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Archivio per Marzo 2008

Osaka gas mette idrogeno al posto di gas ed elettricità

Osaka Gas sta istallando dei sistemi ad idrogeno per generare elettricità e riscaldamento domestici. Il sistema completo (elettricità e calore) costerà 1.200.000 yen nel 2009 (€7.500) e 600,000 yen nel 2015 (€3700).

Onestà. I funzionari dell’utility ammettono di non poter assicurare, oggi, se l’obiettivo sarà raggiunto…”We are expecting a strong government subsidy program, but this is also still unclear”..

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L’UE non riduce le emissioni dei trasporti: necessari drastici miglioramenti e chiari obiettivi

Secondo una nuova relazione dell’Agenzia europea dell’ambiente, il settore dei trasporti nell’UE deve applicare misure rigorose per aiutare l’Europa a raggiungere i suoi obiettivi in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

Nonostante i progressi tecnologici compiuti, con l’aumento costante del traffico dei passeggeri e la crescita del trasporto di merci che procede a un passo più rapido dell’economia, la circolazione delle merci sta diventando meno efficiente.

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Malthus incontra Georgescu

MateriePrime

Agli economisti piace affermare che non esistono pasti gratuiti e che ogni cosa deve essere pagata per ciò che vale, in modo che prezzo e valore siano sempre bilanciati. La Legge di Entropia ci insegna che il genere umano sottostà a un comandamento più rigido: in termini entropici, il costo di un pranzo è maggiore del suo prezzo. N. Georgescu-Roegen

Un interessante articolo di Marc Thirlwell dal titolo Malthus ritorna protagonista sul Sole 24Ore di domenica 2 marzo propone delle riflessioni originali sugli aumenti dei prezzi di petrolio e materie prime e le conseguenze sociali oltre che economiche. Evocare Malthus in epoca post-industriale, senza parlare degli avvertimenti lanciati da Nicolas Georgescu-Roegen nei primi anni ’70, che oggi appaiono come vere e proprie profezie, è secondo me, intellettualmente, disonesto.
Ecco alcuni brani dell’articolo:

Febbraio è stato il mese in cui sono tornati d’attualità concetti economici sgradevoli. La settimana scorsa i mercati finanziari hanno provato emozioni da anni 70 di fronte a una combinazione tra crescita dell’inflazione e della disoccupazione negli Stati Uniti. Poi è arrivata la notizia che il Programma alimentare delle Nazioni Unite potrebbe essere costretto a razionare gli aiuti alimentari. […] I fattori trainanti nella cavalcata dei prezzi nel corso dell’anno passato sono stati gli sviluppi dei mercati energetici a livello mondiale.

L’alto prezzo del petrolio ha incoraggiato politiche energetiche focalizzate sui biocombustibili, con generosi stanziamenti di fondi. La produzione ha risposto a questi incentivi : secondo la Banca Mondiale, gli Stati Uniti hanno destinato il 20% della loro produzione di granoturco alla produzione di biocombustibili e l’Unione Europea il 68% della produzione a olii vegetali. A proposito della produzione di bioetanolo dal granoturco, la Banca Mondiale dice:

Rising agricultural crop prices caused by demand for biofuels have come to the forefront in the debate about a potential conflict between food and fuel. The grain required to fill the tank of a sports utility vehicle with ethanol (240 kilograms of maize for 100 liters of ethanol) could feed one person for a year; this shows how food and fuel compete. Rising prices of staple crops can cause significant welfare losses for the poor, most of whom are net buyers of staple crops. But many other poor producers, who are net sellers of these crops, would benefit from higher prices.

Riprende Thirlwell:

Non è la prima volta, nella storia mondiale che lo spettro maltusiano di penurie alimentari di portata planetaria si profila minaccioso sull’orizzonte dell’economia mondiale. Le impennate dei prezzi degli alimenti negli anno 70, e poi nuovamente a metà degli anni 90, produssero, in entrambi i casi, allarmi sull’incapacità della produzione agricola di tenere il passo con l’aumento della popolazione mondiale. Ogni volta che i prezzi sono saliti, l’impennata si è rivelata temporanea perché l’offerta si è adeguata alla domanda.

Ci sono buone ragioni per ritenere che anche in quest’ultima ondata di squilibri di mercato finisca con l’avere lo stesso esito. Ci sono però due “ma”, e sono due “ma” importanti, che si contrappongono a una lettura tanto ottimistica della situazione attuale. Il primo è che il lasso di tempo che l’offerta impiega per rispondere agli stimoli prodotti dall’innalzamento dei prezzi potrebbe rivelarsi più lungo che che in passato, perché i cambiamenti che stanno interessando i mercato mondiali dell’energia – e di conseguenza anche la domanda mondiale di biocombustibili – sono probabilmente destinati a durare nel tempo. Con i cambiamenti climatici e la degradazione ambientale che minacciano la capacità di produzione agricola in diverse regioni chiave, difficilmente l’offerta potrà dare prova della stessa elasticità dimostrata in passato.

Stiamo dicendo che in futuro avremo:

Meno terra meno fertile,
per nutrire più persone,
con petrolio più caro per trasportare il cibo.

