demografia

24 Dicembre 2012 1 commento

Non penso che oggi ci siano animal spirits prigionieri di antiche leggi medioevali ma penso che vi siano situazioni di non esatta conoscenza dell’oggetto dei desideri e dei sogni che impediscono la trasformazione dei desideri in domanda pagante sul mercato. E’ in questa direzione che bisogna oggi cercare, e procedere a dare esatta conoscenza di ciò che altri paesi hanno fatto per cancellare il panico da terremoto e, soprattutto, i morti da terremoto.
Luciano Barca, 26 settembre 2012

La crisi dell’auto non è soltanto dovuta all’economia, si spiega anche con l’invecchiamento della popolazione europea ed italiana in particolare.

Le immatricolazioni di automobili “sono tornate ai livelli degli anni ’70”, si dice…

Vendite di auto in Italia (milioni)

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Idem per l’Europa, dove le vendite scendono ai livelli di inizio crisi…

Immatricolazioni auto private in Europa

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Ma un problema di lungo periodo riguarda la percorrenza media, che in Italia scende = L’AUTO SI USA DI MENO

Percorrenza per fasce d’età (km/anno)

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Non è solo dovuto alla crisi: aumenta l’età degli automobilisti, come della popolazione. Si tratta di persone che possono/devono guidare meno. Diminuiscono i consumi.

Le auto si tengono 8 anni invece di 7 come nel 2000 = MENO VENDITE…

…e l’automobilista invecchia

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La diminuzione della percorrenza si conferma incrociando i dati con le fasce d’età: quanto vuoi che guidi il babbo? E il nonno? Mentre il figlio spesso lavora poco (precario, saltuario, part-time)

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In questa situazione le 24.000 pompe di benzina italiane vedranno diminuire ulteriormente l’erogato…che solo in Italia viene fatto quasi sempre dall’omino e non in modalità self-service.
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Monti? E’ indifendibile

13 Dicembre 2012 Nessun commento


A Santa Lucia arriva la proposta “europea” di candidare Mario Monti alla guida dell’Italia. Una proposta incomprensibile e indifendibile, anche da un punto di vista elettorale e di consenso. Incredibilmente il PPE cerca di proporre il professore bocconiano come candidato di centro. Un Centro italiano che non esiste. Così come non esiste una sua candidabilità diretta o una sua elegibilità per consenso.

Quando è stato chiamato a operare le difficili riforme di politca economica per evitare il baratro del paese era chiaro che si trattava di un compito tecnico e ingrato, realizzabile perche senza elettorato di riferimento pasato o futuro. Pensare che oggi, in mancanza di una destra credibile o maggioritaria, Egli possa trasformarsi in un leader salvatore della Nazione per una seconda volta e con mandato è una assurdità.

Come potrebbero gli elettori di centro destra illudersi che Monti sia il salvatore della patria con un endorsment proveniente da Bruxellles?

Il Governo Monti ha preso pochi o nessun rischio di riforme vere, IMU invece di patrimoniale, tagli fittizi agli stipendi dei parlamentari, nessun reale cambiamento del funzionamento della macchina statale, nessuna politica industriale o dei trasporti. Timidissimo sulla Tobin tax. Congiunturalmente – cioé dopo 4 anni di Berlusconi 3 – ha marcato un radicale cambiamento di stile e metodi di obiettivi, ma strutturalmente, politicamente, nel senso di respiro e di scelte concrete, si è caratterizzato per una totale assenza di vision.

Ha messo ordine ai conti senza lasciare intravedere dove e cosa adava cambiato nel funzionamento della macchina statale e dell’economia. Ha avuto un unico occhio (attraverso Grilli, bondi ecc.) per gli sprechi o – peggio – sforbiciando semplicemente dei servizi alle persone, cioè spese sociali. Bene rivedere la sanità quando significa primari e materiale farmaceutico, male malissimo quando si passa a infermieri e posti letto. Funzioni necessarie ed utili, cosi come scuola e ricerca. Questo caratteriza i Governi: politiche utili a dare senso ed esistenza ad uno Stato, che si manifesta ed è presente nella vita dei lavoratori e dei cittadini in generale.

Nel 2012, l’approccio della squadra di Governo è inevitabilmente sembrato accademico, proveniente da professori milionari in cattedra da decenni. Lontani dalle fermate degli autobus.
Il popolo italiano non voterà seguendo le campagne stampa, né quelle contro Berlusconi né le inedite ed ambigue a favore di Monti.

Perche vaccinato.

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#Salvaiciclisti – Copenhagen vista da Londra

8 Novembre 2012 Nessun commento

Libera traduzione dal Times

Perché la Gran Bretagna è così in ritardo rispetto ai paesi vicini in materia di ciclabilità?
Il mese scorso, il Times è stato invitato dal sindaco di Copenaghen a trascorrere una giornata in bicicletta in giro per la sua città e parlare con gli impiegati del municipio sul perché nella capitale danese è così facile e piacevole andare in bicicletta, a piedi e anche in macchina.

A Copenaghen, un terzo degli spostamenti quotidiani avviene in bicicletta, mentre l’uso dell’automobile è in calo. Il 25% delle famiglie con due bambini usa una cargo-bike per muoversi e  i cittadini sono incoraggiati a usare i 346 km di piste ciclabili dedicate e gestite con un budget relativamente basso di 10 milioni di € l’anno. Copenaghen è molto più piccola rispetto a Londra – 550.000 vs. 8 milioni – ma ha una densità di popolazione superiore, con oltre mille persone per chilometro quadrato in centro, per cui lo spazio ha un valore superiore.

Se si prendono in considerazione i benefici per la salute, il risparmio di tempo, la riduzione della congestione e gli incidenti stradali, le autorità di Copenaghen hanno calcolato che la società ha un utile netto di 1,22 corone danesi (circa 16 centesimi di euro) per ogni chilometro percorso in bici da ogni  suo cittadino.

Con gli stessi criteri, la società registra una perdita netta di 10 €ç per ogni chilometro percorso in auto. Il sindaco Frank Jensen ha affermato di aver avuto paura andando in bici per Londra, notando una forte animosità tra gli automobilisti e i ciclisti rispetto a Copenaghen. “Gli automobilisti sono molto più tranquilli con i ciclisti a Copenhagen,” ha detto, “Molti di loro vanno in bici e sono quindi consapevoli del fatto che più ciclisti più significa meno auto.”
Ingvar Sejr Hansen, un alto funzionario al Municipio di Copenaghen, ha detto: “Più ciclisti significa che si possono avere sempre più persone che vivono insieme nello stesso spazio, in quanto possono muoversi molto più facilmente all’interno della città. Ma hai bisogno di una massa critica di chiederlo”.

A Copenaghen, la massa critica è stata raggiunta alla fine degli anni ‘70 quando migliaia di persone manifestarono di fronte al municipio, con il prezzo della benzina alle stelle, per chiedere migliori condizioni per i ciclisti. Più di 30 anni dopo, la Gran Bretagna tenta di recuperare. La domanda di benzina ha cominciato a calare nel 2012 e, ad aprile, più di 10.000 persone a Londra e 1.000 a Edimburgo sono scese in strada per protestare contro il numero di ciclisti morti in Gran Bretagna (101 finora). Molti credono che sia giunto il momento per la Gran Bretagna di fare le stesse scelte che Copenaghen ha fatto tre decenni fa. Le grandi città come Londra e Edimburgo – ma anche città e villaggi rurali – possono imparare dalle regole semplici e, spesso, poco costose di Copenaghen.

