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Il masterplan per Roma di Jeremy Rifkin parte 2

Foto| rosu s Mircea

Ho letto il Masterplan per Roma di Jeremy Rifkin Rifkin_MasterPlan_definitivo (pdf 140 pag.), realizzato con i contributi della sua fondazione, dell’Hydrogen University, dal Coordinatore energetico per Roma ed altri esperti: una delusione.

La terza rivoluzione industriale parte dall’assunto che l’economia petrolifera è al tramonto – la crisi attuale ne è la prova (vedi Il nesso) –  e si basa sul passaggio alle energie rinnovabili e l’idrogeno in una rete energetica intelligente, integrata con la rete web. Rete energetica e delle informazioni si assomigliano nella struttura e nelle funzioni: decentralizzate ed opposte all’attuale sistema elettrico verticistico e piramidale.

Secondo Rifkin, questa rivoluzione, come le precedenti, unisce energia e sistema di informazione – nuova fonte energetica e nuovi media – carbone/giornali, petrolio/televisione, rinnovabili/web.

Il piano per Roma si fonda su 4 pilastri:

  • rinnovabili,
  • palazzi produttori di energia,
  • idrogeno per lo stoccaggio di energia
  • infrastruttura intelligente di energia e trasporti.

con ogni pilastro corredato di specifici progetti dimostrativi (e di aziende candidate), quali: luci a LED della Philips per l’illuminazione dei monumenti e dell’Università La Sapienza; impianti fotovoltaici della Q-Cells nei parcheggi auto; una centrale a ciclo combinato gas-vapore per l’ospedale S. Andrea; un nuovo stadio “Zero Carbon”; elettrolizzatori per produrre idrogeno per auto della Hydrogenics; veicoli a idrogeno della Hellenic Hydrogen Association; rete intelligente della KEMA ed IBM, ecc.

Dopo l’ipotesi della smart grid, si trova (pag 36, Cap. 7.4) una generica descrizione della mobilità a Roma (36% delle emissioni, 2.650.000 veicoli, 72% auto, 21% moto, 200 biciclette per il bike sharing, 80 minibus elettrici ecc.), cui fa seguito un auspicio per cambiare le cose (“achieving modal shift”):

“In the short term, achieving a modal shift from high emission transport vehicles to low carbon public transport and zero carbon methods of cycling and walking is critical for Rome, along with virtually every urban centre in the developped world”.

Come?

Prendendo esempio dagli altri: Copenaghen per le piste ciclabili, Parigi per la spiaggia sulla Senna, Seoul per la corsia pedonale di Cheonggyecheon. Inoltre introducendo auto ibride, car sharing, auto e bus a idrogeno…

Segue il Capitolo 8 sull’educazione alla biosfera per gli studenti che, alla Sapienza, potranno assistere alla realizzazione del progetto di “Isola energetica”, volto a dotare l’enorme (ed inefficiente, per ora) università romana di 2 turbine a gas, di tetti fotovoltaici, idrogeno, tetti verdi, lampadine ultra-efficienti e tutto quello che può far felici studi di architetti, multinazionali dell’energia e produttori di accessori tecnologici.

Dopo la pagina 44 il masterplan contiene le “raccomandazioni” delle aziende per realizzare il loro progetto specifico. Progetti costosi, difficilmente replicabili e dal bilancio ambientale totale (energia e materiali impiegati) molto dubbio.

Commento

Jeremy Rifkin si è inventato un nuovo lavoro, il Global U.S.  Company & Energy start-up catalyzer. Egli, scomponendo Roma tra Centro Storico, Fascia Verde e GRA, vede degli anelli ideali dove regnano trasporti a zero emissioni, reti intelligenti, piste ciclabili, tetti verdi, logistica integrata e cibo biologico che arriva con il contadino sorridente dalla campagna romana. Infatti:

il piano, elaborato per la prima volta, ricostruisce Roma, dotandola di un parco di biosfera che permetterà ai suoi abitanti un’esistenza economica sostenibile per lunghi anni in futuro” (pag. i/3).

Ma si tratta di Heidi e le caprette o di Pinocchio nel Paese dei Balocchi?

Rifkin (si) è dotato di un misticismo storico che utilizza il respiro della civiltà umana, dovuto all’energia. Ma la “vision” si riduce a “lobbying” a favore delle grandi multinazionali, guarda alle amministrazioni pubbliche locali alle municipalizzate (ACEA) ed agli architetti che contano sul posto.

Sembrava presbite. Ma non è neanche miope. La visione di Rifkin è strabica. Egli ha guardato ai fondamentali dell’energia negli anni 70, scrivendo Entropia ed ottenendo addirittura una postfazione di Georgescu-Roegen. Ma (sigh!) l’entropia è un freno per qualsiasi business, calma gli ardori e induce piuttosto alla prudenza. I deboli si deprimono e cercano altro…o altre strade dell’ottimismo, da vendere. Ne hanno bisogno in molti.