Thirlwell parla quindi dei costi sociali che si prospettano tempi difficili,

1) Nelle economie più povere, fortemente dipendenti dagli aiuti alimentari del World Food Program, le quantità di cibo fornito diminuiscono con l’aumento dei prezzi, essendo a budget fisso;

2) Nei paesi emergenti, dove le diseguaglianze sociali si sono ampliate con la nascita di borghesie/aristocrazie imprenditoriali, l’effetto di un aumento dei prezzi agricoli potrebbe riequilibrare le disparità di reddito tra città e campagna, le conseguenze negative rischiano di ripercuotersi sul proletariato urbano;

3) Idem nei paesi sviluppati;

4) Sul reddito reale in generale, a causa delle politiche monetarie rigide per fronteggiare gli aumento dei prodotti alimentari, fino a misure di stampo dirigista di controllo dei prezzi.

Si delinea un processo economico che può sintetizzarsi così:

L’aumento del prezzo del petrolio ha causato un aumento del prezzo delle materie prime, che sembra destinato a durare nel tempo, sia perché il petrolio rimarrà “caro”, sia perché il suo sostituto (i biocarburanti) sottraggono terra fertile (in diminuzione a causa della degradazione generale dei terreni, dovuta allo sfruttamento intensivo ed al riscaldamento globale).

Il rialzo dei prezzi agricoli, secondo me, rischia di provocare tensioni sociali anche e soprattutto nei ceti medi urbani dei paesi sviluppati dove l’erosione dei salari reali da reddito dipendente non può essere compensata dall’autoproduzione di beni agricoli (possibile, invece, nei piccoli centri mediante orti familiari, cooperative etc.).

A questo si associa un crescente malcontento dovuto agli alti costi dell’uso del mezzo privato per il tempo libero, oltre che per la mobilità “necessaria”.

Gli alti costi dell’uso dell’automobile privata per “evadere” dalle città nei week end, infatti, rischiano di creare delle forme paranoiche di malessere, dovute alla presa di coscienza dell’impossibilità di vedere realizzati quegli ideali di successo ereditati dai nostri padri e – finora – realizzati (e [di]mostrati) proprio nel tempo libero. Il fallimento di questi ideali è forse la minaccia più grave alla pace sociale.

Citiamo Georgescu, a proposito della relazione città-campagna:

Se il contadino fosse sempre stato intrinsecamente indolente ed economicamente inerte, invece di gran lavoratore, semplicemente risparmiatore, non si sarebbero create le basi per lo sviluppo della civiltà urbana. Il rapporto iniziale fra città e campagna è all’origine della profonda sfiducia del contadino nei confronti di ogni idea che la città cerca di vendergli […] Nei villaggi sfruttati dallo stato per lunghi periodi fino al limite della crudeltà, i contadini inizialmente cercarono di apparire poveri agli esattori delle imposte, ma il continuo sfruttamento li rese effettivamente poveri. Alla fine scoprirono che lavorare quanto basta per restare poveri rappresentava la migliore strategia per sopravvivere nella lotta contro i loro sfruttatori., L’inerzia cumulativa della tradizione fece il resto.

da G.C. Dragan e M.C. Demetrscu Entropia e Bioeconomia, Il nuovo paradigma di Nicholas Georgescu-Roegen, Nagard Ed.

Gli articoli del week end

3 Marzo 2008 2 commenti

1) 50.000 morti l’anno per l’inquinamento acustico in Europa

Il rumore è una delle forme di inquinamento meno conosciute e più difficili da combattere. Una delle ragioni è che l’unità di misura del rumore, i decibel, è su una scala logaritmica; questo significa che un aumento di 3 decibel porta un raddoppiamento del volume, mentre 10 decibel in più equivalgono a 100 volte il rumore iniziale.

Un livello di rumore di 55 decibel è considerato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità la soglia al di là della quale si verificano disturbi del sonno, mancanza di concentrazione, stress, aumento della pressione sanguigna e disturbi psichici. In Europa, secondo lo studio 210 milioni di cittadini sono esposti a rumore da traffico uguale o superiore a 55 dB e 35 milioni al rumore dei treni. Il costo sociale dei danni da rumore viene stimato a 40 miliardi di euro ogni anno.

Tra le misure per combattere il fenomeno si propone un adeguamento della normativa sui motori ed i pneumatici, l’applicazione del principio “chi inquina paga” anche per il rumore, il dispiegamento di barriere antirumore e la limitazione dei veicoli più rumorosi.

Via | Transport & Environment

Can you hear us?
Traffic Noise Reduction in Europe (rapporto tecnico)

Aggiornamento

Vedi studio del European heart journal del Dr. Lars Jarup su grazie.it

2) Ginevra pensa alla Congestion Charge

Anche nella città di Calvino, pur ben servita da una rete di tram capillari, piste ciclabili e zone a 30 km/h, si pensa di introdurre una tassa per circolare in centro. Il Sindaco verde Patrice Mugny, sulla linea pro pedoni, biciclette e mezzi elettrici del predecessore, Christian Ferrazino, ha proposto uno studio di fattibilità per l’introduzione di un pedaggio per le auto in città da giugno prossimo, suscitando le ire degli automobilisti. (segue)

Sono sotto la lente…e volo!

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