1. Includere la sicurezza ciclistica nella pianificazione strategica della città
Nel piano comunale di Copenaghen è scritto che tutti gli sviluppi urbanistici devono prevedere delle infrastrutture ciclabili che soddisfano degli standard minimi. Hansen spiega: “Se si costruisce qualcosa, si deve prevedere un accesso al nuovo edificio o alla strada per tutti – ciclisti, pedoni e automobili. Le piste ciclabili devono essere di una certa larghezza, rivestiti di materiali certificati, secondo uno standard specifico di Copenhagen”. Le autorità cittadine possono anche richiedere ampi parcheggi per bici come parte integrante di tutte le nuove costruzioni; ogni 100 metri quadrati abitativi (in effetti si considera ogni appartamento) il costruttore deve installare 2 ½ di spazi per bici.

2. Dare priorità alla bicicletta rispetto al parcheggio
La rimozione dei posti auto è il primo passo delle autorità di Copenaghen quando si cerca di realizzare una pista ciclabile. Ogni posto auto è spostato nelle vicinanze o in un parcheggio sotterraneo. In alcuni punti, il prezzo del parcheggio è aumentato per scoraggiare gli automobilisti. Mr Hansen ha ammesso: “Serve volontà per rendere la vita un pò più difficile agli automobilisti.

3. Impostare obiettivi ambiziosi di medio e lungo periodo
Nel 2010 il 67% dei ciclisti di Copenaghen ha dichiarato di sentirsi sicuro sulle strade; il Comune vuole arrivare all’80 per cento nel 2015. Nel 2005, 118 ciclisti sono rimasti gravemente feriti a Copenaghen: la città vuole dimezzare questa cifra entro il 2015. Attualmente, il 35 per cento di tutti gli spostamenti nel centro città, per andare al lavoro o a scuola, sono in bicicletta: il Comune si propone di portarli al 50% entro il 2015. Tutto questo contribuirà a far raggiungere a Copenaghen il suo obiettivo di essere la prima capitale carbon neutral entro il 2025.

4. Le piste ciclabili non sono vetrine, ma santuari
Rendile esclusive e collegale. Le autorità di Copenaghen effettuano verifiche periodiche del numero di ciclisti che utilizzano le strade principali. Se più di 5.000 ciclisti al giorno utilizzano una strada, questa si qualifica per una pista ciclabile separata. Se il numero è inferiore a 5.000, ma ancora notevole, la strada avrà una pista ciclabile dipinta vietata alle auto. Il Comune assicura l’interconnessione delle piste ciclabili.

5. Sperimentare piste ciclabili lontane dalle strade principali
Nel 2006, un ponte ciclabile (foto sopra) è stato aperto di fronte al porto di Copenhagen con un costo di 35 milioni di corone (€ 3,8M). Il ponte è ora utilizzato da più di 11.000 ciclisti ogni giorno e, in termini di risparmio di tempo, si ripagherà entro il 2020.
Il Comune sta studiando modi per installare piste ciclabili a fianco delle linee ferroviarie all’interno e attraverso Copenaghen. La maggior parte dei treni hanno interi spazi dedicati al trasporto biciclette.

6. Contare i ciclisti e quanti vorrebbero esserlo
Ogni due anni si svolge censimento a Copenaghen per quantificare quanti pedalano, dove vanno e  quanto lontano, al fine di valutare quante più persone avrebbero usato la bicicletta se si sentissero più sicuri. Officine di manutenzione bici e piste ciclabili sono poi pubblicizzati, per far conoscere i servizi disponibili.

7. Affrontare i problemi dei ciclisti a livello di quartiere
Marie Kastrup, project manager per il ciclismo con il Comune di Copenaghen dice: “Inizia con un quartiere e sviluppalo, per mostrare quanto si può ottenere se la priorità è la bicicletta”. Scegli il quartiere con il maggior numero di ciclisti e fanne un modello per il ciclismo, con piste ciclabili, semafori intelligenti e segnaletica evidente per separare ciclisti e veicoli agli incroci principali. Questo può essere replicata in tutta la città.

8. Investire
Costruire 1km linea di metropolitana a Copenhagen costa 1 miliardo di corone (14M€). Ma la costruzione di 1 km di pista ciclabile costa solo 8 milioni di corone (1M€). Deviando una percentuale maggiore dei bilanci di trasporto verso il ciclismo, le autorità locali in tutto il paese ottengono benefici maggiori, rendendo le loro città più sicure, più pulite e più piacevole da visitare .

La reazione di coraggio e le opportunità mancate

11 Ottobre 2012 3 commenti

A me, Romani, la gloria di morire qui!
Voi, se vi si domanda dove avete tradito il vostro imperator, non dimenticate di rispondere: “A Orcomeno.”
Silla vs. Archelao (generale di Mitridate), 86 a.C.

Pensieri su Grillo Renzi e Bersani

Raramente le battaglie sono state determinate da un solo uomo e ancora meno quelle dove quell’individuo è il generale in prima linea. Il passaggio di Grillo in Sicilia è una eccezione. Lui ci ha messo più della faccia al Movimento 5 Stelle, c’è tutto il cuore. Ammiro veramente il fiato e la grinta di un uomo di 64 anni che nuota in mare aperto per 3 km. Che dire? L’espiazione di colpa di un trascinatore. Nella storia ormai. Con un probabile  15% di voti alle prossime elezioni fa evolvere il paese rottamando molto di quel medio-evo mentale e bizantinismo burocratico che lo soffoca. Purtroppo si è dimenticato (ricordiamolo) i motori a idrogeno, che presentava sul palco nel 1998, mentre si attende sempre Liquid feedback

Il rottamamatore fiorentino Renzi è più preoccupante, cavalcando – da democristiano rampante qual’è il malcontento generale, usando il Partito Democratico come cavallo di Troia per candidarsi a Premier, rischia davvero di far perdere al PD le prossime elezioni. Un favore alle varie Destre, ora in subbuglio, ma certo pronte ad un rapido ricompattamento in senso “moderato” (Passera?) in vista della stagione elettorale. Il Matteo invece di attaccare i non innovatori del PD si mette a criticare i politici veri e senza grilli come D’Alema e la Bindi, sapendo dai sondaggi che non sono “simpatici” e sono di sinistra. Perche non se la prende con Rutelli o Veltroni o Fioroni e altri “vecchi”? Quelli che un tempo si sarebbero detti “miglioristi” (come Napolitano). L’apparato PD è abbondante e anzianotto, ma lui ne cerca di altri, negli USA. Cerchiamo di mancarlo. Renzi  perche è una non-opportunità. E’ un opportunista e non opportuno.

Il PD. Centro di gravità di una politica di innovazione economica e sociale dei prossimi anni. Raccoglie le competenze di amministratori capaci e di talenti e di saggezze. Può conciliare spiriti radicali e establishment rassicurante per le agenzie di rating . Da Vittorio Grilli a Nichi Vendola, passando per Stefano Fassina e Giuseppe Fava.