Così, 20 anni dopo, l’economista Rifkin ha “colto” l’idrogeno, o meglio i progressi condotti da Ballard sulle fuel cells degli anni 90 (e nel 97 ci ho fatto la tesi), per proporsi come integratore di visioni ottimistiche. Sono i progressi dei sistemi a idrogeno, che creano la possibilità di un carburante rinnovabile nei trasporti, e che hanno risvegliato in lui la speranza della grande energia finale: il sole convertito in energia riconvertito in sole/elettricità nelle fuel cell.

Il sogno di purezza del “forever fuel” degli anni 70, che con le fuel cell si vede (e vende) per perpetuare il mito dell’auto. Lo zenith del guru: big Co’s, start up, amministratori ed ecologisti in erba son contenti (molti annusano la possibile fetta di torta).

E una visione finto-naif, utile al messaggio brevettato della Terza Rivoluzione Industriale (Che TUTTI vorremmo) ma che non esiste: il cambiamento non si farà così…non sarà questo; non raccontiamo falsità.

Qui è lo strabismo: l’economia dell’idrogeno con le turbine a gas della GE. Il cambiamento radicale, rivoluzionario, pagato dai poteri forti che non lo vogliono. Un realismo indotto per campare….

Infine,

Pensare di cambiare Roma senza mettere mano alle strade, alle auto (sia in movimento che ferme) è fantascientifico.

Le proposte

L’idrogeno con le fuel cells e la web economy delle reti intelligenti sono (secondo me)  Prometeo III – quella speranza ricercata da Georgescu-Roegen (vedi) . Ma idrogeno e fuel cell vanno di pari passo con (e forse dopo) la diminuzione dei consumi  e la decrescita dei consumi di energia e materiali, in un sistema di trasporti su bici e ferro, che implica più manutenzione, più artigianato e, in definitiva, più lavoro.

L’Italia ha bisogno di un piano nazionale di rilancio industriale del trasporto ferroviario, finalizzato a ricostruire un sistema capillare di treni e tram per il trasporto tra ed entro le  città.

Gli stabilimenti siderurgici di Taranto e Piombino possono essere il centro per la lavorazione del ferro per le rotaie. La competenza per la produzione  delle locomotive e dei vagoni dei treni è disponibile. (Per il finanziamento si deve iniziare ad invertire il rapporto 10 a 1 attualmente a favore della gomma).  Il Ministero dei Trasporti dovrebbe lanciare un piano nazionale dei trasporti e logistica con dettagli settoriali per governare la transizione. Inoltre, l’upgrade delle ferrovie di treni locali merci e tram deve andare in parallelo ad una valutazione del finanziamento locale delle ferrovie abbandonate o sottoutilizzate.

Per quanto riguarda gli edifici, la prima legge deve essere una Legge termica che imponga l’istallazione dei contatori di calore per mettere fine al riscaldamento “alla Romana” vigente nei condomini a riscaldamento centralizzato (dove si paga la bolletta in base ai metri quadri e non ai consumi di calore).

In generale, si deve considerare il sistema Italia come viaggiante su 4 reti:

  1. informazione,
  2. energia,
  3. trasporti (cose e persone),
  4. acqua.

Nel caso di Roma la mia personale opinione è che la popolazione deve essere educata alla sostenibilità iniziando dalla fine: dai rifiuti.

“Vedendo” la fine delle cose il romano capirà il risparmio energetico e la parsimonia nell’uso dei materiali. In una prospettiva educativa e di comunicazione, si deve far capire ai cittadini la storia delle cose in una logica del ciclo di vita. Il piano rifiuti deve portare al riciclo dell’umido, fino all’imposizione dell’obbligo di contabilizzare lo smaltimento da parte dei produttori, al fine di diminuire gli imballaggi e e i mini prodotti usa e getta.

La logistica, il trasporto pubblico le piste ciclabili ed i prodotti locali portano all’integrazione del territorio.

Rifkin inizia parlando di “reti” ma propone dei progetti per delle “isole”.

In ultima analisi e nel lungo periodo la rete ferroviaria costituisce materialmente la possibilità dell’integrazione con la rete rinnovabile ed il sistema di stoccaggio di idrogeno (dove economicamente sostenibile) per i veicoli e la valorizzazione della produzione elettrica.

Vedi anche: Il Piano quadro per la ciclabilità di Roma

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  1. vitt fior
    8 Giugno 2010 a 0:13 | #1

    mi auguro che le tue valutazioni le tue critiche le tue ipotesi e le tue proposte arrivino a Rifkin e a tutti gli interlocutori di Rifkin del masterplan per Roma.
    Soprattutto al Comune di Roma e ai ministeri delle infrastrutture e dello sviluppo economico.

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