Gli elettori che voglioni un cambio di governo devono sapere che c’è da gestire una decrescita economica che passa per un governo del cambiamento strutturale di importanti settori dell’economia. Non serve parlare di crescita crescita crescita. Crescita di che? Non dico che l’auto è morta (come diceva Grillo). Ma certo le acciaierie devono fare più rotaie e meno scocche di auto. Ovvio che i meriti di aver salvato il paese, della legge anticorruzione e della Tobin-Tax ce li dobbiamo prendere.

Quindi: Bravo Pierluigi! Dall’officina di papà arrivi dove vuoi.

Aggiungo, Tobin Tax e Cieli Bui sono CORAGGIOSE cose giuste e di sinistra, dont on se souviendra!

L’intreccio tra banche, fondi e agenzie di rating

Risorse | Marxismo e Ecologia e Anche Roosvelt cominciò con la difesa del suolo, di Giorgio Nebbia

Aggiornamenti | Renzi e l’invidia penis, beppegrillo.it

A note on Degrowth

10 Agosto 2012 1 commento

Photo | Landscraper

[…] the essence of development consists of the organizational and flexible power to create new processes rather than the power to produce commodities by materially crystallized plants.
N. Georgescu-Roegen 1971, p. 275

1 The degrowth debate

There is a vivid, on-going debate about “what degrowth is” in the scientific literature. The researchers involved having very diverse background, e.g. philosophy, political science, economics, ecology, engineering. I try here to highlight both the points in common and the differences, in an interdisciplinary and pragmatic perspective, and – possibly – smoothing the divisions.

On the political side, right and left policymakers are divided about the crisis cure, debating about the degree of fiscal redistribution (income tax, Tobin tax, minimum and maximum wages) and state spending (infrastructures for schools, roads, trains, public water resources). Degrowth perspective lying at the extreme left of the political spectrum. This is – I believe- mainly due to the fact that crisis means unemployment and the degrowth concept and proposal sounds as heresy to the majority of representatives since GDP de-growth is associated with increase in unemployment.

On the academicals side, van den Bergh (2011) and Kallis (2011) recently synthesized the ecological and degrowth economics perspectives respectively. The former detailing the terrain vague of degrowth proponents: GDP, consumption, work-time, radical or physical degrowth? van den Bergh detailed an ontological critique: “GDP degrowth means a blunt instrument of environmental policy which reverses the causality between policy and growth as it is normally understood. Instead of putting a good policy first and then seeing whether degrowth is a consequence, the degrowth strategy is to set the aim of degrowth first and then hope that the environment will come out well” (van den Bergh, 2011, p. 882). Instead, he proposes “a-growth” as a political strategy based on beyond-GDP indicators, international climate agreement, different work-time norms, advertisement regulations, sustainability school programs and technological specific incentive policies.

Kallis’ defense of degrowth hypothesis (Kallis 2011, 2012) starts by widening the definition: “It is an umbrella keyword, a multifaceted framework that gives purpose and connects different policies and citizen initiatives. And it is a concept that builds on a deep and long philosophical, cultural, anthropological and institutional critique of the notions of growth and development..” (Kallis 2011, p. 874). He specifies then: “Sustainable degrowth can be defined form a ecological-economic perspective as a socially sustainable and equitable reduction (and eventually stabilization) of society’s throughput” (ibid.). Throughput  meaning materials and energy, whose reduction implies GDP reduction because of the dependence of economic growth on non renewable energy and materials (decoupling and efficiency are illusionary)1.

The pessimistic view of the degrowth movement about the possibilities offered by technological progress to allow growth with less resources (decoupling) is shared by the societal metabolism proponents (Sorman and Giampietro 2012, Giampietro et al. 2011). They defy the Environmental Kuznets Curve (EKC) and decoupling hypothesis using a multi-scale analysis (MuSIASEM) detailing energy, people (measured in hours) and money at the economic subsector level. Their analysis denies the possibility of reduced exhaustible resource dependence, showing instead how it is the externalization of “heavy” (in energy and materials) production in emerging economies (e.g.  BRICS) which explains the reduced energy, pollution and waste in modern, service-based economies.

A major disagreement between societal metabolism and ecological economics supporters with Kallis (and the degrowth partisans in general) concerns the (shorter) working time as part of the economic downsizing. Sorman and Giampietro (2012) explain the societal metabolism approach to analyze the present crisis: high unemployment and low wages in a world dealing with less energy and materials might well lead the way to labour intensive products and this is likely to equal more working hours as the diminishing high capital productivity will have to be compensated by increasing low productivity labour. Sorman and Giampietro (2012) use MuSIASEM (Giampietro and Mayumi 2000a, b) to show how the service and government (S&G or “dissipative”) sector employs the majority of people and does not produce neither energy, products or food, but services. On the other hand it belongs to the energy and mining (EM), agricultural (AG) and building and manufacturing (BM) productive (or “hypercyclic”) sectors to “feed” the rest of society. This “hypercyclic” sector is characterized by very little employment and huge capital and energy resources, thus a reduction of available energy will hit badly both “hypercyclic” and (fragile) “dissipative” societal sector. Also a low output/input renewable energy resource – to substitute high output/input fossils – will not change the course of things. No smooth transition is in sight according to the societal metabolic researchers.

2 An intuitive rationale of the economic process

I propose here a schematic representation of the economic process, centered on supply and demand, to highlight the field of intervention.

On the supply side. The entrepreneur theory postulate he maximizes profit, in reality he tries to maximize output, expanding the firm, increasing the capital etc. In search of economies of scale. With respect to neoclassical economic theory, firms are not atomistic, rather giants with sophisticated financial architecture.

Modern superstructure. The quantity-maximized products are first structured by the marketing departments, then advertized by the pervasive media world, which creates an fast-changing collective imaginary of ever-increasing consumption ambitions. Magazines, TV and internet keep feeding the demand and generating a collective oblivion about both material waste and depletion (double myopia).2

On the demand side. The consumer identifies consumption with happiness, social success and status symbol are no more related to fixed (middle-ages ) classes. Money moves between social strata, but inequality increased greatly also. Income inequality has increased since the ’80 by so-called “supply-side” fiscal policies aimed at reducing the fiscal burden on high income and enterprises.

These policies (“reaganomics” or “thatcherism”, inspired by Milton Friedman word-wide influence) have meant important gains for few riches and reduced income for the State. A fiscal deficit often compensated with cuts on schools, hospitals, infrastructures and other public services. Moreover, this extra gain very seldom is directed to productive investment, but rather goes to more financial investments to feed the international paper-economy (local impoverishment).

The markets globalization and concentration (fall of Eastern Europe, WTO agreements) has been helped in the past 20 years by the diffusion of information and communication technology. Companies have merged, rationalized their production in function of resources, energy, labour costs and fiscal opportunities. This was possible thanks to cheap fossil energy: cheap energy = more energy = more capital = more production (see below). This process went together with less labour and low wages, because of (accounted) low labour productivity in highly-capitalized firms.

On the other hand, the expansion of credit, motivated by new financial products vehiculated via electronic, instant trading, resulted in a continuous bet on growth, generating an ever-increasing debt. Virtual money (financial products value) is estimated to be 1000 times world GDP.

The end of easy, abundant energy broke the circle: 100$/barrel oil is the missing link between 1) the inner fragility of the financial bet; 2) the minimum margins of the producers and 3) the lowered purchasing power of impoverished consumers. This – I believe – explains the crisis.

It is this (unknown?) feature of the capitalistic economic process which clashes with sustainable (be it stable or reduced) throughput. A clear example is offered by public utilities dealing with electricity, gas, water or waste: should they try to “sell more”? Clearly not.

To help solving this, energy and material statistical accounting (OECD 2008a, b) is a crucial issue (and needs  public investment in statistical offices) in order to enable the evaluation of the effective sustainability of societies in the close future. Nevertheless, at the core of capitalistic process there are:

  • The rational output maximization attitude of the firm
  • The emotional eros3 for new, more and more expensive4 goods of the consumer

Both mechanisms create a continuous demand for energy and materials. In standard economic analysis,  this phenomenon is known energy (and materials) complementarity with GDP (Daly 1997). To keep the standard production function representation for a while, we can mention that the flexibility of the economic process with respect to energy price and quantity shock relates to the elasticity of substitution between inputs.

It is a long debate going back to early economic history (Allen 1938, Berndt and Wood 1975, Blackorby and Russell 1989, Frondel and Schmidt 2004, Koetse et al. 2008) recently being investigated by Fiorito and van den Bergh (under review), whose results show how energy and capital are not good substitutes, but rather complementary, even in periods of cheap, abundant energy.

Moreover, the now huge influence of the financial sector on the real economy explains the ever increasing pressure of financial over the manufacturing  sector (Gallino 2011). This translates into more sales for “Main street”. Firms need exponential sales…to survive!

Mayumi and Tanikawa (2012: 20) synthesized well an integrated view of the economic process:

According to Georgescu-Roegen the economic process does not produce goods and services, but it produces a reproducible system, via the establishment of an integrated process of production and consumption of goods and services. When dealing with the analysis of the economic sectors – those producing added value – they not only produce goods and services, but also produce those processes required to produce and consume goods and services. When considering the whole socioeconomic system, it is the integrated action of the productive economic sector and the sector of final consumption which has to be considered. Using Georgescu-Roegen’s terminology, the economic process has the goal of reproducing and expanding the various fund elements defined simultaneously across different levels and scales, by using disposable flows. Following Georgescu-Roegen, we can conclude that an economy not only produces goods and services, but more importantly produces the processes required for producing and consuming goods and services“.

3 A feasible recipe?

In the last years, the historical need for social justice and equity between people (classes, in Marxist sense) has evolved into the domain of ecological sustainability, the environmental dimension having primed on the mere economic/monetary one. The commodity/food (2007), energy (2008), financial (2008 to present) and economic (2009 to present) crisis have shifted the sustainability concept from the political/ecological to the moral/psychological domain. In bullet points there is a wide understanding of the general public about:

  • both global warming and resource scarcity;
  • nature’s “economic” limits (energy/resource supply and emissions/wastes sink capacity);
  • finance’s eternal bet on exponential growth (“Ponzi” economics, Giampietro et al. 2011);
  • national and international inequalities rise (99%, indignados and occupy movements);
  • the consequences of the 4 points above in everyone’s wallet:

All this – I believe – have brought ethical and ecological to become synonyms in the collective consciousness.

On a political side, stabilizing the (exponential growth) influence of finance toward real economy goes along with some fiscal actions shifting the burden form labour to capital. Namely,

  • Tobin tax on financial (short term) transactions;
  • strict derivatives regulation (e.g. no derivatives on commodities, like in India, Credit Default Swap regulation);
  • re-establishment of the separation between traditional and investment banks (e.g. Glass-Steagall Act);
  • fiscal gains for strictly/serious green investment funds.

On the demand side, the specific reduction in income inequality is the basis for a socio-political change toward sustainability, because only dismantling money fetishism it is possible to stop low-life, high energy/material intensity products.

To reduce both inequality and (myopic) consumeristic attitude it is natural to envisage:

  • minimum and maximum wages rules
  • job guarantee program (continuous training for the unemployed)
  • progressive income tax
  • public and non-motorized transport infrastructure (trains, trams, cycling lanes)
  • woods, rivers and material waste integrated restoration process

Setting the basis for a different homo at the political level is necessary to stimulate non-monetary, solidarity, cultural restoration activity. Such a path will only be economically profitable in the long term, but in the short run can gratify many, reducing distress and crime. In fact the necessary degrowth everybody agrees means less monetary activity not less work, which, important to say will be necessary anyway. An example is food: the transition to low fossil energy and material society implies a population flow to the land where small scale, local, organic agriculture will be the norm. In this sense the emancipation from the land was really temporary (Mayumi 1991).


References

Berndt, E.R. and Wood, D. O. (1975), Technology, Prices, and the Derived Demand for Energy, The Review of Economics and Statistics, Vol. 57, 259-268
Blackorby, C. and Russell, R.R. (1989), Will the Real Elasticity of Substitution Please Stand Up? (A Comparison of the Allen/Uzawa and Morishima Elasticities), The American Economic Review, 79, 882-888
Daly, H. (1997), Georgescu-Roegen versus Solow/Stiglitz, Ecological Economics 22, 261-266
Fiorito, G., van den Bergh, J.C.J.M. (under review), Capital-Energy substitution for Climate and Oil Peak: An International Comparison Using the EU-KLEMS Database, http://www.locchiodiromolo.it/blog/wp-content/uploads/2012/03/Fiorito-KE-substitution-for-Climate-Oil-Peak.pdf
Fiorito, G. (under review), Can we use the energy intensity indicator to study “decoupling” and “dematerialization” in modern economies?, Journal of Cleaner Production, http://www.locchiodiromolo.it/blog/wp-content/uploads/2012/08/Can_we_use_EI.pdf
Frondel, M., Schmidt, C.M. (2004), Facing the truth about separability nothing works without energy, Ecological Economics 51, 217-223
Gallino, L. (2011), Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, Einaudi
Georgescu-Roegen, N. (1971), The entropy law and the economic process. Harvard University Press
Giampietro, M., Mayumi, K. (2000a), Multiple-scale integrated assessment of societal metabolism: introducing the approach. Population and Environment 22 (2), 109-153.
Giampietro, M., Mayumi, K. (2000b), Multiple-scale integrated assessments of societal metabolism: integrating biophysical and economic representations across scales. Population and Environment 22 (2), 155-210
Kallis, G. (2011), In defence of Degrowth, Ecological Economics 70, 873–880
Kallis, G. (2012), Societal metabolism, working hours and degrowth A comment on Sorman and Giampietro, Journal of Cleaner Production, DOI: 10.1016/j.jclepro.2012.06.015
Koetse, M.J., De Groot, H.L.F., Florax, R. (2008), Capital-energy substitution and shifts in factor demand: A meta-analysis, Energy Economics 30, 2236–2251
Mayumi, K. (1991), Temporary emancipation from land: from the industrial revolution to the present time, Ecological Economics 4, 35-56
Mayumi, K. and Tanikawa, H. (2012), Going beyond energy accounting for sustainability: Energy, fund elements and the economic process, Energy 37, 18-26
OECD (2008a), Measuring Material Flows And Resource Productivity, Volume II, The Accounting Framework
OECD (2008b), Measuring Material Flows And Resource Productivity, Volume III, Inventory of Country Activities
Sorman, A., Giampietro, M. (2012), The energetic metabolism of societies and the degrowth paradigm:
analyzing biophysical constraints and realities, Journal of Cleaner Production, DOI:10.1016/j.jclepro.2011.11.059
van den Bergh, J.C.J.M. (2011), Environment versus growth — A criticism of “degrowth” and a plea for “a-growth”, Ecological Economics 70, 881–890


1. Energy intensity as a white noise indicator implying energy-GDP correlation is investigated in Fiorito (under review).

2. In the information society not only advertisement, but also economic transparency increased significantly, leading the basis for informed consumer and universal workers rights (“where” added-value goes).

3. In the original Greek meaning of “tension toward”.

4. Expensive often equals intensive in Energy and materials.

Il secolo delle radici 2

27 Giugno 2012 Nessun commento

Linearità vs. ciclicità

“Attraverso la coltivazione dell’orto i bambini arrivano a comprendere, ma soprattutto a vivere, i fenomeni legati alla rete della vita, al flusso dell’energia e ai cicli della natura: questa comprensione è estremamente necessaria oggi, perché mentre la natura è ciclica, i sistemi industriali-commerciali sono lineari.

Un sistema lineare genera l’ossessione per una crescita economica illimitata, al di là del buon senso, ben oltre ogni bisogno. Si è indotti ad aggiungere sempre nuove unità, si forma il pregiudizio che tutte le cose debbano crescere all’infinito.

In un sistema ciclico, invece, si comprende che ogni cosa ha la sua stagione, che mentre alcune cose crescono, altre devono di necessità decrescere: il pianeta è limitato, non tutto può crescere simultaneamente.

Un sistema lineare, come quello industriale, genera rifiuti, un sistema ciclico reintegra ogni cosa all’interno del flusso energetico, senza mai lasciarsi dietro rifiuti inquinanti.”

Fritjof Capra, da Ecoalfabeta – Novara: camminabilità, piste ciclabili, orti sociali

Si parla di crisi di petrolio, raffinerie e orti.

Prendo spunto da un’intressante interpretazione su Petrolio a proposito della campagna Riparti con Eni, collegabile alla crisi delle raffinerie esposta da Medo:

Le code a Firenze di cui ho letto ieri, con il carburante rapidamente esaurito, grazie o per colpa delle “promozioni ENI”, è il primo segnale del penultimo gradino della crisi energetica petrolifera: stiamo passando dalla fase in cui i prezzi alti uccidono la domanda a quella in cui il marketing ed il pricing devono risolvere addirittura un eccesso di prodotto e celano l’assenza decisionale del governo in merito a quel che già oggi si dovrebbe fare in Italia (ed in Spagna oltre che in Francia, a corto di gasolio dal 2013): razionare un bene prezioso senza il quale non sta in piedi nulla in un paese che si è preparato a millenni di automobile ed invece la bella favola si trasforma in dramma sotto i nostri occhi.

All’appello mancano i distributori. E’ infatti in atto una forzosa manovra di ristrutturazione della rete di vendita, che in Italia è enormemente sovradimensionata (22.900 pompe di benzina con un erogato minimo) che, progressivamente, porterà alla chiusura di migliaia di piccole pompe (di quartiere e non).

In effetti il problema del calo dei consumi di prodotti petroliferi era ben visibile dai dati sul consumo di carburanti per autotrazione.

Da notare che il dato del diesel vale 3 volte la benzina perche le merci in Italia si trasportano TUTTE con camion. Per questo il crollo dei consumi di diesel va di pari passo con l’andamento generale dell’economia. Purtroppo. Ma rilanciare (cioé sovvenzionare) un trasporto inquinanate,  inefficiente e spesso inutile non serve.

“Cosa” vale la pena di essere trasportato su camion? A quale distanza?

Nell’antica Roma il prezzo del grano raddoppiava ogni 70/100 km di trasporto su terra.

Una possibilità di invertire le cose, da subito è rappresentata dgli orti urbani dove si occupa il tempo per produrre prodotti di stagione, localmente e biologici. Questo fa calare il Pil: quel cibo non viene comprato e, non facendo muovere denaro, non entra nelle statistiche. Tuttavia occupa le persone a ridurre la dipendenza da petrolio per far crescere, pesticizzare, confezionare e trasportare il cibo (oltre a smaltirne i rifiuti). Un’ottima cosa, che ci lascia soldi in tasca, aumenta la vita sociale e fa passare ore all’aria aperta.

Un esempio – un pò dispendioso per la verità – è citato da Ugo Bardi, dove del suolo fertile è andato a sostituire dei garages:

hanno dovuto tagliare il cemento e farlo a pezzi e portare via i calcinacci. Poi, per ristabilire la fertilità del suolo ci sono voluti camion e camion di terra, humus ed altro..

e farne un regalo di compleanno a dei bambini!

Quindi al picco del petrolio si reagisce come diceva Ali Morteza Samsam Bakhtiari nell’ultima intervista: “piantando alberi”.

L’esempio di buona politica a Novara (Ecoalfabeta) e l’equivalente budget per Roma

Novara – 105.052 abitanti e 102,9 km2 di superficie
Camminabilità: 470.000 € per risistemazione dei marciapiedi, barriere di protezione dei canali, controlli ZTL e costituzione di zone a 30 km/h
Ciclabilità: 730.000 € per sviluppo e manutenzione delle piste ciclabili
Aree verdi e orti sociali: 650.000 € per la sistemazione di alcune aree verdi la mautenzione e l’arredo dei parchi, di cui 80.000 € per la realizzazione di orti sociali da affidare ai cittadini prevalentemente in forma associata

Roma – 2.783.300 abitanti (= Novara*26,5) e 1285 km2 di superficie (=Novara*12,5)
Camminabilità: 12.455.000€ o 5.869.290€ in base alla superficie
Ciclabilità: 19.345.000€ o 9.116.132€ in base alla superficie (vedi Piano quadro ciclabilità del comune di Roma)
Aree verdi e orti sociali: 17.225.000€ o 8.117.103€ in base alla superficie

Vedi anche Il secolo delle Radici

 

L’errore del comunismo

12 Maggio 2012 Nessun commento

Foto | Adele Oliver

Credo l’errore principale del comunismo sia stato l’aver creato una società di servizi, mentre la giustizia sociale doveva essere applicata ad agricoltura e industria. Nello specifico, oggi, si considererebbe agricoltura biologica/organica, piccolo artigianato di alto valore e l’industria specializzata.

Invece nel XX secolo una enorme burocrazia auto referenziale e corrotta serviva a (mal) amministrare una società che doveva basarsi sull’eguaglianza, ma dove l’operaio e l’agricoltore erano sorridenti solo sui poster di partito. Non zappi e non innovi per gli altri. Lo fai, con merito, per successo personale. La motivazione naturale è il bisogno di assicurare un futuro alla propria famiglia. E’ biologico istinto di sopravvivenza; salvaguardia della specie.

Nello stato stazionario del socialismo, l’invidia e il privilegio erano il ripiego per le ambizioni e le intellligenze schiacciate nel nome di un egualitarismo ingrigito da raccomandazioni e spiate.

Da un punto di vista bioeconomico il sistema pianificato tendeva, ufficialmente, ad una crescita industriale e, praticamente, dal punto di vista psicologico (eros) ad una ipertrofia del terziario: il posto in ufficio.

Questo errore, nell’estetica di Elèmire Zolla, si declina come una sostituzione dei cicli naturali con la progressione lineare, “un moto inesistente in natura e immaginario nela storia“, permettendo di identificare un meraviglioso parallelo tra il conoscitore di segreti e Nicholas Georgescu-Roegen, nell’antitesi tra meccanica e dialettica.

Leggiamo Zolla:

Se la lava sostituisce l’albero e l’uomo, l’unica alternativa è fra stasi mortuaria e quel tipo di rottura, fermento, rovesciamento che oggi si chiama “novità”, e si ama accogliere come uno stimolante “contributo alla ricerca”, sebbene si ignori alla “ricerca di che cosa”, forse del ritorno in quelle viscere della terra donde eruttavano – affermava Platone – fetidi fiumi di metallo in fiamme?

Più non si parla di crescita ciclica, norma d’ogni naturale trasformazione delle forme artistiche bensì di attualità, progresso ed evoluzione lineare, che è un moto, inesistente in natura e immaginario nella storia. Ugualmente le materie predilette cesseranno presto di essere la pietra e il legno, il respiro non sarà più il metro del verso poetico e i ritmi in genere non coincideranno con quelli fisiologici, come accade in natura per la crescita di cristalli e piante. Si useranno materie sinistre come il ferro o l’acciaio legati simbolicamente alla morte e incapaci di cementare tra loro i mattoni composti di terra e fuoco. La pura coesività verrà presentata come un valore in sé e bitumi e altre materie maledette formeranno asfalti.

L’aria sarà sulfurea nelle città rette dal disordine o da una simmetrica meccanica, nota in antico come un tipico connotato demoniaco. Le opere che andranno a decorare questo agglomerato non potranno che essere oggetti destinati a deridere e confondere il ricordo di ornamenti ispirati al ramo, alla foglia, alle curve del corpo. Ci volesse dar voce ai simboli della modernità urbana: dalle lamiere contorte alle superfici bucherellate, udrebbe appunto la risata satanica che irride alla bellezza rimossa.

C’è stata una falsa possibilità di sottrarsi alla tirannide del nuovo e del moderno, dell’arte vulcanica; dalla caduta dell’avanguardismo bolscevico in Russia, fino ad oggi è stata anzi incoraggiata un’arte tradizionale. Non erano soltanto i gusti reazionari di Marx ed Engels a riflettersi nello Stato sovietico, ma la stessa teoria marxista che echeggiava l’antica estetica organica: il prodotto è davvero umano solo nel caso in cui l’uomo non “produca parzialmente”, come gli animali collettivistici: “L’animale produce se stesso, mentre l’uomo riproduce l’intera natura…l’uomo sa conferire all’oggetto la misura inerente, dunque l’uomo forme ance secondo le leggi della bellezza” (Marx, Opere filsofiche giovanili, Editori Riuniti, Roma 1950).

Elèmire Zolla, Radicare la bellezza al di là della bellezza, in Gli arcani del potere, pagg. 47-48, BUR alta fedeltà

Cyclopolis, il ritorno

Dopo i 40 anni si è responsabili della faccia che si ha (attribuita a Leonardo da Vinci). Dopo gli 80 non lo si è più, come se il bambino riemergesse (pensiero anarchico).

Sintesi dell’intervista di Benoit Lambert a la Tribune de Genève del 29 aprile 2012

 

“Cyclopolis” è un neologismo  che ben descrive il movimento che Benoit Lambert segue nel suo libro: come l’uso della bicicletta ha trasformato le città che hanno rinunciato a favorire l’automobile e quali sono le radici di questo urbanismo non motorizzato che conquista Copenhagen, Karlsruhe o Curitiba.

TG: Bike-sharing nelle capitali europee, autostrade per bici, la Velorution è cominciata?

BL: Si e no. Credo vi sia una messa in discussione degli effetti negativi dell’onnipresenza dell’auto e delle infrastrutture associate. E’ certamente vero nei paesi sviluppati e, talvolta, nei paesi in via di sviluppo (Bogotà e Curitiba). I cittadini oggi cercano la qualità della vita e, in maniera crescente, questo fa rima con meno macchine e più biciclette. Detto questo in India e Cina si assiste al fenomeno contrario. […] E’ necessario capire che la Velorution non si limita affatto alla bicicletta, ma propone un approccio multimodale: ritorno del tram, delle metropolitane di superficie e delle corsie riservate, una nuova pianificazione regionale del territorio che includa la “riscoperta della prossimità”ed anche una fiscalità favorevole al trasporto pubblico, un’idea venuta da Curitiba in Brasile.

TG: Salire su una bicicletta ogni mattina rappresenta un atto politico?

BL: Secondo il sociologo Andreu Solé, il nostro mondo è dominato dall’“Azienda-Mondo”, come ieri lo era dalla “Religione-Mondo”. L’automobile è una componente centrale di questa Azienda-Mondo che, secondo Solé, prende possesso del genere umano. Non aderire a questa Azienda-Mondo, pur parzialmente, è  certamente un atto politico. E’ l’essenza della mia tesi di dottorato all’Università di Ginevra del 2003: in una civiltà urbanizzata, il controllo dello spazio urbano e della velocità degli spostamenti è una nuova forma di potere … una tesi confermata di anno in anno: la mobilità è sempre più al centro dei dibattiti dei candidati (politici) ai più alti livelli. […]

E’ come se all’Azienda-Mondo si fosse contrapposta una “Internazionale-Ciclistica” che mette il dito sulla piaga, su una debolezza flagrante del sistema: l’autostrada e la velocità non assicurano affatto “accesso” e “mobilità”. E ancor meno la qualità della vita!

TG: Nel 2004 lei scriveva che Copenaghen è la città più vicina a Cycolpolis. E’ ancora vero?

BL: Senza falsa modestia, come avevo previsto, Copenaghen è la Cyclopolis per eccellenza. Un po’ come Parigi o Londra in altri tempi vive un’età dell’oro, essendo divenuta il riferimento urbano in questo inizio di XXI secolo. […] La città di Copenhagen ha fondato la propria identità sulla bici. E’ stato Jan Gehl (vedi), un urbanista che ha contestato ogni posto-auto lungo le strade della città per metterci delle piste ciclabili comode e sicure, all’origine di questa scelta.

Studenti in urbanistica del mondo intero hanno seguito i suoi passi, in particolare dal suo libro “Life between buildings”, tanto che oggi si parla della “copenaghenizzazione” delle città; un modello urbano pro-bici che limita la presenza delle auto. Con la loro ultima idea Copeaghen Cycle Chic la città è diventata alla moda. Facendo leva sull’immaginario. Presentando la bici come uno stile di vita. Cycle-chic esiste oggi in 40 città. Copenhagen mira al 50% degli spostamenti urbani in bici e con la diffusione della bici elettrica e la costruzione di autostrade ciclabili la capitale danese potrebbe raggiungere questo incredibile obiettivo.

[…]

TG: La crescita dei prezzi dei carburanti spiega la corsa alla bici?

BL: Non credo troppo a questa teoria, specialmente in Europa. La benzina non è affatto l’unico costo associato all’auto. In città è quasi marginale rispetto al parcheggio [esempio di Ginevra, NdT]. Inoltre con le auto ibride, i consumi possono ridursi fino al 50%. Il problema dell’auto non è solo legato alla sua dipendenza da questa forma di energia concentrata, pratica e rara, il petrolio. Il problema è la moltiplicazione del numero di auto in città non adatte.

Mi riferisco, in particolare, alla sua velocità che richiede molto spazio. [che viene così “tagliato” dalla velocità, NdT]

Anche l’uso generalizzato dell’auto, e gli investimenti che necessita, tendono a far sparire le alternative, come il treno e gli altri trasporti pubblici urbani. E’ un problema strutturale, non solo di costi energetici. La possibilità della diffusione delle auto elettriche alimentate con energia rinnovabile non è fantascienza, anche perche un motore elettrico ha una resa 3 volte superiore al motore a scoppio. Anche a costi alti di elettricità l’auto continuerà ad imporre un certo “modo di vedere”.

TG: Nel suo libro l’auto è il simbolo della religione della crescita. Tecnologiche, sempre più leggere, le biciclette dipendono dalla ricerca e, quindi, dalla crescita, no?

BL: Ci sono dei ciclisti un pò assillati da queste biciclette super-tecnologiche. Tuttavia, dal 1989, Marcia Lowe, dell’Istituto Worldwatch, sottolineava nel suo classico The Bicycle: Vehicle for a small planet (pdf pag. 64), che la fabbricazione di una bici necessita 100 volte meno risorse naturali  di un’auto.

Anche la bici tecnologica, elettrica, solare é la decrescita, non vi è alcun dubbio in proposito. La bici occupa uno spazio minimo rispetto a un’auto e la sua velocità rende la città più sicura.

E viviamo sempre più nelle città!

No, secondo me, la bicicletta contribuisce alla dematerializzazione di un bisogno, l’accessibilità, in particolare, partecipando alla formazione di una nuova struttura urbana, più armoniosa.

In bici mi sposto leggero come l’aria, tutto l’opposto di un’auto. La bici mostra i limiti di una economia della crescita centrata sull’oggetto…che porta ad una “obesità materiale” problematica.

Ignoro se il sistema finanziario che conosciamo sopravviverà, ma se sopravvive dovrà rinnovarsi per offrire nuovi servizi meno materiali per rispondere alle esigenze di qualità della vita di una modernità della quale non può monopolizzare la definizione indefinitivamente.

TG: Perche l’impatto della bicicletta sulle città è stato così poco studiato?

BL: Ottima domanda. Fino al 2003 ero il solo ad averlo fatto, almeno in una prospettiva politica. Esiste un tabù a parlare della dominazione (la nostra) da parte dell’automobile. In relazione all’Azienda-Mondo, Solé conclude che è difficile vedere quello da cui siamo circondati. E’ così vero! Qualche anno fa, un architetto di grido ha scritto un libro su Montreal, senza usare la parola “auto”…un obiettivo non scontato!

Ancora sull’inquinamento da pneumatici

Continuano i progressi della ricerca sulla pericolosissima polvere dei pneumatici. Non si tratta infatti di un inquinante ma di una miscela di sostanze che derivano dall’usura delle ruote sull’asfalto (pensa alle sgommate dei cretini).

Uno studio dell’Università di Stoccolma, pubblicato su Environmental Science & Technology trova che i pneumatici sono una fonte, fino ad ora sconosciuta, di dibenzopireni, un idrocarburo policiclico aromatico (PAH) dall’elevato peso molecolare altamente cancerogeno.

Il colpevole pare siano gli olii aromatici (HA) usati nella fabbricazione che contengono il 10/20% di PAH. Esistono oltre 100 tipi di PAH e la loro composizione non è conosciuta (vedi report EPA sotto).

In Europa l’uso degli HA è strettamente regolato dalla direttiva UE 2005/69/EC proprio per eliminare i PAH. Un altro elemento che contiene PAH nei pneumatici è il nero di carbone. che potebbe diventare la prima sorgente di PAH in seguito al bando degli oli aromatici (HA).

Gli autori sottilineano l’importanza dell‘inquinamento non proveniente dallo scarico delle auto:

  • freni
  • pneumatici
  • asfalto

Questo inquinamento, secondo i loro modelli, rappresenta il 50-85% del PM10 da traffico!

Gli autori ritengono inoltre che la polvere da pneumatici abbia una distribuzione bimodale in volume che ripartisce oltre il 90% – in peso – in PM con diametro <1μ (=piccolissimo) mentre la parte rimanente in PM>10μ. Questo implica che:

  • una parte significativa può depositarsi in profondità nel sistema respiratorio
  • le particelle vengono trasportate lontano dal luogo di emissione.

Insomma, i pneumatici potrebbero essere un nuovo amianto!

Risorse | Sadiktsis et al – Automobile Tires Potential Source of Highly Carcinogenic 2012

Vedi il verde? Vivi e guarisci meglio

Foto | FerryG e bigtune

Da 30 anni Roger Ulrich studia l’effetto della percezione visiva sulla guarigione e sulla salute in generale:

“se un individuo stressato viene messo di fronte ad un ambiente naturale lo stress si riduce, al contrario dell’effetto dell’ambiente urbano”

Ne ha parlato recentemente Antonio Cianciullo su Repubblica a proposito di un progetto in Umbria. Una Parco-terapia che parte dall’eremo di San Francesco e cerca il contatto con la natura con lunghe passeggiate utilizzando una serie di casali appena ristrutturati.

A bambini autistici, malati di Alzheimer, schizofrenici e depressi vengono proposti piccoli orti per coltivare un rapporto stabile con le stagioni e con la manualità, giardini dei semplici per riallenare i sensi partendo dall’olfatto.

Un’idea bellissima.

Roger S.Ulrich era partito dal particolare: studiando dal 1972 al 1981 se i pazienti con una camera con vista suglialberi guarissero prima e meglio.

Il risultato è che i pazienti in camera con vista alberi si sentono meglio e guariscono prima rispetto a quelli con camera con vista muro.

Risorse |

Visual landscapes and psychological well-being, Landscape Research, Vol. 4, Issue 1, 1979

Natural Versus Urban Scenes Some Psychophysiological Effects, Environment and Behavior September 1981 vol. 13 no. 5 523-556

Aesthetic and affective response to natural environment, Human Behavior & Environment: Advances in Theory & Research, Vol 6, 1983, 85-125

View through a window may influence recovery from surgery, Science, 1984

HUMAN RESPONSES TO VEGETATION AND LANDSCAPES, Landscape and Urban Planning, 13 (1986)

Stress recovery during exposure to natural and urban environments, Journal of environmental Psychology (1991) 11,201-230

Il picco dell’auto

18 mesi fa parlavo di come il mondo dell’auto stesse cambiando. Un cambiamento critico e strutturale, che andava nel senso di diminuzione delle vendite, con annessi rischi per l’occupazione dovuti all’evolversi della politica industriale del Gruppo Fiat.

Oggi i rischi diventano paure: chiusura di stabilimenti e riduzione dell’indotto sono possibili. La questione che si pone è che le auto hanno passato il picco, almeno nell’area OCSE.

Le vendite calano in Italia, strutturalmente (dati Acea):

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Salva il ciclista – Diritti e doveri

27 Febbraio 2012 Nessun commento

Foto |  Dirk van der Made

Per capire la mobilità si parte dalla biologia; mobilità significa controllo del territorio e quindi sicurezza e accesso alle risorse. Per 5000 anni le strade sono state sicure per i pedoni. Cavalli e carrozze erano di disturbo, ma certamente non un rischio mortale. Quando apparvero i veicoli a motore i pedoni furono scansati dalle strade e confinati sui marciapiedi.

L’iniziativa FB Salvaiciclisti sta raccogliendo un consenso significativo che va convergendo su un progetto di legge in parlamento. Avendo scritto ripetutamente sul tema della sicurezza ciclistica e delle iniziative per migliorare la (penosa) ciclabilità di Roma e delle altre grandi città italiane, riassumo i punti essenziali.

Diritto 1 – 1 metro di spazio vitale

Diritto alla mobilità attiva = 1 metro di spazio vitale non motorizzato

Pedoni, carrozzine, sedie a rotelle e biciclette in sicurezza su ogni possibile percorso del pianeta. In città significa un biciplan che connette centro e quartieri periferici, partendo da scuole, ospedali, piazze… In pratica un metro liscio, pulito e continuo, non interrotto da auto in sosta, buche, cancelli, paletti, passi carrabili, cassonetti ed altri ingombri delle strade secondarie. In campagna, tolti i fili spinati, basta 1 palmo di sentiero per pedalare comodi.

Il concetto di metro di spazio vitale è alla base dell’accessibilità: il diritto di andare autonomamente ovunque.

Non è solo per i ciclisti, riguarda soprattutto persone handicappate de facto nella mobilità personale. A loro i ciclisti – le ferrari della mobilità attiva – pensano. Garantire ai deboli il diritto ad una “pista” (ciclabile) che porti dove si può voler andare. Percorsi dalla città alla periferia alla campagna sono un diritto!

Dovere 1 – Mobilità motorizzata disciplinata in corsie

Lo spazio non é solo “tagliato” da autostrade urbane, tangenziali e raccordi, ma anche ovunque pericoloso per la guida nervosa degli automobilisti. Ciò é dovuto sia al traffico, che all’irregolarità della larghezza delle strade, causa della guida impridente degli automobilisti italiani, poiché consente ed incita ad accelerazioni improvvise e velocità criminali.

Guidare non deve più essere un’attività emozionante né per la velocità, né per la rabbia

La delimitazione in corsie lungo l’intera carregiata (non solo in prossimità dei semafori, come ora) è un intervento essenziale per migliorare la sicurezza di automobilisti, ciclisti e pedoni poiché:

  • ordina e fluidifica la circolazione
  • libera dalla doppia fila (e permette di fare le cicalibili)
  • aumenta l’attrattività della mobilità collettiva e ciclistica (grazie all’evidente sensazione di libertà fuori dalle corsie auto).

Su strade di larghezza molto variabile, la delimitazione in corsie perme inoltre di guadagnare spazio ciclopedonale nei segmenti più larghi dove non ha senso aumentare il numero delle corsie.

Dovere 2 – Zone 30kmh

Diritto 2 – Parcheggio bici nei cortili condominiali

Diritto 3 – Pole position per bici ai semafori

Diritto 4 – Decrescita della segnaletica stradale

Lo spazio è invaso: pali che sostengono cartelli con valanghe di messaggi. Pubblicità, semafori ed altro materiale verticale inutile ingombrano occhi e pensieri, rendendo più difficile muoversi su marciapiedi e ciclabili e più passiva la guida di auto e moto. Hans Monderman, in maniera controintuitiva, propone di incentivare l’auto-responsabilizzazione alla guida, sgomberando il campo visivo.

Questa iniziativa rivoluzionaria non è frutto di improvvisazione, ma di un’idea semplice: il comportamento degli automobilisti non cambia aggiungendo segnaletica, ma facendo riflettere chi guida, spingendolo a capire condizione e situazione della strada in cui si trova, senza indicazioni.

Una digressione. Nel 2007, discutendo se il traffico sia un gas o un liquido credevo nella crescita dell’infrastruttura stradale (e, implicitamente, della segnaletica). Questo poiché considerando il primo caso (gas) valido in Italia, in cui l’infrazione è spesso la regola, servisse un contenimento fisico del traffico motorizzato, volto ad impedire l’occupazione capillare dello spazio disponibile (quindi allargamento dei marciapiedi, dossi, paletti, semafori, orecchioni agli incroci ecc.)

Approfondimenti

Il bello di abbandonare l’auto (e guadagnarci)

24 Febbraio 2012 Nessun commento

Gli erbivori mangiano le piante, le tigri mangiano gli erbivori e quando le tigri muoiono i loro corpi sono ‘consumati’ da altre creature viventi così da chiudere il circolo nutritivo. In termini analoghi, quindi, la parte iperciclica è paragonabile al processo di produzione della produzione ed una parte dissipativa al processo di produzione del consumo. Kozo Mayumi

Diminuire l’uso dell’auto andando a piedi o in bicicletta migliora sia la nostra salute che l’ambiente. Un recente studio quantifica questi benefici in termini finanziari al fine di guidare progetti e politiche dei trasporti. La ricerca dimostra come i vantaggi derivanti da una maggiore attività fisica superano i costi di una maggiore esposizione all’inquinamento atmosferico.

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Broccoli di neve

19 Febbraio 2012 Nessun commento

Non c’era internet? E chi se ne frega.

…eravamo immersi in un mondo poco illuminato, che confermava in negativo il teorema di Illich, profeta della decrescita. Quello per cui l’eccesso di energia abbassa il livello di comunicazione fra gli uomini, frastornandoli di luce, rumore e spostamenti inutili.

Paolo Rumiz, La Repubblica 20 febbraio 2012

Bianca in vita sua non aveva mai tirato il collo a una gallina…

Approfondimenti | Ivan Illich, Per una storia dei bisogni

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Neve, sale e grandi numeri

4 Febbraio 2012 Nessun commento

O_O

Oggi si è capito che non è cosa semplice attibuire quello che non ha funzionato a Roma.

Non è colpa di Alemanno e della capacità di leggere i numeri della protezione civile (che moltiplicano i millimetri di pioggia in caso di neve, divenendo centimetri).
E’ un caos previsto. La neve ci sarà. Si sapeva.

E’ tutta una città che si trasporta su gomma. “l’attrito della ruota di mozzarella su carta vetrata, opposto alla leggerezza della biglia di acciaio che scorre sul vetro” [Prof.ssa Silvia Tamburini, Lic. Mamiani, a.d. 1984].

La mozzarella sono gli pneumatici di tutti i nostri mezzi di traporto individuali, la carta vetrata l’asfalto. La biglia è d’acciaio, come la ruota del treno (o del tram) ed il vetro si chiamò ROTAIA:

guida metallica generalmente appaiata in un binario, costitente il piano di rotolamento delle ruote di un veicolo ferroviaro o simile” (N. Tommaseo – B. Bellini, 1865-1879).

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